Il giudice dei dannati




DANIELE SOFFIATI


Editore: Mondadori

Collana: Omnibus

Genere: Thriller

Pagine: 276 p., Rilegato

Anno edizione: 2025


Sinossi. Un thriller vertiginoso dal ritmo adrenalinico e dai molteplici colpi di scena. Trenton, in New Jersey, è il tipico buen retiro, un angolo di provincia tranquillo circondato dai boschi, dove l’hobby preferito è annoiarsi col sorriso. È dunque uno shock per tutti quando Scott Hicks viene rinvenuto ormai cadavere in casa, il volto tumefatto, devastato da centinaia di punture di vespe. Pochi sapevano che lo psichiatra fosse allergico, ma sicuramente ne era a conoscenza il suo assassino. Perché di omicidio si tratta, non ci sono dubbi: Hicks aveva il viso cosparso di aceto e zucchero, una mistura perfetta per attirare le vespe e procurargli così un letale shock anafilattico. È un delitto troppo terribile, troppo teatrale. Sean Brennan chiede aiuto a due ex colleghi dell’FBI, la criminologa italiana Francesca Martini e l’agente speciale Nicolas Frost. Francesca ha una speciale abilità: l’eidetismo. Sa creare immagini mentali con un vivo carattere di realtà. Unito allo studio di psicologia della memoria, questo talento le permette di ricostruire la meccanica degli omicidi a partire dalla scena del crimine – o di “vedere i delitti con gli occhi dell’assassino”, come dicono le malelingue. In realtà, malgrado i suoi successi, Francesca soffre di insicurezza e ansia, che cerca di nascondere a tutti, fatta eccezione per Nicolas, l’unico a conoscerla davvero. Grazie all’aiuto di Jonathan Corso, professore di letteratura italiana a Princeton, Francesca e Nicolas ritrovano in casa di Hicks uno strano messaggio, pieno di riferimenti all’Inferno di Dante Alighieri, alla legge del contrappasso e alle punizioni dei dannati. Una cosa è immediatamente certa: “Minosse”, come viene soprannominato il killer, è solo all’inizio della sua striscia di sangue.

 Recensione di

Sabrina De Bastiani


 «Si può fiutare il male?»

Credimi, si può. 

“L’odore… l’odore.” (…) Chiuse gli occhi e cercò di escludere i rumori del ristorante, le chiacchiere dei commensali, le suonerie dei cellulari.

Le parole che lei stessa aveva detto nei giorni precedenti le riecheggiarono in testa. Le parve quasi di sentirle. (…)  In un istante vide. Le immagini si ricomposero dentro di lei come le tessere di un grande

puzzle.

Daniele Soffiati esordisce nel thriller e lo fa con la presenza scenica del  grande attore, calamitandoci e saldandoci nelle pagine del suo “Il giudice dei dannati”. 

Perfettamente a suo agio nelle dinamiche del genere,  che restituisce con efficacia e con una scrittura diretta e ottimamente calibrata,  omaggia la grande tradizione del thriller americano ambientando il romanzo nel New Jersey, ma, “Per quanto lontano tu possa fuggire, la tua casa ti seguirà ovunque”, ce lo rende prossimo inserendo nella vertiginosa trama una protagonista italiana, la profiler Francesca Martini, e  l’opera italiana più nota al mondo, La Divina Commedia, qui, segnatamente, nella sua prima parte, L’inferno.

E le terzine dantesche, lette dal punto da un punto vista (d)evil come può essere quello di un serial killer, racchiudono in sé  tutti gli ingredienti che andranno a comporre  una corposa scia di sangue:  giudizi, colpe e soprattutto pene …

… le narrazioni più cruente, anche se non veritiere, sono quelle che risultano più suggestive e dure a morire …

Ebbene, potrebbe aver gioco facile, l’autore, partendo da questi elementi già così forti, nel costruire un thriller canonico.

E invece no. Soffiati ribalta tutto – «Hai mai pensato che ciò che un abile assassino deve fare è “imparare a vedere con gli occhi di uno sbirro”?» – stravolge, colpisce, indirizza senza sviare, ma ogni volta sorprende.

A partire da lei.

Francesca Martini, profiler,  che  nulla ha dello stereotipo. 

Sono morte tre persone, sono certa che ne moriranno altre, e io mi rendo conto di non farcela.

Altissima di statura, una femminilità presente ma non insistita, attenta e dotata,  ma altrettanto profondamente capace  di mettersi in discussione, di affrontare impasse, sincera al punto da ammettere e lasciar trapelare una gestione non semplice dell’ansia, Xany  il suo soprannome mutuato dal noto farmaco, eppure mai la prima a tirare indietro la gamba.

Anche  quando lo scontro è duro.

Anche quando gli elementi a disposizione sono labili, Il killer ti sta dicendo solo ciò che ha deciso di raccontarti, il tempo corre e i morti aumentano. 

Ogni  interpretazione, ogni pista,  sembra quella giusta. E un istante dopo non lo è più.

Un girone infernale che si stringe attorno ai protagonisti, mantenendoli in una condizione di costante pericolo e di urgenza, che l’autore sapientemente trasmette ai lettori con cambi di scena veloci, capitoli snelli e l’inserimento di dettagli correlati al caso e anche di natura personale,  che premono l’acceleratore di una lettura che è vertigine pura. 

L’elemento chiave della storia ha il suo acme in un  concetto vastissimo,  espresso peraltro già nel titolo. 

Il giudizio. 

Se vi è una certezza, perché è proprio l’assassino  a esplicitarlo lasciando elementi precisi sulle scene del crimine,  è quella che l’omicida seriale stia agendo per punire colpe rimaste … impunite. 

Si erge a giudice, è  il punitore dei peccatori, e si ispira a uno dei più grandi geni della letteratura di tutti i tempi.

È calcolatore, intelligente e ha un’alta considerazione di sé: caratteristica che lo induce a sfidarci, e che lo accomuna ad assassini seriali del passato. Jack lo Squartatore si rivolgeva direttamente alla polizia e alla stampa, così come Zodiac con i suoi crittogrammi inviati ai giornali o David Berkowitz coi messaggi firmati “Il figlio di Sam”.

Sta raccontando una storia, Minosse, il nome che si è dato il serial killer. 

La sua storia. 

E lo fa attraverso una storia già scritta, quella dell’Inferno di Dante.

Minosse ti sta raccontando una storia, svelandola cadavere dopo cadavere. Seguila, ascoltala, ma prima o poi arriverà il momento in cui dovrai fidarti solo di te stessa.

E forse non sarà abbastanza. Forse.

Un inizio al fulmicotone, uno svolgimento dinamico, privo di battute d’arresto o rallentamenti, una struttura chiara, forte e capace di esserlo elegantemente, senza indugiare più del necessario sul truculento, fino al finale sorprendente che riconduce, a chiudere il cerchio di sangue, nuovamente al grande tema del giudizio.

E chi è senza peccato …

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Daniele Soffiati 


è nato a Mantova nel 1974. Ha curato per Mondadori libri dedicati al cinema e alla tv. Assieme ad Alberto Grandi è autore del podcast DOI – Denominazione di Origine Inventata e del saggio La cucina italiana non esiste. Il giudice dei dannati è il suo primo thriller, già opzionato per il cinema.