Il nome della madre




Recensione di  Sara Pisaneschi


Autore: Roberto Camurri

Editore: NN Editore

Genere: narrativa

Pagine: 176

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Da quando sua moglie se n’è andata senza dare spiegazioni, Sergio vive da solo con il figlio piccolo a Fabbrico, nel cuore della pianura padana. L’assenza della moglie popola la mente di Sergio, che oscilla tra i teneri ricordi di lei, donna imperscrutabile e feroce, e gli sforzi furiosi di dimenticarla. Anni dopo sarà il figlio Giulio a ereditare questo vuoto, in perenne conflitto col padre e con Fabbrico, desideroso di amare ma incapace di abbandonarsi alle emozioni. Con una lingua sincera e appassionata, dopo A misura d’uomo Roberto Camurri torna con un romanzo che parla di famiglia e relazioni, di sentimenti espressi a fatica e spesso condivisi in silenzio, ma che palpitano sotto la pelle dei personaggi, guidandoli alla ricerca del loro posto nel mondo.

Recensione

Mi ha sempre stupito sentir dire che una madre decide di andarsene lasciando non solo il marito ma anche i figli. È una cosa che non potrei mai fare, che non potrei sopportare.

È quello che accade a Ettore e al figlio Pietro. Un giorno lei se ne va, senza dare spiegazioni, senza salutare. Un giorno c’è e poi non c’è più. Ettore non è più lo stesso. Lui che è sempre stato di poche parole, si ritrova da solo a crescere un figlio con cui dovrà parlare, giocare, a cui dovrà spiegare il mondo. Si rimbocca le maniche e affronta come meglio può l’ignoto, rappresentato dai bisogni e dagli occhi di suo figlio, occhi così simili a quelli della madre da farlo stare male. Occhi che fanno riaffiorare sempre nuovi ricordi e alcuni grandi rimpianti.

Ad aiutarlo ci sono Livio ed Ester, i suoceri che mai si lasciano sfuggire una parola sulla figlia lontana, che hanno fatto sparire da casa tutte le foto che la ritraggono. Neanche loro sono riusciti a trattenerla.

Erano così felici… ma lo erano veramente?

Di lei Ettore ricorda benissimo il profumo, la presenza, le mani, sentirla cantare sotto la doccia, quella camicia da notte che aveva l’ultima volta che l’ha vista e che lui stesso le aveva regalato. Passerà mai quel dolore?

Il ritmo è molto incalzante e ci troviamo presto a conoscere un Pietro già bambino che guarda con ammirazione quel padre presente ma lontano. Lo guarda lavorare e sogna un giorno di essere come lui. I suoi modi un po’ bruschi, i gesti spicci. Non sa com’è crescere con una madre, eppure ne sente lo stesso la mancanza.

Perché non capisce le sgridate che a volte Ettore gli riserva. Come quella volta che si è adoperato tanto per fargli il caffè e arrivava a malapena al fornello. Era un gesto per fargli capire il suo amore e Ettore lo ha trattato male dicendo, con rabbia, di non farlo mai più.

Un modo forse sbagliato per dire “ho paura che ti succeda qualcosa.Non voglio che anche tu mi lasci”.

Un rapporto difficile. Una sorta di amore/odio, entrambi fortissimi, che li investe, che spinge Pietro a fuggire dal paese di Fabbrico verso la grande città dove nessuno ti conosce, dove puoi essere solo chi vuoi senza essere giudicato o etichettato.

Troppi i non detti, i sentimenti taciuti e inespressi. Parole che rimangono  solo a metà. Quel nome tra loro mai pronunciato, il nome della madre.

Vorrebbe raccontargli quello che è successo, chiedergli come si chiama quello che sente nella pancia, avere il coraggio di abbracciarlo, vorrebbe dirgli che ha bisogno del suo aiuto.

Sarebbe stato meglio mi avessi abbandonato tu, gli dice.”

Due uomini che sembrano sempre alla ricerca di qualcosa. Forse di risposte o, magari, del loro posto nel mondo.

Poi arriva il momento anche di Pietro di essere padre e la storia sembra ricominciare da capo.
Ettore e Pietro sono poi così diversi come hanno sempre pensato?

Un romanzo serrato che non permette di riprendere fiato fino alla fine, quasi ti investe. Di certo ti cattura. Molto bella la scrittura di Roberto Camurri. È incisiva, precisa e molto intensa. Ha la capacità di far scaturire emozioni con pochi tratti di penna, in pochissime righe. Camurri non giudica mai i suoi personaggi, semplicemente ce li racconta.

“Questo libro è per chi batte le mani per vedere le piume verdi di un fagiano che si alza in volo, per chi si lascia cullare da una Canzone quasi d’amore, per chi non teme lo sguardo penetrante della strega di Fabbrico, e per chi ha creduto di desiderare un futuro incerto, ma poi è rimasto a contemplare l’orizzonte di nuvola che segna il confine della sua pianura.”

Roberto Camurri


Roberto Camurri è nato nel 1982, undici giorni dopo la finale dei Mondiali a Madrid. Vive a Parma ma è di Fabbrico, un paese triste e magnifico di cui è innamorato forse perchè è riuscito a scappare. È sposato con Francesca e hanno una figlia. Lavora con i matti e crede ci sia un motivo, ma non vuole sapere quale. Scrive da pochi anni, anche se avrebbe voluto scrivere da sempre. Nel 2018, il suo libro d’esordio, A misura d’uomo, ha vinto il Premio Pop e il Premio Procida. È stato tradotto in Olanda ed è in corso di traduzione in Spagna. Il nome della madre è il suo secondo romanzo.

 

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