Non si muore




 Non si muore in un giorno di festa


Autore: Andrea Balzani

Editore: Morellini

Genere: Narrativa 

Pagine: 216

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Jonathan, chiamato da tutti Jonni, è un educatore che vive una profonda crisi personale e lavora presso una grande cooperativa sociale affiliata all’Opera religiosa di Santa Giustina, guidata da un vescovo potente e ambizioso. Dopo un evento traumatico, l’uomo viene retrocesso in una fantomatica squadra traslochi, che ha il compito di svuotare le case lasciate in eredità dagli anziani ospitati all’interno dell’Opera. Qui incontra dei personaggi davvero bizzarri, ma soprattutto conosce Berto, ex tossicomane con cui stringerà amicizia, e Fanti, uomo senza scrupoli, caposquadra e nipote del vescovo. Durante uno sgombero la squadra ritrova alcuni diari appartenuti a una donna: Sofia. Quelle pagine celano un terribile segreto che il vescovo, con l’aiuto del malvagio nipote, farà di tutto per nascondere. Spetterà allora a Jonni e Berto salvare i diari e, con essi, la memoria di Sofia, donna di origine ebraica la cui vita è stata segnata per sempre dalla guerra e da un evento drammatico perpetrato dall’odio fascista.

 Recensione di Gabriele Loddo

Dopo aver lavorato per quindici anni con disabili psichiatrici, l’educatore Jonni chiede al superiore di essere inserito in un nuovo ambiente professionale. Non sta attraversando un buon momento: la madre sta morendo, la compagna l’ha lasciato per un altro uomo, l’alcol è sempre più il suo unico e fedele amico. In questo contesto esistenziale una maggiore gratifica professionale potrebbe rappresentare un’ancora di salvezza per l’educatore, una distrazione dal senso di inutilità e vacuità in cui si sente imprigionato da tempo.

Jonni viene accontentato e, nonostante la nuova realtà lo catapulti in un mondo duro, governato dal degrado e dall’emarginazione (deve occuparsi dell’inserimento dei carcerati nel mondo del lavoro), ritrova sé stesso. Attraverso una serie di eventi riscopre il confine tra l’amore e l’odio, tra la giustizia e l’iniquità, tra l’umano e il divino. A evidenziargli la differenza sono delle contraddizioni: maschere indicate dalla società come giuste e d’ispirazione per le masse, spesso possono allevare il male nel proprio seno e, al contrario, i reietti che hanno commesso gravi crimini sono spesso dotati di umanità e senso di carità.

Non si muore in un giorno di festa” è un viaggio attraverso le vite di personaggi particolari e attraverso le colpe umane. C’è chi le ha subite e chi le ha commesse, e Jonni diviene il loro giudice. Ritrovando la propria sensibilità, l’educatore riscopre il significato della parola innocenza. Franco, Bob, Berto, non sono più colpevoli del “Lombrico”, comandante fascista, del Vescovo Suzzi o dello spregevole Fanti, semplicemente sono individui privi di potere o che non sono protetti da leggi che tutelano il più forte. I deboli come Sofia non tentano nemmeno di rincorrere il senso di giustizia.

Non si muore in un giorno di festa” è un romanzo a tratti crudo ma non irreale. La trama è sì di fantasia, ma le storie dei suoi personaggi sono state vissute dall’uomo milioni di volte durante la storia del mondo e si ripeteranno milioni di altre volte nel suo futuro. Il merito dell’autore Andrea Balzani è quello di averci dato una lettura personale degli eventi, un’interpretazione delle meschinità umane attraverso gli occhi del suo personaggio, Jonni, che è protagonista, spettatore e giudice delle stesse.

La scrittura è “alta”, scorrevole e coinvolgente, e permette di sorvolare su qualche muro di testo.

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INTERVISTA

Prima di tutto volevo fare i complimenti all’autore per l’originalità del romanzo. Ho colto un senso profondo di fragilità nelle vite dei suoi personaggi, messi a duro confronto dal destino con la bramosia di antagonisti violenti, superbi e mossi dalla sete di potere. In generale, messi a prova dalla vita.

Grazie mille per i complimenti, sono davvero felice che abbia trovato di suo gradimento il romanzo.

So che la domanda è la più semplice che si possa fare, e che porla possa sembrare banale, ma nel caso del suo romanzo è interessante sapere da cosa sia partita l’idea della trama e che cosa l’abbia spinta a trattare argomenti tanto duri: ha spaziato dalla vita dei carcerati e del tentativo di un loro difficile recupero, dal periodo del fascismo durante la seconda guerra mondiale ai soprusi e alle persecuzioni nei confronti degli ebrei, al bullismo, all’affannosa ricerca del potere, al significato di valori come amicizia, amore, fedeltà e di come sia facile rinnegare i principi morali per interesse.

La trama prende il via da un fatto reale: il ritrovamento di alcuni diari scritti da una donna di nome Sofia all’interno di un capannone in cui lavoravo come educatore diversi anni fa. Gli eventi narrati in questi diari non sono speculari alla finzione narrativa, ma il pensiero che ciò che restava della vita di questa donna (deceduta senza eredi) sarebbe andato perso per sempre nel nulla, mi aveva profondamente commosso e spinto a creare una trama narrativa che non tradisse la verità emotiva che quelle pagine avevano evocato in me. La varietà dei temi che ho affrontato non è altro che l’impasto generato dalle esperienze che ho avuto lavorando nel sociale in mezzo al dolore delle persone con disabilità, dei tossico dipendenti, dei carcerati, dei profughi, in una sola parola; degli emarginati. Nel cuore stesso di questa umanità e del mondo che vi gira attorno, ho intravisto gli aspetti più luminosi e quelli più tetri dell’anima.

Una curiosità: la copertina del libro ritrae una foto modificata della “vera” Sofia di cui ho trovato i diari.

Jonni è spettatore di vite altrui: conosce Franco, Bob e Berto, sa di come stiano pagando i propri errori secondo le volontà dettate dalla legge, ma vede anche i peccati di Fanti, apprende delle manovre del Vescovo Suzzi, legge delle spregevoli azioni del “Lombrico” durante la seconda Guerra Mondiale dai diari di Sofia. Loro operano impuniti alla luce del sole: è stato un modo per dire che “la legge per alcuni è più uguale che per altri” (George Orwell) o che tutti possono avere degli scheletri nell’armadio?

Probabilmente entrambe le cose e nessuna allo stesso tempo. Il mio interesse è sempre e comunque l’uomo e il suo dolore. La mia attenzione si concentra non tanto sulla sorte, magari impunità di fronte al male, che tocca certi individui, quanto piuttosto il fatto che gli uomini, nonostante tutto, riescano a scegliere il bene di fronte al male o viceversa.

– Jonni sta attraversando un periodo di crisi profonda, condizione che ne influenza la personalità. Perché ha voluto un protagonista con simili caratteristiche?

Volevo un personaggio il più possibile autentico nella sua fragilità… Penso che solo nella crisi l’uomo possa intravedere un senso più profondo della realtà oppure esattamente il suo contrario. Jonni l’ha fatto nel “suo” modo e ognuno, in questa valle di lacrime, ha il suo. Questa è la dimensione che mi interessava affrontare.

Sofia è fondamentale nella costruzione dell’intreccio dell’intera storia. Nelle vicende che la vedono protagonista, si percepisce il ruolo che nel passato il sesso maschile ha imposto a quello femminile. Vuole dirci qualcos’altro in questo senso o aggiungere qualcosa sul personaggio?

È esattamente così: era mia intenzione criticare aspramente l’aspetto diabolico del modello patriarcale che ha dominato e, in parte, domina ancora la nostra società e farlo attraverso una donna per lo più ebrea; quindi, facente parte di una etnia per secoli vessata e vittima di persecuzioni, mi è sembrato il mezzo migliore per esorcizzare il male e la perversione del mondo maschile quando questo dimentica o brutalizza la femminilità del reale.

Grazie per il tempo che ci ha dedicato.

Grazie mille a voi.


Andrea Balzani


Andrea Balzani ha quarantasei anni, vive a Ravenna, nel 1999 ha vinto il premio letterario “Percorrendo la memoria” Valle del Senio. Nel 2001 ha pubblicato il racconto dal titolo L’amavoper la rivista letteraria «Tratti» (ed. Mobydick). Ha lavorato come giornalista per il quotidiano «Corriere dell’Alto Adriatico» e per alcune riviste di Ravenna. Dopo una forte esperienza di volontariato con la disabilità ha lasciato il giornalismo per il sociale.