Sinossi. Sullo sfondo, una profumata primavera ligure, fatta di camelie in fiore, mercati variopinti, spettacolari tramonti, l’arrivo di Clotilde scompagina le carte e mette tutti di fronte alle loro scelte e al loro destino, tra amore, paure, rimpianti e aspettative.
Clotilde Podestà, acclamata star internazionale dell’interior design, ha dedicato i suoi sessant’anni di vita ai colori. Da un anno, tre mesi e quattro giorni, però, vede il mondo in bianco e nero. Acromatopsia da trauma, la chiamano i medici. Così torna in Liguria, dov’è nata; e, per non sbagliare gli abbinamenti, veste sempre di nero. Per questo suo cognato la chiama Morticia, la bambina del secondo piano Malefica e le sue nipoti Il Corvo. Già, abitano tutte lì, una accanto all’altra, le donne Podestà: la sorella maggiore Aurora, salda e prevedibile, la minore Mafalda, imperturbabile come una principessa, con le sue figlie Vittoria e Margherita, l’una single impenitente, l’altra impegnata in un complicato ménage familiare, tra un marito assente, tre figli piccoli e un lavoro che non la appassiona. E ci sono anche un saggio vicino di casa con il pollice verde, una bambina dalla Straordinaria Proprietà di Linguaggio, un pigro bassethound. E una lumaca.
LA REGINA
DEI COLORI
di Valeria Corciolani
Rizzoli 2023
narrativa, pag.264
Recensione di Sabrina De Bastiani
Sarà che riguardo ai fili noi umani abbiamo ancora tanto, troppo da imparare, abbiamo fili che ancorano al passato e quelli che legano al presente, senza contare i nodi vischiosi del pregiudizio, i fili ruvidi e pesanti del rimpianto, giusto per citarne qualcuno.
Comunque sia in genere siamo più portati a tagliarli che a usarli per volare come fanno i ragni, forse perché facciamo fatica a distinguere i fili davvero nostri da quelli che ci buttano addosso a imbrigliarci fin dal primo vagito.
Sarà per questa teoria, così vera, dei fili?
Sarà per questo che “La regina dei colori”, il nuovo romanzo di Valeria Corciolani, ci morde il cuore, ma invece di smembrarlo ce lo restituisce intero?
Ci poggia le mani sulle spalle, l’Autrice, e ci guida, con fermezza, ma con empatia e sensibilità davanti a uno specchio, invitandoci a guardare.
Dentro.
Attraverso.
Fosse pur ‘solo’ per questo, già si avrebbe motivo importante per calarsi nelle pagine e lasciarsene imbibire.
Ma è tutto il resto, tutto quanto ancora troverete in questa storia e nel come è stata scritta, che ve la renderà prima amica, poi imprescindibile, perché è così, entra sottopelle, si impasta nelle cellule di chi incontra e non va più via. Mai.
Non è un noir, non è un giallo, sebbene i moventi siano fondamentali tanto quanto i movimenti dei protagonisti.
Se le certezze di una vita di colpo ti si sgretolassero tra le dita con la lieve inconsistenza di un Pavesino?
Uno a quel punto cosa fa? Quando tutto è andato in mille pezzi e in mano resta solo una manciata di cocci aguzzi? Eh? Cosa fa?»
Ce lo dirà la storia di Clotilde, la regina dei colori cui allude il titolo, che ha perso il suo ‘regno’ per mano di una acromatopsia da trauma.
Ma anche la storia di Mafalda e di Aurora, le sue sorelle.
Di Margherita e di Vittoria, le sue nipoti.
Di Serena, una bambina coi buchi.
Di Hotaka Mori, un uomo elegante come un albero e imprevedibile quanto il mare.
Di Ernesto. Leonardo. Bruno. Aldo. Ester. Mia.
Tanti nomi per altrettante vite, ciascuna compiuta e completa in sé, ciascuna che si compie e si completa nell’incontro con l’altro, laddove il ritornare non è tornare indietro.
Ci si innamora, consapevolmente e pienamente, in queste pagine e di queste pagine.
Ci si innamora dei concetti che veicolano e che non sono frasi a effetto, ma dati di esperienza, e delle esperienze portano i cerotti e i punti di sutura.
Ci si innamora dei panorami interiori e delle luci liguri che li riverberano.
Ci si innamora dei protagonisti, di ciascuno per un motivo diverso.
Ci si innamora, una volta ancora e di più, della penna di Corciolani, grati per la generosità nel raccontare e nel permetterci l’affaccio al suo mondo interiore, seguire il suo sguardo e vedere dove si posa.
Ci si innamora della sua delicatezza, della sua originalità, della sua ironia, della sua comprensione.
E dopo essersi così innamorati …
«A un certo punto Mr. Incredibile deve combattere con quel grosso robot a palla con le zampe lunghe, che però è praticamente invincibile perché…»
«Perché è stato progettato per imparare dai propri errori”!» esclamano in coro.
«Esatto. E anche gli esseri umani sono progettati così: è cadendo che si impara a camminare o ad andare in bicicletta, è bevendo sputacchiando pure dal naso che si impara a nuotare, è scottandosi che scopri che è meglio non mangiare o toccare le cose troppo calde.
Ci si perdona.
Perché come per i colori, nemmeno per il romanzo di Valeria Corciolani esiste tentennamento.
Solo armonia, bellezza, incanto.
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Valeria Corciolani
Valeria Corciolani Vivo a Chiavari, dove sono anche nata in una tiepida notte di fine maggio, da lì in poi e per almeno un lustro, pare fu un discreto delirio. Narra infatti la leggenda che fossi bastevolmente iena e non mangiassi un tubo, in pratica stavo buona solo in acqua e riuscivano a nutrirmi barattando ogni boccone con favole e filastrocche che mi leggevano fino allo sfinimento. Il fatto di avere di quegli anni solo foto a bagno e libri incrostati di pappe, mi fa supporre che la leggenda non si discosti poi molto dal vero. Può essere che la mia passione per la lettura affondi le sue radici proprio lì. Formazione artistica e diploma di laurea all’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. Ho frequentato in contemporanea l’Accademia Disney di Milano, dove ho prodotto ettometri quadrati di paperi (eh sì, passione smodata per Paperino), ma dove sono stata bacchettata e quasi bandita per aver disegnato Topolino nudo. A mia discolpa posso dire che Topolino si trovava sotto la doccia con tanto di spazzola e cuffietta da bagno, ma ahimè, non mi hanno mai perdonata per averlo smutandato. Mi sono sempre chiesta se questo in un curriculum vale quanto aver disegnato un porno. Ho frequentato la Scuola Chiavarese del Fumetto e curato diversi progetti d’animazione fra cui quello del Kinder Pinguì per la Ferrero, da cui avrei accettato anche un pagamento in natura. Posso fregiarmi anche di aver realizzato le illustrazioni di Wile E. Coyote per le scatole Warner Bros\“Evoluzione” di Milano, pur consapevole di come ciò riveli quanto io subisca più il fascino di pennuti collerici e iellati canidi sottopeso, che quello di muscolosi e intrepidi super eroi, Uomo Ragno a parte. Infatti ho colto tutti abbastanza di sorpresa quando mi sono sposata uno sportivo dal fisico niente male, ma ha lo sguardo buono e pulito di un bracco e somiglia a Mel Gibson di Amore per sempre, quindi ci son passata sopra. Fra i tanti lavori mai retribuiti (non avete idea di quanto sia difficile per un illustratore farsi pagare) posso citare decorazioni di surf e snowboard, di soffitti sotto cui sono rimasta appesa per giorni e senza l’aggraziata scioltezza del sopracitato supereroe, di 206 foglie di monstera per un buffet, di un pallone aerostatico per una (vana) dichiarazione d’amore: nel senso che la destinataria alzando il naso al cielo non l’ha visto in quanto si trovava in tutt’altro emisfero con l’amante, il che forse spiega perché non sono stata mai pagata. Poi tatuaggi, finte tappezzerie finte (no, non chiedete, è meglio fidatevi) e loghi… una quantità davvero imbarazzante di loghi. Ecco, ammetto che dopo aver visto Pulp Fiction mi ero ripromessa che nel caso fossi diventata ricca, pure io come Marcellus Vallance avrei mandato “qualche scagnozzo strafatto di crack con un paio di pinze e una buona saldatrice” a recuperare i crediti. Non prevedendo a breve di diventare ricca, a questo punto non mi resta che confidare nel Karma. Intanto continuo a condurre i miei corsi nelle scuole, per avvicinare i bambini e i ragazzi all’arte, la scrittura e la creatività, in una gustosissima full immersion ai confini della realtà a cui non rinuncerei per nulla al mondo. Leggere, camminare, scattare foto e stare in acqua (sì, vabbè, questo era apparso chiaro fin da subito) sono i miei grandi “impossibile far senza”, insieme alla focaccia con il formaggio di Recco, il cioccolato fondente dal 60% in su e consumato possibilmente in purezza, il gelato alla stracciatella, le mele mangiate a morsi, il profumo del crepuscolo, il bordo della crostata e l’orlo della focaccia, meglio se con le cipolle. Adoro rileggere i libri, per dire che ho consumato “A che punto è la notte” e “L’amante senza fissa dimora” di Fruttero & Lucentini, “La mia famiglia e altri animali” di Durrell, “Lessico familiare” della Ginzburg, “I promessi sposi” del buon Manzoni, “L’affare Saint-Fiacre” di Simenon, “Elianto” di Benni, “La boutique del mistero” di Buzzati, “Mia nonna saluta e chiede scusa” di Backman, “Il buio oltre la siepe” della Lee, “La storia infinita” di Ende e gli “Harry Potter” di quel geniaccio della Rowling, tanto per menzionarne qualcuno, e pure riguardare (e citare) i film, tipo “The Blues Brothers”, “La vita è una cosa meravigliosa” di Capra (e sì, piango ogni volta che James Stuart alla fine bacia il pomolo delle scale), “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno”, “La febbre dell’oro” di Chaplin (che da bambina, e da brava rompiscatole inappetente, ogni volta piantavo su una cagnara che levati con la pretesa di cenare a base di scarpe comprese di stringhe e suola chiodata), “Amadeus”, “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”, “Tre uomini in fuga”, “Pane e tulipani”, “Pulp Fiction”, “Gli Aristogatti”, “Il grande Lebowsky”, e pure l’esilarante e un po’ ruffiano “Love Actually” (dove sta la dichiarazione d’amore più bella di sempre, peccato che mio marito me l’abbia fatta un decennio prima dell’uscita del film, altrimenti l’avrei senz’altro pretesa). Mi piace cucinare ma secondo ritmi del tutto umorali, non condividendo affatto questa prassi scellerata dei tre pasti giornalieri fissi, cascasse il mondo. E questo forse spiega la discrepanza delle mie colonne sonore, a spaziare tra Etta James, Mozart, Bach, i Queen, Gaber, David Bowie, Vivaldi, Aretha Franklin, i Police, Nada, Battiato, Conte, De André… Il fatto di condividere le mie giornate oltre che con un marito pure con due figli in conclamata adolescenza e un gatto in preda a deliri di onnipotenza, nonché in fissa per il pane bianco liscio, (e da qui ovviamente il nome Elwood, da Elwood Blues dei Fratelli Blues, ça va sans dire), penso chiarisca gli abbinamenti emotivo-musicali del caso. Il mio primo romanzo esce nel 2010 per Mondadori, Lacrime di coccodrillo, pubblicato anche in serbo Krocodilske Suze (Mono i Manjana, 2011) il cui titolo suona come un grumo di consonanti lo ammetto, e da lì non mi sono più fermata. Ecco infatti Il morso del ramarro pubblicato prima con Emma Books e poi anche in edizione cartacea da Erba Moly Editore, finalista al Premio internazionale di letteratura Città di Como 2015, e La mossa della cernia. Con il racconto Il Gatto, l’Astice e il Cammello (Antologia “Giallo Panettone”, Mondadori 2012), scopro che scrivere racconti mi piace un sacco, ecco infatti Mephisto (Antologia “Animali noir”, Falco Editore), Pesto dolce – la ricetta della possibilità, Emma Books per l’EXPO 2015, e racconti in antologie a scopo benefico (fra cui Taglia e cuci ne “Il Ponte”, Il Canneto Editore e La guerra del bottone “Salvataggi” per Pangea), e Cose d’(a) mare e Tra il dire e il mare, due racconti sul mare per la Guida Liguria, allegato di Repubblica, agosto 2019 e agosto 2021. Con Acqua passata nel 2017 inauguro la seria della colf e l’ispettore per Amazon Publishing, a cui seguono Non è tutto oro (maggio 2018), A mali estremi (novembre 2018), E come sempre da cosa nasce cosa (novembre 2019) e Peggio per chi resta (luglio 2020) e Il tempo fa le pietre (aprile 2021) Nel maggio 2019 ho scritto e illustrato la favola Mai perdere la testa pubblicata da Grappolo di Libri editore, illustrato il libro per ragazzi In principio era il Kaos di Giada Trebeschi, Oakmond Publishing e la fiaba Togliete il lupo dalle favole di Roberto Centazzo, sempre per Grappolo di Libri editore. Il 22 giugno 2021 con Con l’arte e con l’inganno ho inaugurato per Nero Rizzoli una nuova serie legata al mondo dell’arte, con una protagonista esplosiva e l’incantevole scenario dell’entroterra ligure, il 30 agosto uscirà Di rosso e di luce, secondo romanzo della serie. Entrambi sono presenti su Audible e Storytel letti da Betta Cucci.Tratto da Il morso del ramarro è in lavorazione il film prodotto dalla Cima Prod. Srl, con la regia di Maria Lodovica Marini e sceneggiatura di Juan Bautista Stagnaro, candidato all’Oscar 1984 per la sceneggiatura, Carlo Michele Marenco e Nerio Bergesio.