Sinossi. I fratelli Venerando e Gualtiero Scaccola sono titolari dell’omonima forneria a Bellano. Tirati su a pedate dal padre panettiere, conoscono solo il piccolo mondo del forno e dell’abitazione al piano di sopra. Si alternano in negozio con un sincronismo perfetto, che però inizia a cedere la mattina del 7 aprile 1930. Quel giorno, infatti, bussa alla porta del loro tran tran la lettera in cui il segretario del sindacato panettieri di Como chiede una mano per l’idea che gli è venuta: organizzare una gita in battello degli iscritti comaschi in quel di Bellano per celebrare l’anniversario della fondazione di Roma. E il mondo degli Scaccola sembra andare a gambe all’aria. Passare la missiva, con le relative incombenze, al segretario comunale, non li mette al riparo. Perché quello che si insinua nella loro quiete attraversa con la forza di un’onda irresistibile il cuore di Gualtiero, che ora smania per avere dalla vita tutto ciò che il lavoro gli ha impedito di godere. Ma in quella tiepida primavera sembra abbia iniziato a palpitare anche il cuore del carabiniere Beola, da qualche tempo osservato speciale del maresciallo Maccadò, preoccupato che il giovane non commetta sciocchezze violando il regolamento dell’Arma. Anche il maresciallo però dovrebbe stare attento, perché indispettire la moglie Maristella potrebbe rendergli la vita difficile. E finalmente arriva il gran giorno dei panettieri a Bellano, impreziosito dal Federale di Como in persona, che vorrebbe saperne di più di quel paese turbolento dove non si riesce a tenere in piedi una sezione del Partito neanche a piangere. Ma niente, dev’esserci qualcosa nell’aria che fa andare tutto storto, perché sul più bello un furto, che parrebbe inspiegabile, finisce per agitare acque già fin troppo mosse.
In Sua Eccellenza perde un pezzo, le inquietudini della Bellano di Andrea Vitali si mescolano con le morbidezze del paesaggio lacustre, creando quella magica combinazione che ha conquistato il maresciallo Ernesto Maccadò e affascina da sempre i suoi lettori.
Andrea Vitali
Garzanti 2023
narrativa, pag.304
Sua Eccellenza perde un pezzo
A cura di Edoardo Guerrini
Recensione di Edoardo Guerrini
Per un lettore come me, alla prima esperienza con un libro di Andrea Vitali, questo romanzo ha generato impressioni piuttosto altalenanti. Dal principio, ho molto ammirato la bravura e la competenza dell’autore nel descrivere una cittadina di provincia sulle rive del Lago di Como nel 1930 e la sua società.
Mi ha subito ricordato Alessandro Manzoni: per la lombarditudine, per la cura nell’inquadramento storico, per l’ironia e gli sprazzi di comicità, per i colori incredibilmente molteplici dei numerosissimi personaggi. Alla conta finale, posta in calce al termine del romanzo, risulta che sono ben 104!
E la cosa che mi ha più meravigliato sono i nomi, del tutto fantasiosi e addirittura spesso improbabili: Blefara, Sicuretta, Miriano, Gianolo, Bellerina, Clemide, Scudiscia, Osimino, … Di certo Vitali non ha consultato elenchi dei santi di tutto l’anno per trovare nomi simili: si suppone che abbia invece compulsato elenchi antichi di diocesi della zona, arricchiti con sforzi di pura fantasia orientata al comico, in realtà quindi ben differente dal Manzoni.
Ma quello che mi ha invece un po’ messo in dubbio è stato il sottotitolo: I casi del Maresciallo Ernesto Maccadò farebbe pensare che ci troviamo nel mondo di un giallo storico, perciò addentrandoci nella lettura ci aspettiamo che prima o poi, magari entro la prima cinquantina di pagine, avvenga un delitto in questa quieta cittadina lacustre.
E invece, in realtà di delitti non ce ne sono affatto. L’unico fatto di rilevanza penale in effetti è un furto. Non dirò di che cosa perché si tratta proprio di una delle sorprese più rilevanti; comunque, sappiate che tale fatto avviene in un capitolo situato quasi a due terzi del libro: quando un’attesa così prolungata ci ha già causato qualche impazienza, facendoci pensare: insomma, ma dove vogliamo arrivare, percorrendo le viuzze di Bellano e seguendo le vicissitudini di questi molteplici personaggi?
La trama si diparte da quelli che in apparenza sono i protagonisti: i due fratelli panettieri, Gualtiero e Venerando Scaccola. La loro vita tranquilla e laboriosa, orientata solo a impastare il pane, venderlo e dormire qualche oretta a turno, sempre chiusi tra il negozio, il forno e la camera da letto, viene scombussolata dalla lettera che preannuncia la festa del sindacato dei panettieri di Como, prevista per il 21 aprile, giorno della fondazione di Roma.
Dal 7 aprile, giorno in cui arriva la lettera, al fatidico 21, tutti quei due terzi del romanzo trascorrono a leggere quello che più che altro risulta un quadro: una visione ricchissima di dettagli su tutti gli angoli del paesino e su tutte le molteplici sfumature caratteriali dei singoli personaggi; mentre la trama scorre piano piano con la complessa preparazione dell’evento, organizzato dal Podestà contro il parere del suo segretario comunale che ne avrebbe fatto volentieri a meno.
I due fratelli evolvono: il fatto nuovo della imminente festa li spinge a uscire dalle chiuse mura del forno e del negozio; prima Gualtiero, poi pure il Venerando, scoprono che esistono colori, profumi, rumori, milioni di stimoli sensoriali cui non erano abituati, e tra i sensi si ritrova pure la pulsione amorosa che coglie innanzitutto il Gualtiero, che in un batter d’occhio incontra la bella vedovella Venturina Garbati e se ne innamora, salvando in un certo senso il carabiniere Beola che ci stava cascando prima lui, a rischio di finire trasferito in Sardegna oppure addirittura licenziato dall’Arma per palese violazione del Regolamento che vieta tassativamente ai militari rapporti affettivi con gente del paese.
Poi arriva la festa, accade l’imprevisto che la rovina abbastanza; neppure si avvia una vera e propria indagine, ma i contorni dell’accidente si delineano in poco tempo, e ci si avvia all’epilogo, con un ultimo salto temporale che ci porta nel primo dopoguerra, sedici anni dopo.
E quindi, ci si chiede, a che cosa è servito questo quadretto?
In definitiva, direi, non è che lasci del tutto delusi, anzi: in realtà lascia molte impressioni e un’idea ben precisa su quella che era l’era del Ventennio in un paesino della provincia lombarda, con più o meno aderenti all’ideologia fascista.
Però, per me che in un qualsiasi romanzo cerco dei messaggi, degli scorci di verità che mi insegnino qualcosa che non sapevo o cui non avevo fatto adeguatamente caso, qui ne ho trovati un po’ pochini.
Certo, qualcosa c’è: essenzialmente, una leggerezza e comicità di tutto rispetto, una scrittura che trasuda serenità e felicità del raccontare e del dipingere i luoghi, e un po’ di sana presa in giro di certi stereotipi del fascismo e del maschilismo. Tutto qui, direi.
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Andrea Vitali
è nato a Bellano nel 1956. Medico di professione, ha esordito nel 1989 con il romanzo Il procuratore, che si è aggiudicato l’anno seguente il premio Montblanc per il romanzo giovane. Nel 1996 ha vinto il premio letterario Piero Chiara con L’ombra di Marinetti. Approdato alla Garzanti nel 2003 con Una finestra vistalago (premio Grinzane Cavour 2004, sezione narrativa, e premio Bruno Gioffrè 2004), ha continuato a riscuotere ampio consenso di pubblico e di critica con i romanzi che si sono succeduti, costantemente presenti nelle classifiche dei libri più venduti, ottenendo, tra gli altri, il premio Bancarella nel 2006 (La figlia del podestà), il premio Ernest Hemingway.