I riti dell’acqua





Recensione di Loredana Cescutti


Autore: Eva G. Sàenz de Urturi

Traduzione: Paola Olivieri

Editore: Piemme

Genere: Thriller

Pagine: 495 p., R

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Ana Belén Liaño, la prima ragazza di Unai López de Ayala, ispettore e profiler del commissariato di Vitoria, viene trovata assassinata nel Tunnel di San Adrián, parte del noto Cammino di Santiago, nei Paesi Baschi. La donna è stata appesa con una corda ai piedi e affogata, immersa in un calderone di bronzo, un reperto sottratto probabilmente a un museo. Unai e la collega Estíbalizscoprono che Ana Belén era incinta e che è stata giustiziata secondo un antico rituale celtico risalente a oltre duemila anni fa: la Tripla Morte celtica. Dopo aver consultato alcuni esperti, gli ispettori del commissariato di Vitoria capiscono di trovarsi davanti all’operato di un assassino seriale che uccide le sue vittime in luoghi di culto della mitologia celtica, collegati tra loro dai cosiddetti “riti dell’acqua”, e situati nei Paesi Baschi e nella confinante regione di Cantabria. Un filo rosso unisce le vittime: sono donne e uomini che stavano per diventare genitori. Quando Unaiscopre che la vicecommissaria Díaz de Salvatierra è incinta, e il figlio potrebbe essere suo, capisce che anche lui è probabilmente nella lista dell’assassino. Riuscirà Unai a spezzare quella catena di violenza durata millenni?

Qui finisce la tua caccia, qui comincia la mia. E per qualche istante credetti di essere tornato me stesso, l’ispettore Ayala, non un pallido riflesso del suo riflesso: avevo un lavoro che mi assorbiva e una nuova ossessione che seppelliva le mie mancanze e i traumi che si stavano accumulando.”

Recensione

Dopo aver rimandato la conoscenza di quest’autrice per più di un anno, ad agosto, presa da questa mia improvvisa passione per i thriller spagnoli, finalmente mi sono decisa e ho letto “Il silenzio della città bianca”, primo capitolo della trilogia omonima.

La lettura si è rivelata da subito folgorante, avvincente, ricca di storia e geografia di luoghi a me sconosciuti, ma che grazie all’abilità dell’autrice, mi sono divenuti subito familiari.

Ritornare quindi a Vitoria, a distanza di poco più di un mese è stato un enorme piacere, anche perché dopo aver terminato il primo libro, le mie domande non avevano avuto ancora risposta a tutto e il finale mi aveva lasciata in apprensione.

Per non parlare poi dei due personaggi di punta, cioè l’ispettore profiler Ayala e l’ispettrice ed esperta in vittimologia Gauna. Entrambi molto bravi nel loro lavoro e allo stesso modo, ambedue con una personalità borderline per motivi diversi. Lei con tendenze di abuso di sostante a causa dei vissuti in famiglia, lui estremamente competente ma allo stesso tempo, talmente attratto dal buio da rischiare costantemente, nel tentativo di entrare nella mente dei serial killer, di lasciarsi assorbire e non riuscire più a uscirne.

Come nel precedente romanzo la storia non da via di scampo, non si risparmia su nulla, non concede un attimo per riambientarsi in questa splendida città, non ti permette di guardarti attorno per sognare e ammirare le piazze, le vie, le strutture che la compongono.

Non ti il tempo di riprendere fiato da ciò che da qualche mese si è concluso, lasciando strascichi profondi nell’intera comunità, e cicatrici ancora sanguinanti, dentro e fuori, da chi è stato colpito da vicino dai fatti di agosto.

Tante morti.

Nuove morti.

Scenari agghiaccianti.

Riti spaventosi.

E ancora una volta Unai ed Estibaliz, uniti più che mai e con motivazioni ancora più profonde per entrambi.

Prima però, ci sono dei problemi tangibili da risolvere, o almeno da aggirare e smussare, oltre al bisogno di trovare la volontà di farlo, perché altrimenti a nulla si potrà giungere e soprattutto, niente si potrà concludere.

Passarono meno di dieci secondi e il suo corpo scivolò di fronte a me.

E quella vista, le sue braccia, il tronco, le gambe alla mercé della tempesta bastarono a rompere la diga eretta mesi prima nel mio cervello.

«Tu no!»

È sufficiente però la motivazione, la molla, la scintilla che si trasforma in una fiamma ardente, il segnale che non tutto è perduto ma che per poterlo riottenere, bisognerà anche dare.

Impegno, perseveranza e grande volontà.

Questa storia ti gela, perché Urturi si è dimostrata molto più dura che nel precedente libro a mio avviso, e non parlo solo di delitti ma di ciò che sta a monte e sul quale lei, come spiega nelle pagine finali, in questo modo, voleva sollevare l’attenzione su un tema che solo a pensarci fa male e, che è più reale e diffuso di quanto si pensi.

Un’indagine difficile, poiché per ogni passo avanti di Unai, ne vedremo molti indietro nei suoi ricordi. Pezzi di immagini e fatti che non perdonano e non gli lasceranno il tempo di metabolizzare ciò che ha tentato di dimenticare. Essere costretto a ripercorrere certi angoli remoti della sua memoria, nel tentativo di riportare a galla ciò che da semplice ragazzo non aveva ben interpretato, ma che adesso assume i contorni di un qualcosa di straziante e impensabile.

Fummo quattro prede e tre cacciatori…”

Ayala però dovrà riuscire ad arrivare in fondo a tutto ciò, perché potrebbe essere l’unico modo per ridarsi un’opportunità nel poter affrontare un nuovo futuro.

Per farlo, sarà necessario riuscire a mantenere lucidità, senza perdere mai di vista l’obiettivo lasciandosi abbagliare da falsi indizi e false prove e comunque, potrebbe non bastare.

Il killer è spietato, è una macchina nata per fare del male e togliere la vita, a cui la pietà e la coscienza sono state sottratte durante l’età dell’innocenza e adesso, oramai, non c’è più nulla che potrebbe in qualche modo fermarlo.

Come potrebbe mai trovare qualcosa chi non vuol vedere quello che ha davanti agli occhi?”

Come stanare qualcuno che non vuole essere visto?

In realtà la risposta è semplice, ovvero è impossibile, soprattutto se lasciamo che i nostri occhi vengano attratti da tutt’altro e che, la nostra mente, sia soggiogata dai ricordi di un passato confuso.

Anche in questo frangente l’autrice si è dimostrata più che all’altezza creando un intreccio con una corposa parte thriller farcita da triste attualità e, egregiamente accompagnata dalla descrizione di paesaggi accattivanti, ricchi di storia e presentati come dei quadri imperdibili.

La scrittura scorre e si presenta a noi con la stessa potenza di un fiume in piena, che travolge tutto e tutti, fino a condurci alle battute finali di questo magnifico romanzo. Non ci sarà pietà per nessuno, e anche in questo libro, come nel precedente, Urturi riuscirà a dimostrare che nessuno è sempreveramente colpevole, ma anche che nessuno è completamente innocente.

Al termine, si rivelerà tutto una mera questione di prospettiva. Il problema più grande, però, sarà, almeno per il profiler di Vitoria, riuscire a venire a patti con sé stesso e accettare di non aver potutoagire diversamente nel suo passato.

Urturi ci è andata giù duro di nuovo, ma la storia si legge con piacere e anche con una certa dose di avidità, perché è lei stessa che riesce a tenera desta la tua attenzione in modo subdolo, mettendoti di fronte ad una serie di fatti, di frammenti, di briciole di ricordi, di ambiguità che finiscono per distrarti come è accaduto di fatto anche a Unai.

Giungere alla fine, equivarrà a raggiungere l’obiettivo. Quale sia, lo lascio però scoprire a voi.

Certo è che arrivati a questo punto, l’attesa per poter leggere il libro conclusivo di questa trilogia, si preannuncerà una grande prova. O almeno lo sarà per me, che in tema di libri, la pazienza non so proprio cosa sia.

A volte non vediamo la parola intera, ma una parte è sufficiente per assumere un proprio significato…”

Buona lettura!

 

 

Eva G. Sáenz de Urturi


nata a Vitoria nel 1972, ha fatto il suo ingresso nel mondo della letteratura con La saga de los longevos, un vero e proprio fenomeno editoriale (autopubblicata su Amazon, è subito diventata best seller) che ha avuto grande fortuna anche negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Australia. Nel 2016 ha pubblicato Il silenzio della città bianca, il primo thriller ambientato nella città basca di Vitoria, best seller che diventerà anche un film prodotto da A3Media Films.

 

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