Il grembo paterno




Recensione di Paola Iannelli


Autore: Chiara Gamberale

Editore: Feltrinelli 

Genere: Narrativa

Pagine: 224

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Nel corso di una notte fatale, che segnerà per sempre il destino di tutti, Adele, abbracciata a Frida, sua figlia, torna come in un sogno al paese di provincia dove è nata, marchiata da un soprannome, Senzaniente, che è pesato sulla sua famiglia perfino dopo che il padre, Rocco, ha sfidato la miseria e conquistato il benessere. La storia fra Adele e Nicola, il pediatra di Frida – l’uomo di cui si è innamorata e con cui l’intesa inizia a vacillare -, s’intreccia allora alla storia di Adele e suo padre, in una spola sempre più serrata fra passato e presente, dove quello che ci è stato tolto quand’eravamo bambini rischia di diventare l’unica misura di quello che chiederemo al mondo. Mentre nessuno dei personaggi indimenticabili di questo romanzo riesce a tenere stretto quello che è convinto di desiderare, l’intrinseca violenza delle relazioni si mescola alla loro intrinseca dolcezza. E una televisione sempre accesa si prende gioco dello sforzo di tutto di credere alla proprio esistenza. Chiara Gamberale, per scrivere il suo romanzo più ispirato, scende all’origine delle nostre domande sull’amore, in quella terra scoscesa dove abbiamo cominciato a essere la persona che siamo.

Recensione. I segreti sono delle verità inconfessabili, sconosciute persino a noi stessi.

Può l’amore verso un genitore condizionare l’esistenza e il prosieguo di essa?

La protagonista Adele narra in prima persona la propria vita, partendo da quella fase che lei definisce adelescenza. Un susseguirsi di pensieri, riflessioni ed elaborazioni emotive sfociano in un racconto che tende a cavalcare un ritmo sincopato.

La struttura del romanzo sottolinea il continuo altalenarsi dei conflitti interiori, che fondano le radici nei ricordi di questa giovane adolescente. Nata in una famiglia povera, grazie alla sagace astuzia delle manovre imprenditoriali paterne, affronterà una vita nuova.

La scoperta del mondo per Adele non è indolore, un’insana alchimia la lega a quel padre, che da dio si trasforma in orco, impedendole di recitare in pieno il ruolo di ragazza in fiore, recidendo i gambi dell’innocenza. Questa ferita così profonda segnerà l’anima di Adele, che soffrirà per anni di attacchi di anoressia e bulimia. Le particelle del liquido amniotico in cui veleggia la sua mente, subirà dei contraccolpi severi, dai quali lei emergerà. Decisa ad affrontare il futuro trasformerà il suo malessere interiore in energia positiva.

Ci siamo mai chiesti perché l’uomo non è destinato a contenere un feto? Il suo dono maggiore sta proprio nel contenere il seme che servirà quando troverà il nido in cui depositare il principio della vita.

Adele grassa e Adele magra si contenderanno lo scettro dell’instabilità, distruggendo il seme della nostalgia, di quel languore sentimentale che attanaglia la mente della giovane. L’idea di procreare appare come l’unica soluzione possibile per trasformarsi in altro, e donare amore incondizionato senza falsi pudori.

Centrale è la madre di Adele, che pur scoprendo i tradimenti del marito cerca in tutti i modi di resistere, aggrappandosi all’unico lembo affettivo che le resta, decidendo di assolvere il compito della moglie devota, restia a qualsivoglia cambiamento.

Dura e determinata Adele vivrà le stagioni dell’amore, concedendo il passo all’intrepida avventura dettata da una sorta d’istinto primordiale. Reduce da mille sconfitte deciderà di agire in piena autonomia e di sottoporsi all’inseminazione artificiale, dalla quale nascerà Frida.

La ricchezza materiale cede spazio a quella interiore, Adele mamma verrà al mondo, sbaragliando ogni ostile opposizione intima, colmando l’abisso del suo cuore con litri di passione.

La cornice esterna inquadra ogni racconto, rifuggendo i principi della razionalità, tutto appare fluido, come lo scorrere del tempo, della crescita, della sessualità, del parto. L’immaterialità dei pensieri si innesta nei fattori climatici che riducono lo spessore del tempo cronologico, facendo convergere eventi, persone e ricordi. Adele considera l’umidità la parete in cui ingabbia le sensazioni, un modo per arrestare la fluidità dei desideri. Persino l’atto del vomitare resuscita la capacità di espellere il male interiore, distruggendo quel senso perverso noto come Fame.

Per uscire dal circuito della bulimia/anoressia Adele seguirà un programma di recupero, dove emerge il suo segreto unito al desiderio di concedersi un regalo. Sceglie di diventare madre per rigenerare la sua fisicità interiore, riducendo al minimo la condivisione e ricostruendo sé stessa partendo dalle basi solide della purezza di una nuova vita.

In un giorno emblematico, come quello del confinamento forzato nelle proprie abitazioni, l’urlo di Adele prende corpo e lancia un sonoro acuto capace di scuotere le fondamenta su cui poggia l’animo.

A cura di Paola Iannelli

https://paolaiannelli.it/

 

Chiara Gamberale


Chiara Gamberale è nata nel 1977 a Roma, dove vive. Partita come giovanissima speaker radiofonica, ha collaborato con «Il Giornale» e nel 1996 ha vinto il Premio di giovane critica Grinzane Cavour, promosso da «La Repubblica».
Ha esordito nel 1999 con Una vita sottile (Marsilio, premio Opera prima Orient-Express, Un libro per l’estate e Librai di Padova), seguito da Color Lucciola (Marsilio 2001), Arrivano i pagliacci (Bompiani 2002), La zona cieca (Bompiani 2008, premio selezione Campiello), Le luci nelle case degli altri (Mondadori,

 

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