Nadifa Mohamed
Traduttore: Silvia Castoldi
Editore: Fazi
Genere: Biografia
Pagine: 360
Anno edizione: 2025

Sinossi. Cardiff, 1952. Mahmood Mattan, un giovane marinaio somalo, è disoccupato e si è sistemato in una stanza presso un affittacamere di infima categoria: la moglie Laura – gallese, bianca – non vuole più averlo tra i piedi se non si decide a rigare dritto. Mahmood, però, non intende rinunciare ai suoi figli, a cui è molto legato, né alla sua donna e per provvedere a loro va avanti a piccoli furti e scommesse: ha un carattere orgoglioso, testardo, riottoso, ma è fiero delle sue origini e della sua storia; è analfabeta, ma è un poliglotta e un uomo d’esperienza. Tutto cambia, per lui, quando Violet Volacki, una negoziante ebrea della zona, viene brutalmente assassinata, e la famiglia offre una ricompensa di duecento sterline a chiunque fornisca elementi validi per trovare il colpevole. All’inizio Mahmood è convinto di poter ignorare le voci che cominciano a circolare su di lui: sarà pure un giocatore d’azzardo e un ladruncolo, ma non è un assassino. È un padre, è forte della sua innocenza e ha fiducia nella giustizia. Con l’avvicinarsi del processo, però, la sua prospettiva cambia, e il giovane uomo si trova a dover lottare strenuamente per la sua vita, con tutte le carte contro di lui: un’indagine scadente, un sistema legale disumano e un razzismo pervasivo e radicato nella società. All’ombra del cappio del boia, Mahmood inizierà a rendersi conto che anche la verità potrebbe non essere sufficiente a salvarlo. In questo romanzo potentissimo, meritatamente incluso nella rosa dei finalisti al Booker Prize, Nadifa Mohamed ricostruisce con grande cura la vera storia di Mahmood Mattan, l’ultima persona a essere giustiziata per impiccagione a Cardiff e la prima a essere riabilitata dopo che, nel 1998, fu dichiarato vittima di un caso di malagiustizia.
Recensione
di
Ilaria Bagnati
Quella di Mahmood è la storia di tanti neri accusati di un crimine solo per il colore della pelle. L’uomo è senz’altro un ladruncolo, un uomo che preferisce “guadagnarsi da vivere” con le scommesse e i furti ma questo non lo fa di certo un assassino.
Quando l’ebrea Violet Volacki viene uccisa nel suo negozio iniziano a circolare delle voci sul fatto che l’assassino sia somalo. La polizia sente i pareri di molti abitanti del posto e dopo l’offerta di una ricompensa da parte della famiglia di Violet, quelli che vogliono parlare aumentano a dismisura.
La polizia conosce già Mahmood per le sue malefatte quindi è facile puntare il dito su di lui. Inizialmente l’uomo crede di poter riuscire a dimostrare la sua innocenza ma con il tempo si rende conto che tutto è contro di lui e il tempo scorre inesorabile.
In cella Mahmood ha modo di pensare alla sua terra natia, alla sua famiglia di origine, ai suoi figli, a sua moglie Laura e alla fede alla quale si riavvicina.
L’autrice ha riportato alla luce la vera storia di un uomo accusato ingiustamente che è stato impiccato e poi riabilitato dopo anni dalla sua morte. Questa storia fa arrabbiare, indignare, parla di razzismo, di integrazione e di emigrazione.
Ci sono tutti gli elementi per un libro che colpisce nel segno, che si fa amare e difficilmente dimenticare. Mahmood seppur con tutti i suoi difetti si fa voler bene, dalla famiglia, dagli amici, dai secondini e dai lettori. E’ un uomo di mondo, analfabeta ma conoscitore della vita.
Ringrazio Mohamed per averci fatto conoscere questa storia, ci ha fatto un grande regalo.
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Nadifa Mohamed
scrittrice somala naturalizzata britannica, è nata nel 1981 a Hargheisa e nel 1986 si è trasferita con la famiglia in Inghilterra, dove ha terminato gli studi storico-politici a Oxford. Giornalista per «The Guardian», ha esordito nella narrativa nel 2009 con Mamba Boy, con cui ha vinto il Betty Trask Award. Nel 2013 è stata annoverata tra i trentanove scrittori africani più promettenti sotto i quarant’anni, figurando nella raccolta Africa39, e nel 2018 è entrata nella Royal Society of Literature. I gentiluomini di fortuna, il suo terzo romanzo, è stato finalista al Booker Prize e al Costa Book Award ed è stato incluso tra i migliori libri dell’anno da «The Guardian», «The New York Times» e «The New Yorker».
A cura di Ilaria Bagnati