Ann-Helén Laestadius
Traduttore: Sara Culeddu e Alessandra Scali
Editore: Marsilio
Genere: Letteratura e Narrativa
Pagine: 512
Anno edizione: 2024
Sinossi. A nord del circolo polare artico, nella Lapponia svedese, è inverno. Poche ore di luce pallida sono tutto ciò che il sole ha da offrire prima che il paesaggio sia nuovamente avvolto da un buio compatto. In quelle terre estreme la piccola Elsa, nove anni, si allontana sugli sci dal villaggio sami in cui vive per raggiungere la zona di pascolo delle renne di famiglia. Quel giorno segna profondamente la sua infanzia: davanti ai suoi occhi spalancati, un uomo uccide brutalmente un piccolo di renna, il suo Nástegallu, quello che lei ha scelto nel branco e a cui le è stato permesso di incidere l’orecchio, secondo l’usanza della sua comunità. L’uomo e la bambina si guardano, si riconoscono. Poi l’uomo la minaccia, e la bambina decide di tacere. Porterà a lungo con sé quel segreto come un peso oscuro sul cuore. Dieci anni dopo, un tempo costellato di rischi e ulteriori massacri di animali, quando Elsa si ritrova a essere lei stessa il bersaglio di chi, mosso dall’odio, si è macchiato del sangue di Nástegallu, qualcosa si spezza. E il senso di colpa, la paura e la rabbia che ha dentro da allora le piombano addosso come una valanga, portandola a un ultimo, tragico confronto. Romanzo di formazione e canto d’amore per un mondo che sta scomparendo, basato su una storia vera, La ragazza delle renne mette a nudo le tensioni che sorgono quando la modernità si scontra con una cultura tradizionale e con strutture patriarcali profondamente radicate, mentre la xenofobia è in aumento e i cambiamenti climatici mettono a repentaglio la sopravvivenza di un popolo che custodisce una sempre più fragile eredità indigena. E nello splendido scenario di favolosi paesaggi invernali, dove le renne corrono libere su distese infinite e sotto cieli immensi, l’orecchio di un cucciolo segretamente preservato in una scatola diventa il simbolo di tutto ciò che potrebbe andare perduto. Di tutto ciò che, forse, è già andato perduto.
Recensione di Loredana Gasparri
Quando ho scelto questo libro ho esitato davanti alla traduzione italiana del titolo. Non mi soffermerò sulla banalità e sulla sensazione di appiattimento che genera, perché potrei rischiare di perdere di vista la bellezza e la contraddittorietà della storia, che merita attenzione e lettura devota.
Il titolo in svedese, la lingua madre del libro, è Stöld, furto. Non solo si addice particolarmente, trasmette la giusta atmosfera, ma è anche una parola chiave dell’intera storia. Tutti gli avvenimenti parlano di furto e di odio; l’odio per le persone di un’altra comunità e tradizioni, l’odio che origina dal disprezzo per la vita degli animali e di conseguenza, degli uomini.
Quando apriamo il libro, l’odio ci balza subito agli occhi.
Conosciamo Elsa, la protagonista di nove anni, che è emozionata e felice all’idea di rivedere il cucciolo di renna che suo padre le ha destinato, Nástegallu. Quel cucciolo reca il suo marchio, è legato a lei, ed è una parte fondamentale della vita che già da quell’età aspira per sé: portare avanti l’attività di famiglia e allevare le renne.
È un sogno difficile, praticamente impossibile da realizzare perché la comunità sami di cui fa parte è profondamente patriarcale e non considera l’idea di far diventare una donna allevatrice responsabile in prima persona di un branco di renne.
In ogni caso, quel sogno finisce nel sangue con la morte del cucciolo, trucidato davanti agli occhi di Elsa da un uomo spregevole e meschino, che non manca di minacciarla se lo denuncerà. Per paura, Elsa manterrà il segreto, che però finisce per corrodere l’entusiasmo per la vita della bambina.
Comincerà a guardarsi intorno, a osservare bene i volti dei suoi genitori, di suo fratello e delle persone che le sono più vicine. Osserva come parlano, si irrigidiscono, scivolano via fingendo di non vedere e non sentire l’insofferenza di chi non è sami e che li considera seccature e piantagrane, buoni solo a lamentarsi.
Sopportano i mille sgarbi, le battute, le derisioni, rinchiudendosi nel cerchio delle loro tradizioni inaccessibili all’esterno. Sopportano con rassegnazione l’inevitabile mancanza di giustizia che ricevono immancabilmente, quando denunciano i massacri delle loro renne, e i poliziotti non intervengono o lo fanno con comodo.
E quando compilano i loro rapporti-burla, parlano di ‘furto’, anche se le renne ritrovate (e come fa ad essere un furto, se l’oggetto ‘rubato’ è lì in bella vista?) sono sventrate e fatte a pezzi.
Elsa sopporta. Male. Dieci anni dopo la ritroviamo forte e combattiva, decisa a farsi sentire. Per quanto il suo segreto sia ancora lì, a rubarle sonno e istanti di vita, si rifiuta di lasciarsi azzittire, anche se parlare le costa l’appoggio della sua stessa comunità. La sua nemesi è ancora lì, l’uomo che le uccise Nástegallu, forte della sua intoccabilità, sicuro che nessuno scoprirà mai i suoi piccoli e grandi crimini meschini.
Ma non può andare sempre bene a chi fa del male agli animali, come sottolinea la dura nonna di Elsa, in un raro momento di lucidità dall’Alzheimer.
Lo potrà constatare anche Elsa, nonostante la sua vita venata di paura e delusione. È un personaggio davvero forte, questo. La sua è quella forza che nasce dall’essere costantemente sotto pressione e freddi di paura. In momenti pericolosi, dove rischia di perdere tutto, Elsa usa quella paura per agire e passare al contrattacco.
E proprio quando si convince di essere ad un passo dall’inferno, si aprono le porte di una soluzione inaspettata. Faticosa, ma che permette di riprendere a respirare, e magari ad avere un po’ più di fiducia nel presente.
Se vi attirano i grandi freddi del Nord Europa, le tradizioni poco conosciute di popoli altrettanto poco conosciuti, la presenza di una natura prepotente e la vita con gli animali, questo libro fa per voi. Il fatto che si basi su storie vere, che poi l’autrice ha integrato con la sua stessa esperienza, fa riflettere non poco.
E rattrista anche tanto; possono cambiare le lingue, le latitudini e le tradizioni, ma l’odio arriva dappertutto a dividere e distruggere, ovunque ci siano sfumature e atteggiamenti diversi. Tuttavia, il libro sottolinea che non è invincibile e spesso basta un passo, una conversazione, un piccolo dono, per cambiare i ruoli e riportare l’equilibrio.
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Ann-Helén Laestadius
è una scrittrice e giornalista svedese, di origini sami. Nel 2016, il suo romanzo Tio över ett ha vinto il premio svedese August Prize come miglior opera nella categoria bambini e giovani adulti. In Italia sono usciti La mia città trasloca (EDT-Giralangolo, 2020), La ragazza delle renne (Marsilio, 2024), il suo primo romanzo per adulti.
A cura di Loredana Gasparri