Uno sparo nel buio




Recensione di Giorgia Usai


Autore: Vincenzo Cerracchio

Collana: Darkside

Pagine: 378

Data Pubblicazione: 2017

Roma, 1922.

Presso la Corte d’Assise si svolge il processo per l’omicidio di Bice Simonetti, il cui cadavere è stato ritrovato la mattina del 4 gennaio 1918 sul Lungotevere Marzio. L’imputato, Ignazio Mesones, figlio di un diplomatico peruviano e marito della vittima, è accusato di aver ucciso la donna con un colpo di pistola alla tempia con l’intento di simularne il suicidio. Il caso sembra piuttosto semplice da risolvere, se non fosse per l’ipotesi, sempre più plausibile, di un eclatante scambio di persona per le evidenti condizioni fisiche dell’imputato: l’uomo, da anni, è completamente cieco.

Testimonianze infervorate e perizie controverse smuovono le acque di un’indagine la cui soluzione appare sempre più difficile, ostacolata da deposizioni contraddittorie, minacce recapitate per mezzo di sgrammaticate lettere anonime, traffici di droga sotterranei e la comparsa di strane figure sulla scena.

L’esito del processo si sposta presto sui giornali, dove gli articoli di cronaca si fondono sapientemente con i pareri personali degli autori dei vari pezzi, che condannano o assolvono imputati e testimoni prima ancora che la giustizia abbia fatto il suo corso. Sullo sfondo c’è l’Italia del primo dopoguerra, l’Italia dei governi deboli e dell’incertezza politica, dei duelli d’onore e dei violenti scontri di piazza, della lotta all’analfabetismo e dei primi passi verso l’emancipazione femminile.

Vincenzo Cerracchio in “Uno sparo nel buio” ci parla di una storia vera, quella del caso giudiziario che negli anni Venti coinvolse Ignazio Mesones, fratello di Alberto Mesones, uno dei fondatori della Lazio. Partendo da tale episodio, l’autore costruisce un romanzo che ha la capacità di trascinare il lettore in un’altra epoca, tra aule di tribunale e stanze degli interrogatori.

A contribuire alla sensazione di coinvolgimento nelle vicende, è il contesto nel quale esse avvengono, ossia la Roma del primo dopoguerra: una città che, seppur malinconica e inquieta, appare splendida come sempre.
La forza di questo libro non risiede però solo in un’affascinante ambientazione e in una storia interessante, ma anche nel fatto che vi siano tanti personaggi, tutti a loro modo protagonisti perché coinvolti nel caso. Ognuno di essi è perfettamente caratterizzato, ma probabilmente le vostre simpatie si orienteranno su Diego, come è successo a me.

Il motivo è semplice: è un giornalista ficcanaso al punto giusto, che scava nel profondo in ogni questione, che non teme i potenti e le minacce, e che non si allinea al pensiero comune.

Infine, merita un’osservazione anche lo stile di Cerracchio perché è semplice e asciutto, e, trattandosi del racconto di un processo, ci si aspetterebbe una narrazione pesante, ricca di dettagli, ma non è così. L’autore ci rivela il giusto e non annoia mai.

Lettura caldamente consigliata a chi ama la storia e i casi giudiziari, ma anche ai lettori che cercano un romanzo che unisca sapientemente realtà e finzione.
 
 

Vincenzo Cerracchio


È un giornalista professionista, cronista di nera e inviato di sport del «Tempo» e del «Messaggero».