Ore 10, Porta Nuova




Le indagini del

Commissario Martini


Autore: Gianna Baltaro 

Editore: Golem Edizioni

Genere: Giallo

Pagine: 192

Anno edizione: 2016


Sinossi. Nel tranquillo Borgo San Salvario, attorno all’elegante pianta ottagonale di Largo Saluzzo punteggiata dalle insegne delle botteghe, la quiete è incrinata dalle ignobili lettere firmate “La voce della verità”. Un bambino minacciato, un cadavere su un treno merci, un dongiovanni imprudente… Il commissario Andrea Martini è un avversario pericoloso per il misterioso assassino. Paziente e ostinato, aiutato da alcuni colpi di fortuna, tra un indizio colto in un bar e un’ombra intravista alla stazione di Porta Nuova, tra un interrogatorio apparentemente svagato e un dialogo serrato. Martini giunge infine alla verità.

 A cura di

Edoardo Guerrini


Questo secondo romanzo della serie di 18 gialli che hanno per protagonista il commissario Martini, pubblicata per la prima volta negli anni ’90, risulta pubblicato dall’attuale casa editrice golem Edizioni nel 2016, ma in realtà attualmente la casa editrice sta ripubblicando tutti i romanzi della Baltaro, in relazione all’imminente centenario della sua nascita.

Devo dire, in tutta sincerità, che non conoscevo quest’autrice, e che la lettura di questo secondo romanzo della serie è stata la mia prima esperienza su di lei.

Prima di tutto, ho notato una serie di elementi molto positivi: Ore 10, Porta Nuova, è un giallo classico, ambientato in una Torino del 1935, o meglio nel quartiere San Salvario di Torino, con una minuziosa descrizione di tutti gli angoli del quartiere in cui si aggira il commissario per scoprire il colpevole di un omicidio scoperto all’interno della Stazione Porta Nuova: un uomo è stato trovato, steso sul bordo del vagone di un treno merci, accoltellato la notte precedente alla scoperta del corpo.

Il commissario Martini, in realtà è un ex commissario: per motivi personali ha lasciato il suo posto di lavoro in polizia, ma ciononostante continua a frequentare i suoi ex colleghi e ad aiutarli nel risolvere i casi, e loro si affidano molto volentieri a lui, perché in effetti sanno di potersi fidare.

La Torino degli anni ’30, in un inverno molto gelido, è descritta con un’attenzione davvero notevole, e per me che sono torinese, anche se di adozione essendo figlio di napoletani, devo dire che ho riconosciuto ogni singolo angolo di via descritto nel romanzo, e pure ogni singola immagine di case borghesi di un certo tono descritte con attenzione negli interni.

Anche i caratteri dei vari personaggi borghesi che popolano le scene sono descritti con grande efficacia, e nella trama complessa durante la quale il commissario si trova a dover risolvere non solo un omicidio, ma anche un secondo delitto nel quale la vittima è una donna, e la vicenda chiaramente collegata a questi delitti di una serie di ricatti compiuti da un misterioso, anonimo scrittore di lettere firmate con un timbro riportante il disegno di una torre, l’autrice si dipana facendo scoprire all’acuto commissario vari indizi un po’ alla volta, fin che questo personaggio, che appare dotato di grande calma, umanità e senso di giustizia, oltre che passione per la ricerca della verità, non arriva a scoprire la soluzione.

La Baltaro mi è quindi apparsa come un’autrice torinese fortemente efficace nel comporre la trama di un giallo classico, paragonabile al grandissimo Simenon, per l’efficacia nelle ambientazioni con grande competenza visiva e per la profondità nell’esame psicologico dei personaggi, e sociologico nella descrizione dei rapporti sociali tra di loro e nell’attenzione per le motivazioni socio economiche che li fanno muovere.

Tuttavia, ho riscontrato anche una serie di elementi non troppo positivi: di fatto, rispetto all’evoluzione che ha caratterizzato il giallo/noir italiano con il successivo contributo di alcuni grandissimi maestri, come Andrea Camilleri prima di tutto, e poi Antonio Manzini, Maurizio deGiovanni e tanti altri, questo romanzo temo sia un po’ antiquato, obsoleto.

Si tratta, in effetti, non tanto di un giallo/noir quanto di un classico “whodunit” alla Conan Doyle o S.S. Van Dine; pur prestando molta attenzione all’ambientazione nella Torino degli anni ’30, l’autrice non si sbilancia minimamente  a commentare gli orribili fatti storici avvenuti nel 1935, al massimo si limita ad accennare alle sanzioni comminate al nostro Paese dalle altre nazioni, che portano a consumare il surrogato d’orzo al posto del caffè, ma senza far emergere alcun giudizio in merito. 

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Gianna Baltaro


nacque a Torino il 13 febbraio 1926; inizia gli studi nella città sabauda, per terminarli in Francia, dove per quelche tempo si trasferice per motivi legati al lavoro del padre. Torna nella propria città  poco più che ventenne, si sposa ma rimane vedova molto presto. Aveva già conosciuto il mondo del giornalismo, è con la Gazzetta del Popolo che diventa la prima donna italiana ad occuparsi di cronaca nera. Poi è cronista dell’Unità, della Stampa e di Stampa Sera, collaborando con l’Ora di Palermo, l’Occhio di Maurizio Costanzo e con la Rai. Negli anni ottanta si specializza nella gastronomia, è un brava organizzatrice di eventi e collabora per la realizzazione di volumi che abbinano cucina e scrittura. Anni di cronaca, sempre in prima linea, una grande competenza comunicativa e una forte conoscenza di Torino del presente e del passato, le fanno pensare di essere pronta a scrivere un giallo ambientato nella propria città. Con la sua Olivetti mette giù quello che diventerà “Nelle nebbie del Gambero d’Oro: la prima indagine del Commissario Martini”, che esce nel 1990 per la Gribaudo. Da uno (quello del ’90), i suoi gialli diventano diciotto, con l’ultimo terminato nel 2007, un anno prima della morte.