Recensione di Loredana Cescutti
Autore: Wilkie Collins
Traduzione: Marina Rinaldi
Editore: Fazi
Genere: Giallo
Pagine: 571 p., R
Anno di pubblicazione: 2016
Sinossi. La pietra di Luna, prezioso e antico diamante giallo originario dell’India, dopo una serie di avventurose vicissitudini sopportate nel corso dei secoli, giunge in Inghilterra e viene donata a una giovane nobildonna di nome Rachel Verinder nel giorno del suo diciottesimo compleanno. Il gioiello, di valore inestimabile, scompare in circostanze misteriose quella notte stessa e un famoso investigatore, il sergente Cuff, viene incaricato di ritrovarlo. L’indagine, per quanto accurata, non porta ad alcun risultato e causa, anzi, sgomento e confusione sia tra i membri della famiglia Verinder che nella servitù. Il romanzo, in cui tutti i personaggi sono apparentemente innocenti ma allo stesso tempo possibili colpevoli, si sviluppa seguendo le sorti della pietra di Luna, in un groviglio di eventi drammatici raccontati, di volta in volta, dai diversi protagonisti. A fare da sfondo a questo giallo così magistralmente costruito c’è una romantica storia d’amore che, insieme alla suspense e alla curiosità, tiene il lettore avidamente inchiodato al libro dalla prima all’ultima pagina.
Recensione
“Tu sei la vittima, e io sono la vittima, di qualche gigantesca allucinazione che ha indossato la maschera della verità.”
Come un anno fa quando ho letto per la prima volta “La donna in bianco”, Collins non mi ha delusa e anzi, ha dimostrato la sua duttilità e flessibilità nel passare, anzi, nell’assumere il ruolo di un personaggio piuttosto che un altro, uomo o donna che sia.
Ogni racconto un personaggio e, ogni personaggio una costruzione psicologica e caratteriale, oltre che fisica, che stupisce il lettore il quale, finisce per dimenticare Collins l’autore, nel momento in cui legge un racconto firmato da un noioso quanto prolisso maggiordomo, piuttosto che la lettera scritta da una predicatrice zitella e bigotta, che non vede nel suo futuro il nulla assoluto se non le cifre corrispondenti alle anime convertite.
A fare da collante a questa storia la misteriosa scomparsa del diamante Pietra di luna, che terrà in scacco un bel po’ di persone, creando malintesi a non finire, diffidenze, invidie e metterà seriamente a rischio la vita di talune figure.
La sfilata di personaggi che di volta in volta ci racconteranno lo svolgimento dei fatti dal loro punto di vista, sarà di molto aiuto per poter giungere, anche se in modo rocambolesco, nelle pagine finali, ad una reale conclusione.
I personaggi, come dicevo prima, sono stati tutti creati magnificamente. La giovane Lady Verinder, dal carattere irascibile e insopportabile (a fin di bene), la predicatrice sua cugina, una persona da tenere assolutamente alla larga nella vita reale, e potrei andare avanti all’infinito ma, colui che per me, nel suo noioso e pedante servile maschilismo, mi è risultato particolarmente simpatico è stato sicuramente il maggiordomo.
Alla fine, poverino, non lo faceva apposta, è così e nulla lo avrebbe fatto cambiare ma nonostante tutto, la sua lealtà nei confronti dei padroni e di Robinson Crusoe rimarrà tale senza mai incrinarsi fino alla fine.
Giunta a questo punto non posso salutarvi, se non usando le parole di quest’uomo così particolare:
“Con la narrazione di queste straordinarie circostanze, la mia ricomparsa in queste pagine finisce. E che nessuno rida all’insolito aneddoto qui narrato. Potete farlo come vi pare riguardo a qualsiasi altra cosa io abbia scritto. Ma quando scrivo di Robinson Crusoe, per Giove, è una cosa seria e deve essere considerata in modo tale!
E con questo ho detto tutto. Signore e signori, mi inchino e chiudo … (La recensione)
Buona lettura!
Wilkie Collins
considerato il padre del genere poliziesco, Wilkie Collins, figlio del pittore di paesaggi William Collins, nacque a Londra l’8 gennaio 1824. Dopo aver cercato senza successo di intraprendere una carriera commerciale, studiò legge e nel 1851 ottenne l’abilitazione all’avvocatura. Non praticò però mai la professione legale e utilizzò la conoscenza del crimine nei suoi scritti. Oltre alla passione per la scrittura, coltivò anche quella per la pittura, ed espose le sue opere alla Royal Academy in una mostra nell’estate del 1849. Nel 1852 conobbe Charles Dickens, con il quale iniziò una duratura amicizia. Autore particolarmente prolifico, scrisse venticinque romanzi, più di cinquanta racconti, numerose opere teatrali. Dedicò la sua prima opera al padre, morto nel 1847, “Memoirs of the Life of William Collins”, edita l’anno successivo. Pubblicò poi due romanzi: “Antonina” nel 1850 e “Basil” nel 1852. Il primo romanzo maturo risale al 1860: “La donna in bianco”, complicatissimo romanzo a tinte forti ispiratogli da un fatto personale realmente accaduto e improntato agli influssi balzachiani. Il suo capolavoro fu però “La pietra di Luna”, del 1868, appassionante romanzo raccontato a più voci in cui si narra di un prezioso gioiello andato perso e dell’onore di una ragazza che rischia di essere macchiato. Fra gli altri suoi romanzi si ricordano: “Senza nome”, “La Legge e la Signora”, “Armadale”, “Il fiume della colpa”, “La veste nera”, “Uomo e donna” e “Foglie Cadute”. A partire dal 1870, anno della morte di Dickens, la fama di Collins cominciò a scemare, iniziò a soffrire di artrite, finì col diventare dipendente dall’oppio, sviluppò una sindrome paranoica che lo portò a credere di essere sempre accompagnato dal suo alter ego. Non si sposò mai, ma intrattenne relazioni durature con due diverse donne: la vedova Caroline Graves, conosciuta nel 1958 e con la quale convisse per molti anni, e Martha Rudd, con la quale ebbe tre figli. Morì il 23 settembre 1889 e venne seppellito al Kensal Green Cemetery.
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