È notte sul confine




PIETRO SPIRITO


Editore: Guanda Editore

Genere: Thriller/Spionaggio

Pagine: 220

Anno edizione: 2025


Sinossi. Trieste è la città dei destini, un catino dove si mischiano vita e sangue di genti diverse fra loro, una lavagna grigia sulla quale tracciare le invisibili linee d’intersezione di ogni fatalità. In questa città che sente lungo il confine con la Jugoslavia tutto il peso della Guerra Fredda, il giornalista Ettore Salassi, svagato, disordinato e con un formidabile istinto per i guai, accetta di collaborare con i servizi segreti. Arruolato nel Sid, raccoglie informazioni su gruppi e persone vicini all’estremismo sia di destra che di sinistra. Ma anche lui ha qualcosa da nascondere: un passato oscuro, durante la guerra, il singolare vizietto di rubare libri e un debole per le donne che gli complicano la vita. In redazione fa coppia con l’amico e collega Max Pastini, che in quanto a debolezze non è da meno. Mentre i due si barcamenano fra articoli di routine e piccole inchieste quotidiane, Salassi si trova coinvolto in un caso che avrebbe voluto evitare: alla vigilia del tentato golpe Borghese, nel dicembre del 1970, un giovane militare di stanza in una caserma sul Carso viene trovato morto. Fantasmi del passato e del presente lo minacciano, e l’amore per una bella slovena dalla vita misteriosa lo porterà in un pericoloso labirinto dove sarà costretto prima di tutto a fare i conti con se stesso.

 Recensione di

Marco Lambertini


Terminato il libro la prima impressione è:

Finalmente un bel libro di spionaggio ambientato in Italia e proprio a Trieste che per storia e posizione geografica equivale a quello che è Berlino per le Spy story internazionali.

Poi ” E’ notte sul confine” non è solo spionaggio ma anche un bel giallo ad incastro e una originale storia di amore ambientata durante i torbidi giorni di fine 1970 e del tentato golpe Borghese.

Tutto inizia con il ritrovamento di un corpo alla deriva nel mare prospiciente Trieste, corpo che appartiene ad un giovane militare di leva Settimo Santo.

“Ma soprattutto, disse il colonnello, «era uno dei nostri». Orfano di entrambi i genitori, morti di malattia a poca distanza l’uno dall’altra, e nonostante la giovanissima età, Settimo Santo lavorava per i servizi, dov’era entrato da poco, appena finiti gli studi liceali e raggiunta la maturità, tramite il suo tutore, uno zio maresciallo dell’Arma. Era un giovane sveglio, curioso, ed era perfetto da infiltrare nei circoli giovanili dell’estrema sinistra, e anche dell’estrema destra. Da qualche mese lo avevano spedito nelle caserme del Nordest per tenere d’occhio certi movimenti.”

Entra quindi in gioco il personaggio principe del libro, Ettore Salassi, giornalista con trascorsi giovanili nella Decima mas, che dopo oltre 20 anni dalla fine della guerra è un giornalista disilluso, disordinato e con due debolezze, le donne e il furto di libri.

“Dunque ancora oggi questo è lui: gli occhiali spessi da miope, alla Tito Stagno, che gli pesano sul naso. I baffi alla Charles Bronson, a cui vorrebbe assomigliare (e anzi dovrebbe, considerato il suo nome in codice). La stempiatura incipiente dei quarant’anni. Sempre un po’ troppo magro, e stretto nei suoi maglioncini a collo alto, i jeans a zampa di elefante.”

Tempo  prima dei fatti è stato avvicinato da un colonnello dei carabinieri del SID (servizi segreti dell’epoca) ed è diventato un loro “agente” arruolato per raccogliere informazioni su gruppi e persone vicine all’estremismo di destra e di sinistra. Ora deve sviare le indagini sulla morte del giovane militare per non farlo accostare ai servizi.

“Era questo ciò di cui aveva bisogno adesso. Entrare in un apparato discreto in cui muoversi a comando. Fare qualcosa di importante, per una giusta causa. Prendere posizione ma senza farsi vedere. Affidarsi a una missione. Fare dunque la spia, riorganizzare la vita intorno a un nucleo di segretezza reso stabile dalla menzogna, una maschera protettiva in grado di tenere lontani i fantasmi, quegli ectoplasmi sempre affamati di colpe e rimorsi.“

La sua debolezza per le ragazze lo porta ad avvicinarsi alla giovane nipote slovena della sua portinaia, Maja che però, potrebbe non essere solo una spigliata impiegata di banca. Ettore se ne accorge ma non può e non vuole fare nella per fermarsi, deve in qualche modo conquistarla per sentirsi ancora vivo, nonostante quell’incontro possa metterlo in pericolo e anche magari farlo scoprire come informatore e spia.

Condensato in poco più di 200 pagine “E’ notte sul confine”, intreccia in maniera davvero interessante una bella storia di spionaggio con la descrizione di un territorio di confine molto ben descritto.

Ettore Salassi, un misto tra lo Smiley di Le Carrè o Harry Palmer di Len Deighton senza però avere il loro istinto per annusare ed anticipare i problemi, si tuffa nell’indagine quando capisce, grazie ad una fotografia, che il giovane soldato ucciso e la bella Maja si conoscevano e forse si frequentavano. Si ritrova così nel mezzo di una storia intricata che vede coinvolti sia i servizi segreti italiani che quelli jugoslavi, entrambi in azione per mantenere un difficile status quo più che per avere vantaggi per i propri rispettivi paesi.

Come nei classici di spionaggio le piste si mescolano più e più volte fino a che la ragnatela non diventa talmente fitta ed impossibile da districare e come a rendere ancora più complicata e beffarda la verità giungono le parole del Colonnello del SID:

«Un giorno, quando ero al liceo» cominciò a raccontare con la confidenza di un nonno che indottrina il nipote, «credo fosse primavera, suo padre, il professor Salassi, ci disse una cosa. Eravamo al quarto o quinto anno, poco importa. Non ricordo bene quale fosse l’argomento della lezione, forse qualcosa su Hegel, o Schopenhauer, non so. A un tratto suo padre si girò verso il ritratto di Mussolini appeso in aula e, come ad acchiappare un pensiero prima che gli sfuggisse di mente, disse: sapete ragazzi, non lo dimenticate, la Storia la fanno i criminali.»

Solo dopo parecchi giorni lontano dalla città  dai suoi personaggi Ettore troverà la luce che dipana ogni cosa in un finale a suo modo sconvolgente e triste nello stesso tempo.

“Non piangeva da tanto tempo, e le lacrime lo rilassarono. Dov’era lo sbaglio? Perché ogni volta che immaginava di fare bene qualcosa – il suo dovere, il suo lavoro, coltivare un sentimento, una scopata – il destino finiva per spingerlo in un angolo senza via d’uscita? Perché ogni volta che inseguiva un sogno o una prospettiva una raffica di vento mandava all’aria tutto il castello di carte? Cosa c’era di scombinato in lui? Ognuno ha colpe e conti in sospeso con il passato, ma perché la Storia, i fatti, quello che sono, devono sempre fargli lo sgambetto?”

Una bellissima lettura e un personaggio degno dei migliori racconti di spie, oltre ad una ambientazione perfetta in un periodo storico lontano abbastanza per essere completamente diverso da oggi, ma comunque ancora vicino e forse anche troppo possibile. Un finale che personalmente spero sia un arrivederci ad personaggio a tutto tondo e molto vero, malinconico e vivace allo stesso tempo

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Pietro Spirito


(1961) vive a Trieste. È autore di romanzi, saggi, testi per il teatro, film documentari, programmi radiofonici. Tra gli ultimi libri Gente di Trieste e Storie sotto il mare. Con Guanda ha pubblicato Le indemoniate di Verzegnis (2000), Speravamo di più (2003, finalista al Premio Strega), Un corpo sul fondo (2007), L’antenato sotto il mare (2010).