Recensione di Francesca Mogavero
Autore: Claire Evans
Editore: Neri Pozza
Traduzione: Massimo Ortelio
Pagine: 368
Genere: Giallo/Noir
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Londra, 1882. Conosciuto come «il paladino degli innocenti», l’avvocato Cage Lackmann non ha mai perso una causa, nemmeno quando si è trattato di difendere i peggiori tagliagole. L’arte teatrale, del resto, così come l’inganno e la simulazione, ce le ha nel sangue: sua madre, HonorDossett, è una consumata attrice. Ora, però, la carriera di Cage Lackmann rischia di essere travolta da uno scandalo che scuote la buona società londinese. Cinque anni prima, Cage ha difeso con successo Moses Pickering, accusato di uno di quegli omicidi spettacolari che sono la delizia dei quotidiani: il figlio quindicenne dell’abbiente famiglia Crewler, presso cui Pickering alloggiava, era stato trovato vestito da donna, violentato e strangolato. In realtà, l’accusa non aveva in mano niente contro il gentile e sofisticato Moses Pickering. Certo, Moses si trovava in quella casa la sera in cui il ragazzo era stato ucciso, ma erano presenti anche il fratello maggiore della vittima e l’intera servitù. A far cadere il sospetto su di lui erano stati solo e unicamente i suoi modi effeminati. Il caso vuole, però, che a un tiro di sasso dalla casa di Cage, in una delle strade più pericolose di Whitechapel, cinque anni dopo il caso Crewler, venga rinvenuto il corpo di un altro ragazzo vestito da donna e strangolato. Gli indizi sembrano condurre nuovamente a Pickering, svanito nel nulla proprio il giorno dell’omicidio. Incalzato dall’ispettore Jack Cross, più che mai intenzionato a smascherarlo come il peggior bugiardo che abbia mai calcato le aule di un tribunale, l’infallibile avvocato deve trovare Pickeringal più presto e provare a salvarlo per la seconda volta con una delle sue magie. Tra false piste, intuizioni geniali e un’indagine dal ritmo serrato, l’autrice della Quattordicesima lettera ritorna con un avvincente thriller che trasporta il lettore nelle incantevoli, oscure atmosfere della Londra vittoriana.
Recensione
Non c’è poesia a Whitechapel.
Nel giro di pochi minuti la neve si trasforma in fango, e non basta una vita intera per liberarsi di una macchia, vera o immaginaria che sia.
Sogni e corpi sono in vendita, non sempre al miglior offerente, e per cedere l’anima al diavolo la firma non è necessaria.
Si nasce e si muore nella nebbia, a Whitechapel, per gli abbracci e le carezze meglio bussare altrove.
Non stupisce che proprio qui, nal 1888, Jack lo Squartatore abbia trovato il campo ideale per seminare terrore e falciare esistenze e illusioni.
Eppure, nel 1882, a Whitechapel, la poesia, quella vera, fatta di parole che suonano e immagini che cantano, riesce a levare la testa, a sfavillare come una cappella bianca contro un cielo nerissimo. Anche nella luce abbacinante, però, si celano le ombre, così anche i versi, come Amore, Gioia, Speranza e Rimembranza, periscono all’improvviso e trovano una sepoltura affrettata.
Baxter Spring, quindici anni e animo delicato, è morto. Strangolato, truccato e vestito da donna come Nathaniel Crewler, secondogenito di una ricca famiglia di importatori di sete orientali, ucciso cinque anni prima.
Cage Lackmann, avvocato, “paladino degli innocenti”, bugiardo e scontento burattino nelle mani della criminalità, si ritrova a difendere per la seconda volta il presunto omicida, Moses Pickering, illustratore timido dallo sguardo acuto e lungimirante. In palio non solo la credibilità e le ossa, ma anche il miraggio che la vera giustizia possa fare un’eccezione e trionfare e i morti (e i vivi) trovarpace.
Cage scava, stabilisce connessioni azzardate, agita le acque, cammina, ora più che mai, sul filo del rasoio e della legalità: il caso, che lo riporta al cospetto di una passione mai sopita e di una colpa lontana e bruciante, diventa espiazione, in un gioco in cui vittime, colpevoli, guardie e giustizieri si confondono e la verità rischia di accecare.
Questa volta Lackmann – detto anche “il Poeta di Whitechapel” visti i suoi trascorsi letterari e la capacità affabulatoria – difensore suo malgrado di ladri e assassini, ma giudice inflessibile di se stesso, andrà fino in fondo, a costo di perdersi del tutto e di lasciar andare la possibilità di una nuova esistenza, a costo di veder calare l’amore in una fossa senza ritorno.
Ne Le tombe di Whitechapel di Claire Evans la trama conta, è ovvio, ed è ben costruita e avvincente, ma emerge soprattutto il ritratto fedele – come una fotografia – di un quartiere e di un’epoca, il viaggio di un eroe che non si percepisce come tale, anzi; un eroe che forse ha peccato, magari ricevendo forti incentivi dal mondo, e di certo si punisce, condannandosi a precipitare sempre più in basso e soffocare… Ma basta un lampo di poesia, una voce spezzata, per rimettere tutto in discussione, raccogliere i cocci e ricostruire su basi diverse. O quantomeno tentare.
Un romanzo giallo-noir dal gusto vittoriano, una ricostruzione precisa di uno scorcio di secolo, un tuffo multisensoriale in una Londra che sa di fuliggine e vino scadente, di parrucche e cipria da teatranti, di terra umida, vapore e piaceri proibiti.
A cura di Francesca Mogavero
Claire Evans
ha lavorato per oltre vent’anni alla BBC prima di dedicarsi esclusivamente alla scrittura. La quattordicesima lettera, il suo primo romanzo, ha ottenuto un grande successo di pubblico e di critica al suo apparire in Inghilterra.
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