Sinossi. Afghanistan, periferia sudovest di Kandahar. Sono in due a volare in cerchio sopra la sua testa. Un avvoltoio e un drone da ricognizione. Emerson Ray, inviato da Langley in supporto alle attività della Kandahar Strike Force, scende dal pick-up. Intorno alla scena del massacro regna una quiete innaturale. L’esplosione ha sbalzato lo Humvee fuori strada, capovolto, uno squarcio sotto il sedile del guidatore. Nell’aria odore di metallo, gasolio, carne bruciata. Tutti morti i sei uomini della pattuglia. E questo dopo altri cinque attacchi nelle settimane precedenti. Il nemico agisce a colpo sicuro, come se avesse accesso alle informazioni più riservate. È stato il Ceceno, recita un mantra che circola a vari livelli. Una leggenda che fa comodo a molti, secondo lui. Di chiunque si tratti, dev’essere neutralizzato. Ma ai piani alti le priorità sono diverse. Si sta formando una squadra per l’operazione Prodigal Son, da attuare nel minor tempo possibile. Obiettivo, recuperare un agente NBC, un qualche tipo di arma nucleare, biologica o chimica, abbandonato anni prima in territorio ostile. Se dovesse cadere nelle mani di un gruppo terroristico, le profezie apocalittiche diventerebbero previsioni realistiche. Ray non si tirerà certo indietro. Senza illudersi che i cattivi stiano da una parte sola.
In uno scenario afghano di conflitto permanente tra potenze occidentali e terrorismo jihadista si muove l’agente della CIA Emerson Ray, combattente senza illusioni e senza speranza in un mondo dominato dalla più spietata Realpolitik, eppure capace di atti di eroismo autentico, quello che si compie lontano dai riflettori, scoprendo inaspettati spiragli di contatto tra culture dichiarate ufficialmente nemiche in una guerra segreta che non avrà vincitori, e dimostrando che perfino in contesti estremi dove solo le armi hanno diritto di parola al servizio di interessi inconfessabili è ancora possibile restare umani.
Emerson Ray. Prodigal Son
di Denise Jane
Mondadori 2023
Collana Segretissimo
Spionaggio, pag.233
Recensione di Salvatore Argiolas
In seguito alla caduta del muro di Berlino, in suo saggio del 1992, “La fine della storia e l’ultimo uomo”, il politologo americano Francis Fukuyama prevedeva “la fine della storia, il predominio del modello democratico occidentale, una crescente omologazione mondiale e di conseguenza un mondo sempre più pacificato.
La Storia, contraddicendo Fukuyama, prese invece un accelerazione fortissima, specialmente in uno scacchiere, quello afghano, sempre nell’occhio del ciclone, come sanno bene i lettori di “Kim” di Rudyard Kipling che fece conoscere universalmente il concetto di “Grande Gioco”, l’intricato intreccio di influenze che vide protagonisti russi, inglesi e cinesi per il controllo delle steppe asiatiche e soprattutto quello che ora è l’Afghanistan, territorio di grande instabilità perché composto da tante entità tribali spesso in lotta tra di loro.
Tra i molti signori della guerra che si contrapponevano al controllo del paese da parte dei sovietici si distinse per capacità militari e per carisma Ahmad Shah Massud, detto “il leone del Panjsir”, alleato degli Stati Uniti da cui fu ampiamente rifornito di armi, in vista di un suo predominio nel governo afghano.
Essendo quello afghano uno scenario dove i giocatori sono esperti nel doppio e anche nel triplo gioco, Massoud, prima di essere assassinato dai talebani due giorni prima dell’attacco alle torri Gemelle, rimase vittima di intrighi tessuti dai servizi segreti pakistani che tramavano per instaurare un governo più filopakistano e in questo scenario di complotti e macchinazioni alcune colonne di armamenti furono smarrite oppure “altre fonti sostenevano che invece almeno un paio di carichi fossero stati ceduti ai talebani dei campi di addestramento al confine tra Pakistan e Afghanistan, in cambio di supporto nell’organizzazione nel Kashmir”
Se le cose fossero andate come teorizzato da Fukuyama, le spy-stories avrebbero avuto vita molto breve mentre invece stanno diventando sempre più lo schema di riferimento per capire i movimenti peristaltici che modificano rapidamente i rapporti geopolitici di tutto il mondo e questo viene dimostrato in pieno da “Emerson Ray. Prodigal Son” l’avvincente romanzo di Denise Jane, vincitore del prestigioso premio Alan D. Altieri, grande scrittore di thriller e di romanzi tanto appassionanti quanto indimenticabili.
“Prodigal Son” nasce proprio nella cornice storica che vede la ricerca della colonna di armamenti perduta e “C’era anche un’altra storia che circolava, ricordò Ray. “Sul fatto che in mezzo a tutta quella roba, un pazzo avesse pensato bene di infilare un qualche tipo di agente NBC.”
Siccome NBC nel gergo militare significa Nucleare, Biologico, Chimico si attiva subito una squadra che ha come obiettivo proprio questo agente, chiamato “Prodigal Son” ma questa ricerca interseca ed influisce anche sulla minaccia di un nuovo protagonista nell’ambito politico religioso afghano, punto di faglia tra Est ed Ovest, tra Nord e Sud.
Infatti un esponente chiamato Mahdi come colui che, nuovo Messia islamico, dovrebbe presenziare al Giorno del Giudizio si pone come guida degli islamici per lottare contro gli infedeli.
“Il problema principale di figure del genere, è che devono dimostrarsi all’altezza delle aspettative che creano. E’ non è proprio una passeggiata dimostrare di essere il Guidato da Dio”.
“Insomma stiamo parlando dell’ennesimo cialtrone” sintetizzò Ray.”
Ambientato tra le fine di aprile e i primi di giorni del maggio 2011, un periodo che diventerà incandescente per molti motivi, “Emerson Ray. Prodigal Son” è un romanzo di spionaggio che mette in rilievo la contrapposizione tra il machiavellico “fine che giustifica i mezzi”, anche se il filosofo toscano non usò mai questa formula, e quanti operano con la consapevolezza che il loro lavoro dev’essere fatto con coscienza e con eroismo.
Alla ricerca del “Figliol Prodigo” viene chiamato proprio Emerson Ray che in breve capirà di essere entrato nella edizione 2.0 del “Grande Gioco” dove tutti si attivano per portare un vantaggio ai propri interessi che talvolta coincidono e talvolta divergono ma in tutti i casi hanno sempre diversi livelli di interconnessione.
Emerson Ray capisce di essere capitato in una partita che non gestisce e che non avrà una conclusione soddisfacente decidendo allora di fare la mossa del cavallo, scompaginando piani, strategie e obiettivi di tanti giocatori in “quell’enorme tappeto di guerra che era l’Afghanistan”.
Spy-story con tante svolte narrative e colpi di scena “Emerson Ray. Prodigal Son”, mette in luce un personaggio ben delineato, una trama ben congegnata, realistica e forse accaduta realmente perché in queste zone anche ciò che è irreale può sempre capitare, e un quadrante tanto ricco di storia quanto incapace di superare influenze e cospirazioni.
Dal “Grande Gioco” spionistico studiato da Peter Hopkirk in un suo fondamentale, omonimo saggio, a fatti più recenti come l’invasione sovietica dell’Afghanistan provocata dagli americani alla tragedia dell’11 settembre 2001, quasi tutti gli episodi cruciali sono avvenuti in quello che per lo storico Samuel Huntington era il terreno di scontro principale dello “scontro delle civilizzazioni.”
Le frontiere dalla cosiddetta “area turanica” Iran, Afghanistan, Tagikistan, Kirgikistan, Azerbajian, Uzbekistan e Pakistan sono sempre state una polveriera pronta ad esplodere e questa zona enorme è stato il “ventre molle” della Russia e anche per la Cina, dalle etnie Uigure (turche) si risale verso lo Xian Xiang (Cina), il più grande bacino minerario e petrolifero del mondo.
Da lì si controlla tutta l’Eurasia, da lì passano i giganteschi interessi del terzo millennio, da lì passano le vie della droga e i mercanti di schiavi che riforniscono le industrie e i commerci di tutto il mondo.
I paesi della zona sono estremamente letali per chi cerca di opporsi ai rapaci interessi economici e politici dei tanti gruppi di potere.
Dice il Ceceno, uno dei personaggi chiave di “Prodigal Son”:
“Tra vent’anni, questa sarà la terra di confine su cui si giocheranno gli equilibri del Medio Oriente. Ma il braccio di ferro non sarà più con l’Unione Sovietica: ci sarà la Cina al suo posto. Lo sanno i vostri servizi segreti, lo sanno i diplomatici, lo sanno gli analisti. Lo sapeva Shah Massoud già quindici anni fa che, se non fosse riuscito a mettere le basi di uno Stato afghano, il destino di questo paese sarebbe sempre stato quello di fare da campo di battaglia su cui altre potenze giocano la loro partita.”
Tutto questo retroterra storico, economico, geopolitico è stato reso alla perfezione da Denise Jane in un romanzo di spionaggio accurato e scandito da un notevole ritmo che ne impone la lettura accelerata per gustare tutte le canoniche stazioni narrative che il genere esige.
Sono tanti i punti di forza di questo romanzo che ha vinto con merito l’onore di essere pubblicato nel mese di Agosto di Segretissimo e forse quello più rilevante è l’aver messo in rilevo che l’opera dei servizi segreti oscilla sempre tra l’umano ed il diabolico ed è difficile, se non impossibile, distinguere e separare fini e mezzi secondo l’opinione di ser Niccolò Machiavelli e che ogni operazione delle “barbe finte” non prevede azione e reazione come nella fisica classica ma ha come risultato esiti imprevedibili che però avranno sempre come conseguenze da cui gli analisti militari sapranno sempre trarre dati, statistiche che plasmeranno le tattiche e strategie future e Denise Jane ci prende per mano e ci mostra quanti intrighi e interessi inconfessabili ci siano dietro ogni conflitto.
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Denise Jane
è nata a Feltre (Belluno) nel 1994. Si è laureata in archeologia all’Università “L’Orientale” di Napoli, con specializzazione in ambito mediorientale: attualmente si occupa di traduzioni come freelance. Vive tra Napoli e gli Stati Uniti con il marito, DOD contractor americano, ex soldato di Marina, e il figlio di tre anni. Recensisce con passione romanzi gialli/noir per ThrillerNord.it e Il Giornale della Buone Notizie, e si occupa delle segreteria del Festival del Giallo Città di Napoli in collaborazione con Gialli.it. Nel 2022 ha condotto diverse interviste presso la libreria IoCiSto di Napoli e nell’ambito del festival NeRoma. E’ inoltre fra i giurati del premio Ceresio in Giallo (romanzi editi) e del premio Gialli.it (racconti inediti, in collaborazione con il Giallo Mondadori). Con il suo romanzo d’esordio “Tran-sibérien. Il mistero dell’oro degli Zar”, edito da Schena, è stata vincitrice del premio nazionale Valerio Gentile 2020 (sezione inediti). Ha pubblicato altri racconti in varie antologie, e un suo lavoro è arrivato in finale al concorso Giallo Stresa nel 2021.