Recensione di Francesca Mogavero
Autore: Becky Sharp
Editore: Mondadori
Pagine: 368
Genere: Mistery / Noir
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. È una pace di cristallo quella che avvolge Torvez, il paesino arroccato sulla montagna a picco sopra il lago. Una pace da brividi, pensa Ophélie. Ha seguito Pierre, rassegnata a trascorrere un anno nel luogo in cui è cresciuto prima di diventare uno stimato accademico e trasferirsi a Parigi. Ma a Torvez le maschere cadono in fretta: come per riflesso, quel reticolo di vicoli segreti inizia a generare tensione anche nel loro collaudato matrimonio. E poi accade l’impensabile: una notte Gerda, la ragazza della malga, si presenta nel giardino di Ophélie del tutto fuori di senno e con le mani imbrattate di sangue. Poco dopo la polizia trova sua madre barbaramente uccisa, secondo un rituale che rievoca la leggenda dell’Uomo Selvatico, il mostro spaventoso e mitologico che abita la tradizione di quei luoghi. Dʼistinto, Ophélie decide di farsi paladina dell’innocenza della ragazza. Insieme a un improvvisato detective è determinata a scoprire la verità, suscitando la reticenza, i sospetti e la contrarietà di Pierre e della sua strana cerchia di amici. Via via che si addentra nel mistero, l’ombra del mostro sembra attrarla a sé: è lei che lo cerca o lui la sta trovando? E perché, sotto sotto, sente di comprenderlo? Un passato silenzioso ha voglia di urlare la sua verità allontanandola sempre più da chi dovrebbe proteggerla.
Recensione
Certi luoghi ti entrano dentro. Con i loro odori, il verde dei boschi e il blu acciaio del lago, l’intonaco sgretolato delle case, i sapori tipici e le leggende. E i segreti. Quelli che si perdono nelle estati dell’adolescenza, sepolti dal tempo, dalla memoria e dal silenzio degli alberi, assieme a primi amori, risate e crudeltà condivise.
Certi luoghi ci scavano un posto nell’anima e lì restano, come una bestia acciambellata in letargo, ma basta un sorso di nostalgia, il miraggio del ritorno perché quella creatura si risvegli, graffiando e scalpitando.
È quello che succede a Pierre, l’accademico “illuminista” con una brillante carriera a Parigi, che, giunto dopo anni di assenza al paese natio, in Trentino, torna a essere Piero, a masticare il dialetto come se fosse il piatto preferito, a incantarsi, forse come non mai, di fronte allo spettacolo della natura e dei vicoli senza tempo.
Ophélie, la moglie parigina, stramba e “bamboleggiante” (così la definisce), che ha sostituto le sigarette con le bolle di sapone, lo vede cambiare da un giorno all’altro, come un licantropo sotto l’influsso del plenilunio, come un principe (dalla testa di dimensioni “ragguardevoli”) prigioniero di un incantesimo. O come qualcuno che ha tenuto nascosto qualcosa troppo a lungo.
“Ma tu sei tu?” chiede Ophélie all’uomo che al suo fianco – anzi, un passo sempre avanti, a dirigere e portare l’aquilone dove vuole – da vent’anni; lo chiede agli amici di infanzia di Piero, “affabili da un lato, maschere di carne indecifrabili dall’altro”; e lo chiede a se stessa, tormentata da incubi più simili a visioni (o suggestioni, dice Pierre), dubbi e voglia di capire, ricostruire.
Quando Ilse, gestrice della malga inaridita e incattivita dalla vita, viene brutalmente uccisa, “la parigina” è l’unica a schierarsi dalla parte di Gerda, giovane figlia della vittima, dando il via a un’indagine parallela che mescola cronaca e antropologia, realtà e sogni, favole ed esorcismi, l’uomo di città e l’Uomo Selvaggio, “re della notte” che canta assieme ai cavalli e alle mandrie.
A mano a mano che il pericolo si avvicina (“Tic tac tic toc le tue mani presto avrò…”) e altro sangue irrora la terra, il cerchio si stringe sempre più attorno a Piero e ai suoi compagni di gioventù: una casualità, un conto in sospeso? Di chi fidarsi?
Toccherà alla “fatina”, alla donna “scappata fuori da un libro di fiabe” far luce sulla vicenda, anche a costo di perdersi nel buio o di inghiottire, far proprie quelle ombre… Imparando che il lupo, a volte, non è più pericoloso del cacciatore, ma sceglie e accoglie il proprio essere, rispondendo alla voce del vento e al pianto ragliante della luna.
Cuore di lupo di Becky Sharp – pseudonimo che già romanzo di per sé – è un mistery-noir originale e scorrevole, che spariglia le carte e pone di fronte, sempre in lotta e sempre frementi di attrazionereciproca, innocenza e colpa, raziocinio e apertura all’Altro, tenerezza e ferocia.
A cura di Francesca Mogavero
Becky Sharp
Becky Sharp, filosofa di formazione, è traduttrice, autrice e copywriter. Vive e lavora dove le capita. Ha pubblicato per Marcos y Marcos Penelope Poirot fa la cosa giusta, Penelope Poirot e il male inglese, Penelope Poirot e l’ora blu.
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