Elisabetta Rasy
Editore: Rizzoli
Genere: Narrativa biografica / Memoir
Pagine: 240
Anno edizione: 2025

Sinossi. Napoli, anni Cinquanta. Una città tanto piena di luce da sembrare quasi fatata. Ma anche devastata dalla guerra e dimenticata dalla storia. Da lì, all’improvviso, una ragazzina viene portata via, lasciando per sempre il padre nell’ombra di una casa elegante e fatiscente. Lei crede di dimenticarlo ma, molti decenni dopo, la morte di un amico e maestro amato, lo scrittore napoletano Raffaele La Capria, fa riemergere dal fondo della memoria l’immagine di lui. Della stessa generazione, i due uomini hanno avuto un diverso destino: l’uno realizzato nei suoi libri, l’altro murato nella sua solitudine. Eppure entrambi sono stati ammaliati e respinti da quella città di incanto e desolazione, entrambi scossi e feriti da intimi segreti. Così sullo sfondo dei loro desideri e tormenti comincia un viaggio nella terra straniera del passato, e si snoda la storia di quella ragazzina che cresce e si forma sotto il segno della diversità, in un’Italia poco accogliente per le donne che non si adeguano alle regole del gioco femminile. “Perduto è questo mare” è un romanzo profondo ed emozionante su un difficile affetto filiale e su un potente sentimento d’amicizia, un’immersione nel regno remoto dei padri, costellato di amori intensi, abbandoni, allegrie e malinconie, che rimanda a echi lontani: da Enea sceso negli Inferi per cercare Anchise, a Kafka con la sua lettera al genitore carica di risentimento. Un libro in cui esperienze e ricordi riaffiorano dolci ma taglienti, mentre Elisabetta Rasy si interroga: è possibile reinventarsi una paternità ideale, altrove? E ancora: nella memoria incontriamo davvero di nuovo le persone amate e scomparse? E i conti finalmente tornano?
Recensione di
Agnese Manzo
In un regno senza padri – la danza degli abbandoni.
Lettura appassionante e complessa, Perduto è questo mare è un romanzo con cui l’autrice sembra voler tirare le fila della propria biografia, inoltrandosi in un percorso spesso doloroso, ma il suo atteggiamento nei confronti di tutto ciò che è stato è ormai improntato a una pensierosa serenità.
Come compagni di questo viaggio a ritroso nei suoi ricordi giovanili l’autrice sceglie tre personaggi che sente spiritualmente vicini: l’amico fraterno Raffaele La Capria, l’eroe troiano Enea, lo scrittore Kafka. Cosa la accomuna a questi uomini così diversi? La spiegazione emerge lentamente, mentre si dipanano le sue vicende personali e vengono narrate quelle dei compagni di avventura, che forse sarebbe più appropriato definire, nel caso di Enea e Kafka, di sventura.
Protagonisti di questo romanzo sono, in realtà, i padri inafferrabili e lontani, e l’abbandono.
“Chi parte non può togliersi dal fondo della testa che non avrebbe dovuto andar via, non può scacciare l’idea insidiosa che la vera vita era lì, nel luogo che è stato abbandonato, e che nell’attimo preciso della partenza la propria storia si è fermata”,
osserva, in conclusione, la scrittrice.
Da bambina, è stata portata via dalla terra fatata della propria infanzia, suo malgrado ha dovuto abbandonare un padre adorato, che da allora è precipitato in uno stato di isolamento e perdita di contatto con la realtà.
Tornata da lui, ormai adolescente, sente a sua volta di essere stata abbandonata dall’uomo: la sua lontananza da tutto e tutti, il suo rintanarsi in se stesso, lo rendono inaccessibile per la figlia, che non può che ripartire, scappare quasi, e rassegnarsi a vivere una vita separata da lui.
La figura paterna è intrecciata al sogno che evoca, un sogno azzurro, del colore del mare, mare ricordato e rimpianto e, infine, inesorabilmente perduto.
Lo strazio degli abbandoni persiste in un dolore inutilmente negato, nel tentativo destinato all’insuccesso di fingere che non siano stati uno strappo nella nostra vita. Abbandoni che in fondo sono fughe, come Enea che lascia Troia in fiamme, portando sulle spalle il proprio padre; come l’amico Raffaele, che fugge da una Napoli che non riesce più ad accettare, ma anche da un padre irresponsabile; come, in fondo, farà la stessa autrice, che decide di andar via perché assistere al disfacimento del genitore tanto amato sarebbe troppo penoso.
Perduto è il mare, quindi, ma non solo, anche tutto ciò che di fiabesco vi era intorno: luce abbacinante, azzurro sconfinato, incantate giornate estive che non torneranno, perché sono nient’altro che l’affascinante e ormai irraggiungibile terra fantastica della giovinezza, un luogo magico in cui mai potremo tornare, se non con il ricordo.
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Elisabetta Rasy
nata a Roma, trascorre l’infanzia a Napoli accanto ai nonni paterni, vivendo in un ambiente familiare cosmopolita (il nonno era un greco di Salonicco con passaporto inglese, trasferitosi negli anni Dieci a Cipro e in seguito in Francia; il padre visse tra la Francia, l’Italia e l’Inghilterra), per poi trasferirsi nuovamente nella capitale. Nel 1974, dopo la laurea in Storia dell’Arte alla Sapienza di Roma, fonda insieme a Manuela Fraire, Anne Marie Sauzeau-Boetti, Maria Caronìa la casa editrice Edizioni delle Donne, nata dall’esperienza di un gruppo di femministe riunite al Teatro della Maddalena di Roma (di cui era presidente Dacia Maraini). Inizia a collaborare alla televisione e per Radio 3 della Rai. Ha fondato nel 1990 con Pier Vittorio Tondelli, Jay McInerney e Alain Elkann la rivista Panta. Ha collaborato fin dai tempi dell’Università a numerose riviste (Alfabeta, L’erba voglio, L’indice, Nuovi Argomenti, Marcatré, Paragone, Filmcritica, Il piccolo Hans, ecc.), quotidiani (Paese Sera e La Stampa), a settimanali come L’Espresso, Panorama, ai supplementi Sette (con la rubrica «Uomini e donne») e Io Donna del Corriere della Sera. Ha collaborato anche al supplemento domenicale del Sole 24 Ore. Della abbontantissima produzione letteraria ricordiamo, oltre a numerosi saggi, i romanzi: La prima estasi, Il finale della battaglia, L’altra amante, Ritratti di signora. Tre storie di fine secolo, Posillipo, L’ombra della luna, Tra noi due, Due giorni a Natale, La scienza degli addii, L’estranea, Molta luce in pieno inverno, Figure della malinconia, Un gatto per Natale, Non esistono cose lontane.