Recensione di Kate Ducci
Autore: Chuck Palahniuk
Traduttore: Gianni Pannofino
Editore: Mondadori
Pagine: 240
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Gates Foster ha perso sua figlia, Lucy, diciassette anni fa. Da allora non ha mai smesso di cercarla. All’improvviso, un nuovo scioccante sviluppo gli fornisce il primo indizio su quella drammatica vicenda in oltre un decennio. Questo potrebbe significare che finalmente Foster è sul punto di scoprire la terribile verità sulla sua sparizione. Nel frattempo, Mitzi Ives si è guadagnata una grande fama tra i rumoristi, gli artisti che, foggiando suoni sempre più coinvolgenti, conferiscono ai film di Hollywood la loro autenticità. Usando le stesse tecniche segrete di suo padre prima di lei, è diventata un’esperta nel settore dei suoni che si accompagnano alla violenza e all’orrore, e ora è ricercatissima nel mondo degli studios proprio per questa sua straordinaria capacità di creare urla tanto agghiaccianti da sembrare reali. Com’è inevitabile, ben presto Foster e Ives si troveranno in rotta di collisione e le conseguenze di questo fatto rischieranno di mettere a nudo tutta la terribile violenza che si nasconde sotto la facciata scintillante e apparentemente perfetta di Hollywood. L’invenzione del suono non è solo una storia magistralmente sopra le righe, ma è anche una sorprendente e inquietante riflessione sulla mercificazione della sofferenza e sul pericoloso potere dell’arte, e ci regala un Palahniuk all’apice dei suoi sinistri e affascinanti poteri di geniale stregone letterario.
Recensione
Come tutte le rivoluzionarie idee di questo capace autore, anche quelle che stanno alla base di questo riuscito romanzo appaiono forzate ma spaventosamente possibili.
L’idea di base è sempre la stessa, pur rinnovando i propri contorni per renderla ogni volta originale: fino a dove può spingersi chi soffre?
Fino a dove possiamo spingerci per sete di denaro e successo?
Probabilmente non esiste un limite reale e non ve ne è nemmeno uno morale; il limite, se ne esiste uno, sta nella forza del desiderio che ci guida.
Un padre che vuole conoscere la verità sulla scomparsa della figlia e una donna in carriera che vuole mantenere la propria posizione di successo si incontrano mossi da forze ugualmente potenti, anche se scaturite da sentimenti opposti: amore e ambizione.
Leggendo Palahniuk si ha spesso la spaventosa impressione che non vi sia distinzione tra i due potenti motori, che ogni comportamento trovi valida e spesso folle giustificazione nel contesto e nelle finalità.
Un romanzo che lascia il segno e impaurisce, perché rende ogni comportamento mosso da spaventose ma plausibili giustificazioni.
Chuck Palahniuk
Il suo nome, Palahniuk, nasce in seguito ad una visita alla tomba dei suoi due nonni di cui utilizza i nomi, Paul e Nick, da cui Paul-ha-nick, Paulhaniuck. Chuck intraprende la scrittura all’età di 6 anni. A vent’anni frequenta il corso di giornalismo all’Università pubblica dell’Oregon, e si laurea nel 1986. Durante gli studi lavora alla National Public Radio in Oregon. Si trasferisce a Portland dove lavora per un giornale locale per un breve periodo e, subito dopo, comincia a lavorare come meccanico. Durante questo periodo scriverà manuali di meccanica e collaborerà saltuariamente con dei giornali. Abbandona la carriera di giornalista nel 1988. Verso i trent’anni scrive il suo primo romanzo Invisible Monsters, una storia di apparenze, di cambiamenti d’identità, nel quale l’immagine edonistica domina la realtà, ma viene respinto dalle case editrici. Nel 1996, dopo diversi rifiuti, pubblica il suo secondo romanzo, Fight Club, dal quale David Fincher ha tratto il film che lo ha trasformato in un autore di culto. Dice di non possedere un televisore dal 1990. Fra le sue pubblicazioni, ricordiamo Soffocare (2003), Scimmia pensa scimmia fa (2006), Ninna nanna, Gang Bang, Dannazione, Cavie (2005), Sventura (2014), Romance (2016), Il libro di talbott (2019) e L’invenzione del suono (2021). In Italia le sue opere sono pubblicate da Mondadori.
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