Sylvia




Leonard Michaels


Traduttore: Vincenzo Vergiani

Editore: Adelphi

Genere: Narrativa straniera

Pagine: 129

Anno edizione: 2025


Sinossi. «Un contagio visionario» percorre il Greenwich Village dei primissimi anni Sessanta – la terra di nessuno fra la Beat Generation e i figli dei fiori. E proprio nel cuore del Village, mentre «un bizzarro delirio aleggia nell’aria», una coppia di studenti, imprigionati in una livida ossessione d’amore, sprofonda giorno dopo giorno in un allucinato inferno coniugale. Sotto le loro finestre MacDougal Street è «un carnevale demente», scandito da Elvis Presley e Allen Ginsberg; e intanto la loro folie à deux, «impigliata nel suono delle proprie urla», precipita fatalmente verso un esito devastante. Ispirato alla storia vera del suicidio della prima moglie di Leonard Michaels, Sylvia è uno di quei romanzi che, terrifici nella loro profonda verità, si insinuano quasi inavvertitamente nella mente del lettore – e vi rimangono per sempre.

 Recensione

di

Barbara Aversa


“Eravamo incapaci di comunicare, troppo instupiditi dal sentimento per divertirci. Proseguimmo insieme, frastornati, alla deriva in quel caldo onirico. Ci conoscevamo da meno di un’ora, ma sembrava che fossimo insieme, nella pienezza di quel momento, da sempre.“

Approcciarmi per la prima volta a questo scrittore statunitense è stato emozionante.

Una prosa che avvolge pienamente, scardina ogni sentire. È una lettura che lascia spossati e pieni.

Solo due romanzi e moltissimi racconti per questo autore americano, prolifico e molto attivo nella scena letteraria.

Sylvia doveva essere un memoir ma poi è divenuto un romanzo. New York si respira pagina dopo pagina, gli anni Sessanta pulsano vibranti. Sylvia è in realtà la prima moglie dell’autore, ma quando ho iniziato la lettura non ci ho pensato. Mi sono fatta avviluppare dalla trama e scorticare dalla narrazione.

Il protagonista è un giovane che ha terminato gli studi senza conseguire il dottorato e che vorrebbe scrivere. Anche se, ancor meglio, vorrebbe leggere nella vita.

Quando incontra Sylvia resta incantato, ipnotizzato dall’abbagliante aspetto esotico della ragazza. Ne è ferocemente attratto.

Eppure la disfunzionalità del legame emerge prepotente e repentina.

Le liti si alternano al sesso, non c’è neanche un confine e come una metafora una cosa è l’altra.

Sylvia è tremendamente insicura. Di essere abbandonata, di non essere amata, di non essere abbastanza attraente e Leonard non riesce a colmare tali vuoti perché forse sono incolmabili o semplicemente perché non riesce a farlo.

Lei è rimasta orfana molto presto. Un passato devastante l’ha deformata, il suo dolore è inaccessibile e non condivisibile.

Sylvia attacca Leonard continuamente, e minaccia più volte di togliersi la vita. Nel contempo è incredibilmente intelligente, studia la notte senza muovere un muscolo e riuscendo a immagazzinare ogni parola, quasi senza sfogliare le pagine. 

Leonard tenta di scrivere nella stanzetta angusta che dividono ma non è mai contento di se stesso.

La relazione è una recita continua di un teatro interiore mentre Leonard inizia a registrare le liti in un diario segreto, soprattutto con l’intento di ricordare come sono iniziate.

La collera di Sylvia è implacabile e soprattutto notturna. Non si scusa mai. Qualunque cosa faccia Leonard, questa è sempre sbagliata. La tossicità ha intriso tutto, selvaggiamente, mentre Leonard tenta di capire l’origine della rabbia e delle discussioni estenuanti nottetempo.

“Arrivai a convincermi che i pensieri e i sentimenti che Sylvia odiava in me fossero suoi più che miei”.

Non sappiamo nulla di specifico sui disturbi dí Sylvia. Quando si parla di uno psichiatra al quale rivolgersi si pensa sempre che sia imbarazzante raccontare tutto. E quindi ci sono sporadici incontri (solo di Leonard) che non portano a nessuna diagnosi. E così la coppia si chiude nelle proprie compulsioni che alimentano a vicenda. Restare insieme è puro accanimento terapeutico nonostante Leonard resti a tratti perfettamente lucido nell’analisi del legame.

Gli eccessi, le discussioni estenuanti, la noia, i disturbi non diagnosticati.

Tutto fa presagire l’essere di fronte a una relazione dalla quale non ci si può salvare. 

Avrei voluto sentire la voce di Sylvia. Il suo punto di vista, quello di una donna che sprofonda tra isteria e vuoti mentre il proprio compagno non riesce a dimostrare una profonda empatia, forse perché filtra la realtà attraverso la sua visione delle cose.

Sylvia è corrosiva e tutto il suo malessere si insidia spietatamente in ogni angolo.

E il testo affronta il tema dell’angoscia, del terrore dell’abbandono e di disturbi psichiatrici ai quali però non possiamo dare un nome, possiamo solamente ipotizzare. È una caduta inesorabile nell’oblio.

E in questa discesa ripida nell’abisso l’autore ci trascina emotivamente con sé.

È impossibile staccarsi dalle pagine.

È un romanzo atrocemente bellissimo, straziante e imperdibile.

Un capolavoro del dolore animico. 

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Leonard Michaels


nasce a Manhattan il 2 gennaio 1933 da genitori ebrei immigrati dalla Polonia. Dopo un Bachelor of Arts all’Università di New York, ottiene un Master’s degree in Letteratura Inglese all’Università del Michigan e in seguito prosegue gli studi (senza tuttavia portarli a termine) all’Università della California – Berkeley. Esordisce nella narrativa nel 1969 con la raccolta di racconti Going Places ed in seguito pubblica altre quattro raccolte, alcuni saggi, un memoir e due romanzi tra i quali si ricorda The Men’s Club nel 1981, finalista al National Book Award per la narrativa, tradotto due volte in italiano e trasposto in pellicola nel 1986.

A cura di Barbara Aversa 

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