di Bobby March
Recensione di Laura Salvadori
Autore: Alan Parks
Editore: Bompiani
Traduzione: Marco Drago
Genere: thriller
Pagine: 400
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Glasgow, luglio 1973. Bobby March, rockstar in declino dopo un lampo di gloria con i Rolling Stones, viene trovato morto in una camera d’albergo, la siringa nel braccio. Alice Kelly, tredici anni, è scomparsa. Il caso viene affidato all’ispettore Harry McCoy, incaricato anche di ritrovare un’altra ragazzina, Laura, nipote dell’ispettore capo Murray, in apparenza fuggita di casa. Le indagini si rivelano più fumose del previsto. Districando un groviglio di intrighi e menzogne, l’ispettore McCoy, affiancato dal fido Wattie, lotta contro il tempo per trovare Alice e Laura. Ma chi è il colpevole quando i colpevoli sono troppi? Come si può accusare qualcuno se nessuno sembra innocente? E dove sono finiti gli appunti musicali su cui Bobby March contava per tornare alla ribalta? In una Glasgow più nera dei suoi crimini un altro caso per il tormentato ispettore McCoy, tra grande musica e un disperato bisogno di umanità.
RECENSIONE
Ho dovuto aspettare 9 mesi per poter incontrare nuovamente l’ispettore Harry McCoy! Una lunghissima attesa che è stata ricompensata con l’enorme soddisfazione di ritrovare, intatte, le atmosfere maledette ed elettrizzanti degli anni ’70, l’odore stantio dei pub scozzesi, il luccichio del whisky nei bicchieri, l’appeal cattivo dell’eroina, la corruzione, la povertà, il disintegrarsi dei valori familiari, la sensazione che tutto è permesso e che tutto si risolverà da sé.
Alan Parks ha una penna magica, capace di viaggiare nel tempo e nello spazio. Capace di catapultare il lettore in quel tempo e in quel preciso spazio solo con l’uso delle parole.
Le sue pagine sono un vortice che risucchia il lettore dentro la storia e lo tiene in scacco stordendolo con i suoi odori e abbagliandolo con le sue luci. Il suo modo di scrivere, di utilizzare le parole come se fossero ingredienti di un incantesimo, quella sua sottile ironia, la capacità di evocare con disarmante facilità lo spirito e il modo di essere dei suoi personaggi è, a mio avviso, un incredibile dono! Alan Parks usa la penna come se fosse un serpente incantatore. La usa come fosse un aspersorio di odori, suoni e sensazioni.
Impossibile non innamorarsi del suo protagonista, Harry McCoy!
Un uomo che la vita ha già temprato trasformandolo in un baluardo di legalità in un ambiente in cui la corruzione imperversa. Harry conosce la vita e conosce la solitudine, la miseria, l’abbandono, il disincanto.
Segnato da un’infanzia difficile ma cullato dal legame fortissimo che ha con Steven Cooper, suo amico d’infanzia e di soprusi che vive al di fuori della legalità, McCoy ha scelto la legalità come nemesi della sua esistenza. McCoy conosce gli infiniti aspetti che fanno dell’uomo un buono o un cattivo. McCoy sa riconoscere il confine tra il bene e il male, tra lecito e illecito. Anche quando sguazza nelle acque limacciose del male, sa come tirarsene fuori. Eppure sa respirare nel mare dell’illegalità, sa nuotarci, sa rimanere a galla. E quando le acque si fanno più buie e gelide, sa come uscirne. Sa come dirigersi verso le acque più pure e cristalline, rimanendo esso stesso puro e integro.
Questa sua abilità è un asso della manica per Harry. Perché Harry sa perfettamente come muoversi tra spacciatori, corrotti, ricattatori, magnaccia e riesce sempre a risolvere anche i casi più complessi. E non solo: sa benissimo come toccare corruzione, lerciume e malvagità senza sporcarsi mai.
In questo nuovo romanzo Harry si trova a dover lavorare ad alcuni casi di rapine in banca, relegato ad un ruolo secondario da Raeburn, poliziotto corrotto e amorale che gli ha sottratto anche il supporto di Wattie, il suo partner, che da novellino che era, si sta facendo le ossa come poliziotto.
Il caso del momento, la scomparsa di Alice Kelly, non lo deve riguardare, così come la morte, sospetta, di Bobby March, un cantante che ha visto giorni migliori e che stava cercando di tornare alla ribalta.
Ma poiché il mondo è piccolo, McCoy finisce per essere coinvolto in entrambe le vicende e utilizzerà la sua proverbiale sagacia per risolverle entrambe.
La trama è ampia e si dirama in tante direzioni. Non c’è un solo caso ma ci sono, invece, molte vicende che vanno ad intrecciarsi e molti personaggi, la maggior parte già conosciuti, che interpretano il loro ruolo nel romanzo. Leggendo non si corre mai il rischio di rimanere invischiati in un unico caso. Al contrario, si ha la netta sensazione di poter vagare piacevolmente lungo le strade di Glasgow, muovendosi a piacimento tra le varie storie, tutte importanti e tutte necessarie alla trama. La storia fa respirare il lettore a pieni polmoni. Non ci si annoia, al contrario, si partecipa attivamente a tutte le varie vicende.
Apprezzo molto quest’ultimo aspetto. E’ una dote tipica dei grandi narratori, quella di non circoscrivere il proprio racconto alla storia principale. Ed è anche la garanzia che una serie sarà seguita fino alla fine con rinnovato entusiasmo.
In questo terzo capitolo troveremo un McCoy più maturo, più saggio e meno impulsivo. Un McCoy che sembra aver messo da parte gli artigli della vendetta, che mette a nudo la sua capacità di protezione verso Steven Cooper, caduto nelle spire della più abbietta dipendenza e che rischia di vedere compromessa la sua reputazione di duro e spietato malavitoso. Un McCoy che accetta di aiutare il suo capo Murray nella risoluzione di una faccenda familiare scabrosa, in modo non ufficiale, mettendo a repentaglio la propria carriera e la propria integrità.
Insomma, è palese che Harry McCoy sia un gran personaggio! La sua vita così ingarbugliata, il suo passato tenebroso e dolente, i suoi affetti, così stravaganti, particolari e fuori dal comune, il suo ambiente, pittoresco, poliedrico, fuori dalle righe, anticonformista, border-line! Tutto in lui grida passione, tutto in lui cattura curiosità, affezione, empatia, persino amore!
Immutata, invece, sarà l’ambientazione! Ritroveremo la sfuggente e tentacolare Glasgow degli anni 70, con le sue atmosfere di piombo, abbacinata dalle droghe che contaminano tutto ciò che trovano, dell’esaltazione e della trasgressione tipica di chi si sente intoccabile. Glasgow, umida e malavitosa, in cui l’eroina inizia la sua implacabile ascesa a corrompere e deviare una e più generazioni di giovani, in cui i cattivi sono davvero cattivi senza scrupoli, in cui il sangue è sangue, senza mezzi termini e niente è censurato né edulcorato. Glasgow, in cui si muore in un attimo, senza un rimando, senza scusa, a volte anche senza un motivo apparente. In cui i valori si disintegrano e dove si inseguono sogni effimeri e contaminati.
Ancora una volta, dunque, sono qui a gridare a gran voce la straordinarietà dell’opera di Alan Parks.
Inutile che confessi la mia dipendenza dalle sue storie, ormai lo avrete capito chiaramente!
Quindi, che il tempo scorra veloce verso la quarta puntata, verso un aprile che ormai è vicino!
Alan Parks
Alan Parks è nato in Scozia e ha lavorato per oltre vent’anni nel mondo della musica. Vive a Glasgow. Per Bompiani ha pubblicato “Gennaio di sangue”, suo romanzo d’esordio che ha ottenuto un enorme successo di critica, e “Il figlio di febbraio”. Il suo nuovo romanzo è “L’ultima canzone di Bobby March”, terzo episodio della saga che ha come protagonista l’ispettore Harry McCoy.
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