Intervista a Ross Greenwood




A tu per tu con l’autore


First of all, I wished to thank you for accepting my interview for ThrillerNord.it and give you my compliments for your novels.

Innanzitutto grazie per aver accettato la mia intervista per ThrillerNord e complimenti per i suoi romanzi.

“La morte non aspetta” è il secondo libro di quella che sarà una serie di 5 libri. Come è nata l’idea? Come serie fin dall’inizio o solo dopo l’incredibile successo de Il killer della neve?

Avevo scritto cinque storie in cui le vite dei personaggi sono influenzate dalla prigione, essendo finito a fare il secondino per caso per quattro anni, ma volevo fare qualcosa di diverso. Avevo l’idea di qualcuno che uccideva la gente quando nevicava perché sarebbe stato difficile rintracciarli. Stavo per scriverlo e poi ho messo giù la penna per un po’. Mia moglie non voleva più che facessi casino in casa ogni giorno se non guadagnavo. Ma appena ho mandato Il Killer della neve ai miei beta readers, lo hanno amato tutti, e il 99% non si aspettava il colpo di scena, quindi l’ho presentato a degli editori. Boldwood era una nuova casa editrice con quasi 100 anni di esperienza di pubblicazione tra i vari direttori. Volevano accordi multipli per rafforzare il marchio, quindi accettai di realizzare una trilogia, e The Soul Killer e The Ice Killer hanno preso vita (o La morte non aspetta, come l’avete tradotto voi)

L’ispettore Barton è davvero un personaggio particolare soprattutto per il suo “modus”investigativo: non è sua intenzione risolvere il caso punto e basta ma tende a voler entrare nella psicologia dei vari “attori” per comprendere fino in fondo le motivazioni del loro agire. Come è nato questo personaggio?

Prima di lavorare in prigione ho passato quasi vent’anni lavorando come manager in finanza. Un sacco di lavoro di call center, in cui avevo la responsabilità di un gruppo di dieci o quindici persone, benché talvolta arrivassero a cinquanta. Ho deciso di basare Barton su me stesso! É interessato alla vita e allo sviluppo lavorativo della sua squadra, come lo ero io, come anche si interessa del loro stato mentale e felicità. ho imparato che vanno di pari passo. Perciò, Barton è un capo attento che si preoccupa del suo team. Probabilmente l’ho reso un manager migliore di quanto non fossi io. Ha anche il mio senso dell’umorismo. Io però sono alto soltanto 1.77, e peso 100 kg, mentre volevo qualcuno con una presenza imponente che facesse il paio con la sua personalità ingombrante. Quando lavoravo in prigione, uno degli ufficiali anziani era un tipo un po’ rude e sbrigativo che aveva avuto una gioventù problematica e un’educazione tosta. Ma quando era arrivato ai quaranta si era calmato, amava sua moglie e i figli, e aiutava quelli che stavano imparando il lavoro in prigione. Aveva anche una forte influenza in prigione. I carcerati lo riconoscevano come qualcuno con cui non tirare troppo la corda. Credo vedessero parte di loro stessi in lui, un’educazione comune, e lo rispettavano. Pesava anche quasi 115 kg. Uno difficile da maltrattare, e si chiamava Rick Barton. L’ho usato come modello e ho combinato le nostre due personalità. Conoscevo anche sua moglie, e l’ho messa insieme alla mia, quindi si ha una donna attraente un po’ troppo sveglia per il marito, che è stata una maniera fantastica di inserire un po’ di umorismo nei libri. Con la sua capacità di comprendere le persone riesce a entrare nella testa degli assassini e comprendere per quale motivo fanno quello che fanno. Se capisci le motivazioni, è facile prevedere dove il killer andrà in futuro. Le investigazioni sono dei puzzle, e la storia personale e il background ne sono una parte importante.

Davvero inconsueta la strategia narrativa di presentarci, fin da subito, con i capitoli ‘Il killer di anime’ il responsabile di numerosi omicidi. Come mai questa scelta?

Tutti e cinque i romanzi hanno lo stesso formato. É una delle cose a cui le persone si sono davvero affezionate, e mi distingue dalla massa. Perché la gente uccide? Per fortuna, abbiamo davvero pochi omicidi nel Regno Unito, ma accade. I romanzi diventano esperienze molto diverse se ti permettono di guardare nella mente del killer. Cominci a comprendere gli omicidi attraverso dei processi. Immagina di sentirti anche tu un po’ così: ti senti arrabbiato per loro. Come ti sentiresti se ti cominciasse a piacere il killer, se volessi che la facesse franca?

Da ex insegnante sono affascinata da tutto ciò che riguarda la psicologia dell’età evolutiva. Quanto le influenze negative, più o meno inconsapevoli degli adulti e non solo, possono giocare un ruolo fondamentale nella crescita dei nostri figli e alunni? Secondo lei, atteggiamenti svalutanti reiterati, bullismo e severe punizioni non motivate possono, in casi estremi, creare un killer?

E’ chiaramente immensa. Avevo 37 anni quando sono approdato nella prigione. Siccome ero più vecchio, avevo più esperienza del mondo, sveglio e parlavo bene, molti dei prigionieri non sapevano bene come comportarsi con me. Dopo che ho dimostrato di essere genuino, molti acquisirono fiducia in me. Per alcuni dei giovani adulti, ero uno dei primi uomini maturi ad essere un buono modello di comportamento, o a non essere in cerca di un guadagno. Mi ha dato una notevole prospettiva delle loro vite e delle loro educazioni HMP Peterborough è l’unica prigione nel Regno Unito in cui si trovano entrambi i sessi. 900 uomini e 300 donne che sono ovviamente tenuti sempre separati. Io ero uno dei pochi secondini che lavorava regolarmente da entrambi i lati. Era estremamente chiaro che dal alto femminile c’è una linea molto sottile tra vittima e colpevole. All’incirca il 90% delle donne in prigione sono state vittime di abuso domestico, e una percentuale di poco inferiore a questa ha malattie mentali. Dicono che gli uomini uccidono i loro partner dopo anni di abusi perpetrati, mentre le donne li uccidono dopo anni di abusi subiti. Tocco questo argomento nel terzo libro. Il lato maschile è un po’ diverso. Non si può negare il fatto che alcuni uomini sono criminali ed estremamente violenti. Infrangono la legge deliberatamente. Le gang sono comuni, gli spacciatori dilagano. Potresti ammazzare qualcuno per sbaglio con un pugno, se cadono e battono la testa sul cemento, ma non si rapina una banca in modo accidentale. Eppure c’è un elemento di crescita anche in questi casi. Quando mi sono addentrato nei background e nell’infanzia di questi ragazzi, le loro esperienze erano spesso simili. Padri assenti, madri che facevano due lavori per sbarcare il lunario. I bambini erano lasciati a sé stessi. I soldi mancavano. Spesso le madri erano confusionarie, altre volte assenti. I servizi sociali comparivano nelle vite di questi bambini. Gli spacciatori da una contea all’altra, con auto veloci e scintillanti, facevano la posta ai ragazzini fuori dai cancelli delle scuole. I ragazzi erano reclutati per le consegne. A un’età ancora giovane, venivano disumanizzati per il mondo violento che li circondava. Altri venivano picchiati e abusati dai genitori prima che fossero abbastanza grandi da capire come dovrebbe essere la vita: qui è dove il danno viene fatto. quando sono bambini. Possono scivolare in crimini minori all’età di dieci anni, e poi va in crescendo. I riformatori sono un mondo incredibilmente violento. Senza figure genitoriali forti, i ragazzini vanno male a scuola e l’abbandonano. Perdono la guida degli insegnanti. Prima che se ne rendano conto, i ragazzi si trasformano in uomini senza speranze. Smettono di fregarsene, in modo pericoloso, del resto di noi, e sono anche molto arrabbiati. E’ così che nascono gli assassini.

A cura di Luisa Ferrero

Traduzione di Denise Antonietti

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