Recensione di Chiara Forlani
Autore: Eva Mozes Kor, Lisa Rojany Buccieri
Traduzione: Tessa Bernardi
Editore: Newton Compton Editori
Genere: Storia contemporanea
Pagine: 160
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. Una storia vera. Le due sorelle deportate a soli dieci anni nel più terribile campo di sterminio e miracolosamente sopravvissute Nell’estate del 1944, Eva Mozes Kor giunse ad Auschwitz con la sua famiglia. I genitori e le due sorelle maggiori furono subito mandati alle camere a gas, mentre Eva e la sua gemella, Miriam, vennero affidate alle cure dell’uomo che è passato alla storia come l’Angelo della morte: il dottor Josef Mengele. Eva e Miriam avevano solo dieci anni. Nonostante ai gemelli fosse concesso, all’interno del campo, il “privilegio” di conservare i propri vestiti e i capelli, non venivano loro risparmiati i più atroci esperimenti. Sottoposti ogni giorno a procedure mediche mostruose, moltissimi di loro non sopravvissero. In un racconto crudo, che tratteggia in modo semplice quali erano le condizioni di vita nel più brutale campo di sterminio della storia, l’autrice offre la testimonianza di una bambina che si trova a fronteggiare il vero volto del male. Eva Mozes Kor ha dedicato tutta la vita a tener vivo il ricordo dell’Olocausto, lavorando al tempo stesso per trasmettere un messaggio di pace e perdono che, anche di fronte all’orrore, rappresenta il tesoro più prezioso da conservare.
Recensione
“Un giorno il nostro libro di matematica ci presentò il seguente problema: “Se hai cinque ebrei e ne uccidi tre, quanti ebrei ti restano?”
Questa è la prima frase del libro che mi ha colpita al cuore. Le due gemelle protagoniste del libro si trovano in Romania e i loro genitori si illudono che l’olocausto non li colpirà. Ma la storia dimostrerà il contrario.
“Le gemelle di Auschwitz” non è un romanzo, ma una storia vera. È il racconto in prima persona della vita di Eva Mozes Kor, a partire dall’infanzia, passando per i tragici anni del campo di sterminio, fino ad arrivare alla maturità, quando l’autrice è diventata una testimonial della shoah.
Dalla fattoria nella campagna rumena al ghetto e al successivo trasporto sui carri bestiame il passo è breve: le bambine vengono divise con violenza dai genitori e dalle due sorelle maggiori subito dopo l’arrivo ad Auschwitz.
“Ci allineammo una accanto all’altra sulla banchina di cemento. Mi colpì molto un odore: uno strano tanfo che non avevo mai sentito prima. Mi ricordava un po’ quello della pelle di pollo bruciata. Mentre io e Miriam restavamo aggrappate l’una all’altra, ci fecero raggiungere un gruppo di tredici coppie di gemelli che erano scese dal nostro stesso treno: ventisei bambini in totale, tutti spaventati e confusi.”
Loro erano i gemelli tanto ambiti da Mengele, il folle medico nazista che li usava per i suoi esperimenti.
Sappiamo tutti cos’è stato l’olocausto, ma leggere le parole di una sopravvissuta è un cosa diversa. Le due gemelle vengono sottoposte dal dottor Mengele a vari esperimenti, potenzialmente letali. In caso di non sopravvivenza di una delle due, sarebbe stata uccisa anche la gemella sana, per scoprire durante l’autopsia il processo di sviluppo della malattia. Oppure il medico sadico tentava di indurre nei piccoli delle mutazioni genetiche finalizzate alla cosiddetta “purezza della razza”.
“In seguito avrei appreso che il dottor Mengele voleva scoprire il segreto dei parti gemellari. Un obiettivo dei suoi esperimenti era capire come creare in laboratorio schiere di bambini biondi e con gli occhi azzurri per incrementare la popolazione tedesca. Hitler li chiamava “ariani”, i tedeschi dalla pelle chiara, biondi e con gli occhi azzurri. Loro erano la “razza superiore”, mentre noi eravamo le sue cavie da laboratorio.”
La protagonista, a differenza della sorella, reagisce fin da subito alla situazione estrema in cui è costretta a vivere.
“Che il motivo fosse quello oppure no, non mi potevo autocommiserare e non potevo compatire né Miriam né nessun altro. Non potevo vedermi come una vittima, se non volevo soccombere. Era semplice. Per me non c’era spazio per alcun pensiero eccetto la sopravvivenza.”
Le due autrici scrivono con rispetto della storia, senza mostrare risentimento o spirito di vendetta. Si tratta di una cronaca lucida e distaccata, questo la rende ancora più interessante e forse più macabra. Il testo è accompagnato da illustrazioni, fotografie e documenti d’archivio, che aiutano chi legge a inquadrare meglio il periodo e la terribile realtà storica dell’epoca.
Apprendiamo che “per studiare altre “anomalie” che si presentavano in natura e cercare di capire come evitare certe mutazioni genetiche, i soggetti delle ricerche di Mengele includevano anche i nani, le persone affette da disabilità e i rom, cioè gli zingari.”
Il racconto delle autrici procede in modo tanto lineare quanto drammatico. Le vicende narrate sono innumerevoli, ma non voglio rivelare troppo per non rovinare al lettore la scoperta degli avvenimenti presentati nel libro. La liberazione finalmente arriva, dopo mille traversie, ad opera dei soldati sovietici, e la forza d’animo della protagonista viene rafforzata dalla certezza della salvezza, sua e della sorella. L’ultima parte del libro è dedicata al difficile periodo del ritorno alla vita, senza più certezze e con troppi vuoti tra le persone care.
Nella postfazione Peggy Tierney racconta gli ultimi anni di Eva, quelli del perdono, che le ha donato la pace interiore. È stata una scelta difficile, che pochi sopravvissuti hanno condiviso con lei.
Chiudo questa recensione con le parole che mi hanno più colpito: “Ad Auschwitz era facile morire. Sopravvivere era un lavoro a tempo pieno.”
Consiglio la lettura del libro a tutti quelli che vogliono sapere com’è andata veramente, in un tempo e un luogo e di cui non si parla mai abbastanza.
A cura di Chiara Forlani
Eva Mozes Kor
Eva Mozes Kor, ebrea nata nel 1934 a Portz, in Romania. Ha perso i genitori e le due sorelle ad Auschwitz. Insieme alla gemella Miriam è stata sottoposta agli esperimenti del medico nazista Josef Mengele ed è sopravvissuta al campo di sterminio. Ha creato l’associazione CANDLES (Children of Auschwitz Nazi Deadly Lab Experiments Surbvivors), un Museo dell’Olocausto e un Centro Educativo. Da trent’anni viaggia in tutto il mondo come testimone dei crimini nazisti, insegnando l’importanza del perdono per superare i traumi personali e storici. Nel 2009 il suo libro per bambini Surviving of the Angel of Death è stato un best seller nazionale. Alla sua storia è dedicato un documentario diffuso in Italia con il titolo La donna che ha perdonato i nazisti.
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