A cura di Marina Toniolo
Autore: Stephanie Wrobel
Traduzione: Donatella Rizzati
Editore: Fazi Editore
Genere: thriller
Pagine: 350
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Una madre che non dimentica. Una figlia che non perdona. Un gioco molto pericoloso. Durante i primi diciotto anni della sua vita, Rose Gold Watts ha creduto di essere gravemente malata: era allergica a qualsiasi cosa, era costretta a portare una parrucca, si spostava utilizzando una sedia a rotelle. Nonostante il sostegno della piccola comunità di Deadwick, che ha organizzato raccolte fondi e offerto spalle su cui piangere, nonostante tutti i medici consultati, gli esami effettuati e gli interventi subiti, nessuno è mai riuscito a capire cosa non andasse in lei. Fino al terribile giorno in cui è emersa la verità più spaventosa: era tutta una messinscena architettata dalla madre. Dopo aver scontato cinque anni di prigione per abuso di minore, Patty Watts non ha un posto dove andare e implora sua figlia di accoglierla. I vicini non l’hanno perdonata e sono scioccati quando Rose Gold accetta. Patty insiste, non vuole altro che una riconciliazione, ha perdonato la sua piccola cara che l’ha tradita testimoniando al processo contro di lei. Ma la ragazza conosce sua madre: Patty Watts non è una che lascia correre. Sfortunatamente per lei, Rose Gold non è più una bambina indifesa, ed è da molto tempo che aspetta questo momento È l’ora della resa dei conti: sarà un duello spietato, combattuto a colpi di bugie e condotto da due abilissime manipolatrici.
RECENSIONE
“I figli non dovrebbero preoccuparsi. Perché è questo che fanno le madri. Proteggono i figli dalle verità più dure per tenerli al sicuro. Prendiamo i colpi perché loro non possano sentire il dolore”.
Volevamo stupirvi con effetti speciali in questo libro di esordio e ci siamo riusciti!
La Wrobel ci prende per mano e ci accompagna a vivere una storia terribile e dissacrante. Miseria e abusi, rancori, manipolazioni, bugie, ironia: gli ingredienti ci sono tutti per entrare nel mondo di Patty e Rose Gold.
La trama è semplice e lineare, le menti delle protagoniste meno; ma non c’è nulla di tortuoso nella lettura, bisogna solo addentrarsi in una storia di vecchi abusi e di riscatto da parte di Patty, madre single che dedica la sua vita alla figlia salvo poi rinfacciarglielo ad ogni occasione.
Rose Gold sembra soffrire di un “difetto cromosomico” che altro non è che un semplice raffreddore. Ma l’occasione è buona per ottenere dagli abitanti di Deadwick solidarietà, comprensione e aiuto economico.
Et voilà il gioco è fatto. La povera bambina subirà abusi di ogni tipo fino ai 17 anni quando denuncerà la madre. E Patty sconterà 5 anni in prigione durante i quali medita vendetta. Ma Rose è cresciuta e ripagherà la madre con il suo stesso gioco coinvolgendo l’ignara popolazione di Deadwick.
Sapevo dell’esistenza della sindrome di Münchausen per procura ma mai avevo letto un libro che riguardasse questo argomento. E qui, con una sorte di leggerezza come a voler sorvolare lievemente sopra i maltrattamenti della madre, ho capito veramente il come e il perché.
Penso che l’amore malato sia una grande piaga del nostro tempo; le persone molte volte si sentono onnipotenti sostituendosi a Dio (per chi ci crede). Non ci sono compassione e empatia, solo egoismo nella forma più pura. E Rose Gold da immatura qual è pur adulta, cercherà la sua vendetta e il riscatto attraverso l’unico modo che conosce. E’ una donna dura quella che emerge, capace di manipolare pure lei pur preservando coscienza e dignità.
Non è una scusante la mancanza di amore nell’infanzia: bisogna affrontare i propri mostri affinché si mostrino e non incutano più terrore. Solo così si è capaci di crescere e di cercare il meglio da ciò che ci circonda e di allontanare ciò che ci fa stare male o ci ruba tempo ed energia.
Un primo romanzo esaltante che mi ha costretto ad un grosso lavoro di ricerca sulla sindrome di Münchausenper procura e che mi lascia enorme soddisfazione.
LE AMBIENTAZIONI
Leggere questo libro è come intraprendere un labirinto a spirale, mano a mano che il centro si avvicina si ha la sensazione di restringersi fino al centro, dove si esplode in fuochi d’artificio.
Rose Gold e sua madre Patty abitano nella cittadina inventata di Deadwick, Illinois, nel nord degli Stati Uniti. Ci troviamo in una comunità prevalentemente agricola, con piccoli centri e chilometri di campi di granturco. Null’altro a spezzare la monotonia del paesaggio. E’ un luogo che viene definito marrone: non cresce nulla in quel posto sia per troppa neve o per la mancanza di pioggia. C’è una Main Street che divide la parte vecchia, con case fatiscenti, abbandonate e vecchie, dalla parte nuova con palazzine e villette a schiera. Non esiste nemmeno una piazza e gli avvenimenti importanti della comunità sono trasferiti nei parcheggi del centro commerciale – quello sì che è immancabile!
Non ci sono punti di aggregazione ne’ per i giovani ne’ per gli adulti; solo la chiesa con la religione fungono da collante. Dalla parte vecchia si svolta in Apple Street che, come il nome suggerisce, è bordata di alberi. La strada non è curata e c’è un guardrail dove finisce il sobborgo. Lì sorge la vecchia casa dei Watts: un piccolo ranch a un solo piano con un terreno attorno. Come tantissime case americane è anonima, scialba ma ben tenuta. Gli interni non hanno nulla di particolare come se, a differenza di noi italiani che amiamo attorniarci di buon gusto, dimostrassero che le cose belle non hanno motivo di essere ammirate.
Deadwick è un paese vecchio ormai, ci sono pochi bambini che corrono sulle biciclette o sugli skateboard; non c’è speranza, ne’ vivacità ne’ ambizione che anima la popolazione. Solo file e file di case in declino con proprietari altrettanti decadenti. Fin dagli anni 70 gli abitanti si sono mantenuti stabili intorno alle 4000 anime, abbastanza pochi per sapere sempre di vista chi avevi di fronte e riconoscere i figli. I nuovi arrivati venivano notati e, generalmente, considerati benvenuti. Il tipico posto dove non chiudi a chiave la porta di casa e porti al tuo vicino la torta di ben arrivato.
Il padre di Rose Gold abita a Fairfield, Colorado: è un’altra cittadina inventata che va in contrapposizione alla miseria fisica e spirituale di Deadwick. Possiamo notare una sua versione più raffinata: case più grandi, prati più verdi. Famiglie più unite. Sono abitazioni da televisione: strutture di mattoni a 2 piani solide e ben tenute, non volgari. Questo dimostra, come in tutti i posti, una predisposizione alla cura e al buon vivere.
Ma l’ambientazione più importante e terrificante è la mente di Patty. Una donna che soffre della sindrome di Műnchausen per procura. È una rara malattia psichiatrica e comportamentale, per effetto della quale i soggetti colpiti provocano sintomi(o semplicemente li inventano) a carico delle persone dipendenti dalle loro cure; il tutto al solo scopo di attirare l’attenzione. È riscontrata con maggiore frequenza nelle madri di bambini di età inferiore ai 6 anni. Le precise cause sono ancora poco chiare e l’insorgenza può essere imputabile a un’infanzia particolarmente travagliata, lo stress o qualche disturbo della personalità.
L’esempio tipico di sindrome di Műnchausen per procura è quello delle madri che, per mettersi al centro dell’attenzione come “persona che presta le cure a qualcun altro”, provocano volontariamente dei sintomi nei propri figli, diventando a tutti gli effetti la causa del cattivo stato di salute di quest’ultimi. Non è solo una malattia psico-comportamentale, ma costituisce una forma di abuso perseguibile per legge. Secondo la Cleveland Clinic – un rinomato centro medico accademico statunitense – almeno 1000 dei 2,5 milioni di casi di abuso minorile, negli Stati Uniti, sono connessi al fenomeno della sindrome di Műnchausenper procura.
Per fare della sua “vittima” un malato più o meno reale e mettersi al centro dell’attenzione, l’individuo con la sindrome adotta alcuni comportamenti tipici che sono: enfatizzare un banale malessere; manipolare i risultati di un test di laboratorio della “vittima”, con l’intento di far credere che sia in atto una certa malattia; ridurre la quantità di cibo fornito alla “vittima” con l’intento di farle perdere peso e indurre uno stato di malnutrizione; intossicarla mediante ripetute somministrazioni segrete di farmaci o sostanze nocive per la salute dell’organismo umano.
A cura di Marina Toniolo
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Stephanie Wrobel
Stephanie Wrobel È cresciuta a Chicago ma vive nel Regno Unito con il marito e il cane Moose Barkwinkle. Ha conseguito un MFA presso l’Emerson College e ha pubblicato alcuni racconti su «Bellevue LiteraryReview». Prima di dedicarsi alla narrativa, ha lavorato come copywriter creativa presso varie agenzie pubblicitarie. Cara Rose Gold è il suo sorprendente esordio. Di prossima pubblicazione sempre per FaziEditore il suo secondo romanzo, This Might Hurt.
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