Mercato nero




Recensione di Cristina Bruno


Autore: Gian Mauro Costa

Editore: Sellerio

Genere: poliziesco

Pagine: 272

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. A Ballarò, il vasto quartiere popolare del centro storico di Palermo, una notte, nel pieno della movida, un proiettile colpisce alla testa un giovane uomo che cade di schianto. È Ernesto Altavilla, di una famiglia molto ricca dell’aristocrazia. Il modo di vita e le caratteristiche del personaggio non sembrano adatti a spiegare l’omicidio: un proiettile vagante, uno scambio di persona o il vero obiettivo raggiunto? Ballarò è un palcoscenico dalle varie scenografie. Ha i molti volti della comunità multietnica che ci vive integrata, quasi ricordando l’antica capitale siciliana che mescolava popoli. Di giorno è l’enorme mercato dove si trova ogni merce e persona, legale e illegale. Di notte cambia un’altra volta e diventa l’anima di una vita notturna eccitante e confusa. Il capo della Omicidi gira ad Angela Mazzola, agente semplice, l’incarico di infiltrarsi nei segreti di Ballarò. La scusa è la competenza vinaiola della ragazza, ma la poliziotta sa benissimo che la ragione è un’altra. Angela, bella e piena di vita, attrae gli uomini come una calamita. Però, e anche i capi cominciano a scoprirlo, ha l’istinto, la curiosità, la capacità di ricordare particolari dimenticati che poi potrà unire ad altri elementi per profilare un indizio, una pista da battere. È insomma una «sbirra» nata. Inoltre, la sua origine da una famiglia povera le dà quel desiderio di affermarsi con il lavoro. Lei nota sui muri del quartiere uno strano simbolo che l’ha già incuriosita in qualche altro posto, in un’altra città. Un’ascia nera. Cos’è l’Ascia nera: una setta, una banda criminale, una rete di club? Angela aggancia un giovane nigeriano, il primo anello della lunga catena che la porterà dentro le viscere del quartiere. Dove si trovano sfruttamento, disperazione, alleanze tra vecchia e nuova criminalità, ma anche voglia di una vita degna, Ma è qui che bisogna cercare la verità?

Recensione. Angela Mazzola è una giovane agente di polizia di Palermo. Lavora nella sezione antirapine e si fa notare per il suo fiuto e le sue abilità investigative e per di più è anche carina. Mentre è in ferie a Torino, per stare vicina al fratello e alla cognata che hanno appena avuto un figlio, viene richiamata di corsa a Palermo. La sezione omicidi ha bisogno di lei riguardo a una strana morte avvenuta a Ballarò, il popolare quartiere cittadino.

Ernesto Altavilla, rampollo dell’aristocrazia palermitana, è stato ucciso con un colpo di pistola nel bel mezzo della folla e le ragioni non sono affatto chiare, potrebbe essere stato un errore, o forse no… Angela è incaricata di indagare con discrezione infiltrandosi tra i festaioli sorseggiando buon vino, visto che possiede un diploma di degustatrice ed è anche una bella ragazza. In poco tempo fa amicizia con Jamal, un giovane cameriere nigeriano, che la conduce passo dopo passo sulla traccia giusta e le mostra l’aspetto più tragico dell’immigrazione clandestina.

Naturalmente non tutto è come sembra e l’indagine dovrà in parallelo battere strade diverse, inoltrandosi nei segreti della nobiltà siciliana da un lato e nei pericolosi traffici della mafia nigeriana dall’altro.

L’ambientazione in terra di Sicilia non è una novità per un poliziesco, eppure Costa riesce a dare freschezza e originalità alla narrazione. La sua protagonista è giovane, schietta, decisa. Nata in un quartiere popolare ha faticato prima per studiare e poi arrivare al lavoro che ama e che la coinvolge a trecentosessanta gradi. Tutti i personaggi sono credibili, compresa Stella il fedele labrador, e il mondo attorno ad Angela è solidamente costruito.

L’argomento affrontato non è facile e l’autore illustra in modo chiaro tutti gli interessi che ruotano attorno al fenomeno migratorio. L’accoglienza, spesso solo di facciata, e la mancata integrazione degli immigrati li consegnano nelle mani di gruppi mafiosi che li sfruttano per le loro attività criminali, dalla droga alla prostituzione.

Si affaccia così il tema della mafia nigeriana, nata forse inizialmente per “proteggere” gli aderenti al gruppo e poi diventata un’organizzazione criminale indipendente in grado di dettare le proprie condizioni anche alla potente mafia locale. Come in una setta c’è un’affiliazione con prove da superare e una fedeltà assoluta da rispettare, pena la morte. Non sono ammessi errori e chi tenta di uscire dal gruppo ha vita breve.

Credo che l’importanza del testo risieda nel far riflettere il lettore su cosa significhino le due parole accoglienza e integrazione. Non basta accettare passivamente l’arrivo di migliaia di persone in fuga da guerra e miseria.

Bisogna dar loro la possibilità di imparare la lingua, di lavorare onestamente e di integrarsi nel tessuto sociale. Quando qualcuno di questi fattori viene a mancare, il rischio che gruppi criminali ne approfittino è molto alto.

Il compito delle Istituzioni dovrebbe essere proprio quello di vigilare e di fare in modo che chi arriva sia tutelato e seguito fino al suo completo inserimento nella società, per togliere qualsiasi appiglio al passaggio di donne e uomini disperati al lato oscuro.

 

Gian Mauro Costa


è nato e vive a Palermo, dove lavora. Giornalista de «L’Ora» e adesso della Rai, ha pubblicato con Sellerio Yesterday (2001), Il libro di legno (finalista al Premio Scerbanenco 2010), primo romanzo con protagonista Enzo Baiamonte, cui sono seguiti Festa di piazza (2012) e L’ultima scommessa (2014), e Stella o croce (2018).

 

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