Recensione di Priscilla D’Angelo
Autore: Susan Allott
Traduzione: Ilaria Katerinov
Editore: Harper Collins
Genere: Thriller
Pagine: 352 p., brossura
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Londra, 1997. Nel cuore della notte Isla Green viene svegliata da una telefonata. È suo padre, dall’Australia. È stato appena accusato dell’omicidio di una donna, la loro ex vicina di casa, scomparsa da molti anni. Ed è stato proprio lui a vederla viva per l’ultima volta. Sydney, 1967. In un tranquillo sobborgo di Sydney, fatto di villette a schiera, giardini curati e bianche staccionate, due coppie vivono vicine. Louisa e Joe, che sono recentemente arrivati dall’Inghilterra con la loro bambina di quattro anni, Isla. E Mandy e Steve, che di mestiere fa il poliziotto. Sembrano felici, giovani e spensierati, ma in realtà non tutto è come appare. Louisa è disperatamente nostalgica e vorrebbe tornare a Londra. Mandy ha il terrore di rimanere incinta e di diventare madre. Steve, che invece vorrebbe moltissimo un figlio, è distrutto dal nuovo compito affidatogli dalla polizia: strappare bambini aborigeni dalle loro famiglie, per inserirli in un programma statale di reinserimento sociale. Ogni giorno, ognuno di loro racconta una piccola bugia, destinata a costruire un fragile castello, pronto a crollare al minimo soffio di vento… Sono passati trent’anni da allora, ma sotto le ceneri di quel castello covano ancora le fiamme di molti altri segreti che solo Isla può scoprire. Segreti sul male di cui possono essere vittime gli innocenti ma anche le persone più amate. Squarciare quel velo di silenzio è l’unica strada per salvare il padre, ma la verità potrebbe essere più dolorosa del previsto.
Recensione
La storia si sviluppa su due piani temporali distinti: il 1997, l’anno in cui Isla torna a casa dai genitori a Sydney, e il 1967, l’anno della scomparsa improvvisa di Mandy, vicina di casa di Isla.
Protagonista e collante delle storyline è Isla Green, la quale ha trascorso la prima parte della sua vita nell’afosa e accogliente Australia per poi trasferirsi nella fredda e malinconica Londra per lavoro.
Nel 1967 viveva coi suoi genitori in una villetta affacciata alla spiaggia e la sua migliore amica/seconda mamma era Mandy, una donna in apparenza pacifica ma dall’animo irrequieto.
Mandy, infatti, custodiva una moltitudine di segreti riguardanti la paura di essere madre, la certezza di non provare più amore per suo marito e, infine, il lavoro del marito Steve.
Nemmeno Steve gioiva del suo lavoro “sporco” da poliziotto: il suo furgone verde attirava sguardi non proprio benevoli, e i bambini ne avevano una gran paura perché temevano di essere rapiti.
In effetti, la storia era verosimile: per ordine del suo superiore, Steve strappava dalle mani delle famiglie aborigene i neonati per portarli nelle case di accoglienza e assistenza minorile.
Giorno dopo giorno, bambino dopo bambino, l’identità di Steve andava sgretolandosi, non riconoscendo più se stesso e sentendosi sporco, cattivo, senza cuore. La frustrazione e la depressione si scagliavano contro la povera Mandy, costretta a rincuorarlo ma senza un briciolo di compassione.
Saranno stati i troppi segreti o l’impossibilità di custodire tale fardello a spingere Mandy a fuggire senza avvisare nessuno?
Trent’anni dopo, Isla ritorna in Australia per difendere il padre, Joe, dalle accuse rivolte contro di lui, per essere stato l’ultimo a vedere Mandy viva.
La giovane donna, seppur a malincuore, si ritrova così a ripercorrere il suo passato, a ripescare tasselli di un puzzle sgretolato e malridotto che è la sua vita, alla ricerca della verità sulla sua famiglia e sulla donna scomparsa.
Una vita migliore non è solo thriller: il caso di scomparsa di Mandy fa da cornice ad un dramma puramente familiare. Nessuna famiglia è perfetta, si sa.
Ognuno custodisce segreti, chi per proteggere il nucleo familiare chi per proteggere la propria identità. Ogni persona della storia possiede un porto sicuro in un mare burrascoso che è la vita: chi fugge dal paese tanto disprezzato; chi intreccia una relazione extraconiugale; chi rifugia i propri dolori nel partner, o nell’alcool; chi preferisce schioccare le dita e ricostruirsi una nuova vita, forse più dolce o con quell’amaro sempre in bocca.
Consiglio il libro per la potenza del racconto e la bellezza dei luoghi ben descritti dall’autrice.
Susan Allott
Susan Allott scrive: “…Non ho detto a nessun altro che volevo diventare uno scrittore per un decennio o due. Quindi ho studiato per una laurea in inglese alla Leeds University e poi per un master in Media & Communication Studies al Goldsmiths College. Durante quegli anni accademici, non una parola di scrittura creativa è stata prodotta nel mio tempo libero. Avevo poco più di trent’anni, tornato a Londra dopo un periodo vissuto in Australia, quando ho deciso che non potevo più rimandare. Mi sono iscritta a un corso per corrispondenza “iniziare a scrivere”, culminato in un racconto su una donna di nome Louisa e sua figlia, Isla. È stato scritto dal punto di vista di Isla, mentre guardava sua madre che preparava una valigia e si chiedeva dove stesse andando e se l’avrebbe lasciata indietro. Ricordo che il mio tutor suggerì che avrebbe beneficiato di un più forte senso del luogo … Passarono altri dieci anni prima che quella scena fosse integrata nel romanzo che divenne Il silenzio. Diversi anni prima che il romanzo fosse acquistato da Harper Collins. Il che mi porta ad oggi, a vivere a Londra con mio marito australiano e i nostri figli. Sto scrivendo a tempo pieno in questi giorni, lavorando al mio secondo libro e promuovendo il mio debutto. Valeva la pena aspettare tutto.”.
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