Le ricorrenze





Recensione di Davide Piras


 


Autore:
Franco Brogi Taviani

Editore: La Lepre Edizioni

Genere: Romanzo

Pagine: 304

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. La vita di una persona raccontata in venti giorni: Natali, Compleanni, Capodanni, Ferragosti. Saranno sufficienti a riassumerne il percorso? Fin dall’infanzia il protagonista, Guglielmo Aspesi, è ossessionato dalla favola La chiave d’oro dei Grimm: vorrebbe trovare lo scrigno magico che racchiude il senso della sua vita, che nella favola è irraggiungibile. Ma forse il tesoro consiste proprio nella sua ricerca. L’immagine che Guglielmo ha di sé si scompone, dando vita a molteplici personalità diverse, nonostante il filo identitario che le unisce. Lui fantastica, combatte e uccide, ama, si illude, fa carriera, si sposa, divorzia, ha una figlia che adora e un figlio che lo contrasta; ha successo, fallisce e sogna, sogna fino alla fine. Questo è l’elemento che forse maggiormente accomuna i tanti Guglielmo rispecchiati nei venti frammenti della sua vita. La storia e la politica, molto presenti in gioventù, vanno scolorendo nella maturità e nella vecchiaia, fino a diventare un indistinto rumore di fondo, ma affrescano suggestivamente il romanzo. Il sorriso, la commozione, la riflessione, modellano le venti ricorrenze scelte per raccontare il senso di una vita simile alle nostre, traversata da amori e disamori, scelte e disillusioni, tensioni e dubbi, tenerezze e asprezze, vicissitudini che spesso ci paiono senza senso. Un racconto avvincente, drammatico e poetico, che si svolge tra gli anni Venti del Novecento e l’inizio del nuovo secolo.

Recensione

È possibile riassumere in modo esaustivo l’esistenza intera di un uomo attraverso la narrazione di soli 20 giorni della sua vita?

Franco Brogi Taviani ci prova con maestria nel suo ultimo romanzo intitolato “Le Ricorrenze”.

Il regista/sceneggiatore/documentarista/scrittore ritorna su alcune tematiche ricorrenti nella sua carriera autoriale: la ricerca di un tesoro come metafora della ricerca di se stessi, la Seconda guerra mondiale, la Resistenza, il valore del tempo.

Nel suo primo lavoro dal titolo “Il Tesoro”, uscito nel 2005 per Marsilio, il protagonista Guglielmo cresce alla ricerca del tesoro di Pardo Vidas, notabile ebreo ammazzato dai nazisti, il cui fantasma aleggia all’interno del palazzo. Nella seconda opera – Porte Segrete – pubblicato nel 2015 da Gremese, Andreas e Maddalena affrontano un viaggio trasversale nel tempo e sperimentano tutte le forme dell’eros e dell’amore impersonando via via personaggi diversi all’interno delle varie epoche in cui si ritrovano.

Ne “Le Ricorrenze” Taviani sceglie di dare al protagonista il nome di Guglielmo, lo stesso del personaggio principale del suo esordio letterario. Anche questo Guglielmo ex novo, come quello de “Il Tesoro”, sviluppa la sua vita alla ricerca di un tesoro: lo scrigno intangibile descritto dai fratelli Grimm.

Guglielmo vive la sua vita, qualche giorno felice, qualche giorno triste, tanti giorni tutti uguali. Mentre viviamo, spesso il ricordo degli episodi di morte brilla più intensamente di quello dei momenti felici, ma, quando trapassiamo, la stadera romana che porta il peso della nostra vita può trovare staticità facendo una tara: l’ordinario del quotidiano viene schiacciato dall’ingombro dello straordinario; ed è proprio quello straordinario che Taviani decide di raccontare per sintetizzare la vita di Guglielmo: il Natale in famiglia ai tempi dell’infanzia, un compleanno amaro dopo un incidente sul lavoro capitato al padre Aldemaro, un Capodanno passato in mezzo alla Resistenza a combattere i fascisti, una riunione di famiglia nel giorno dei morti; altre ricorrenze nelle quali Guglielmo ama, soffre, si realizza, diventa vecchio e muore, sempre alla ricerca di quello scrigno che i fratelli Grimm gli avevano piantato nel cervello come un’ossessione.

La selezione degli episodi più significativi della vita di Guglielmo è accurata, probabilmente facilitata dalla grande esperienza cinematografica di Franco Taviani, abituato a lavorare per immagini con sceneggiature standard che non possono sfruttare i tempi dilatati della narrativa. All’interno di alcuni capitoli del romanzo ho scorto del citazionismo: “Il partigiano Johnny” di Fenoglio, Il sentiero dei nidi di ragno” di Calvino, e un più recente “Il Sale” dell’autore francese Jean-Baptiste Del Amo.

Lo stile di Taviani è aggraziato, il ritmo lento, la scrittura elegante, ricercata, ma in qualche occasione anche troppo. È bello che uno scrittore classe 1941 senza più nulla da dimostrare abbia scelto di utilizzare per intero il suo bagaglio linguistico, infischiandosene di certa letteratura al ribasso che, col suo vocabolario fatto di venti parole ripetute allo sfinimento, è uno dei motivi principali di un impoverimento culturale forse irreversibile. Detto ciò, in alcuni passaggi l’uso è esagerato, perde equilibrio, e alcuni passaggi risultano ridondanti poiché appesantiscono troppo la lettura.

Ad esempio:

Al momento dell’enunciazione della parola più orrenda della sua giaculatoria, lo schianto di un ramo carico di neve lo fa soprassaltare, terrorizzato. Subitanea la decisione di un immediato rientro a casa. Non ha trovato erba per il ciuco?”

E ancora:

Ma la signora Primetta, con grande sbatacchiamento di coperchi, continua a spignattare e non risponde, presa com’è dall’elaborazione di un’ulteriore reprimenda da propinare alla vecchia Guelfa, l’intoccabile serva storica di famiglia sempiternamente borbottante, ereditata con il matrimonio a fare il paio con la suocera.”

Continuando con:

Quella overdose di amore cangia l’acido risveglio in un sentimento di più serafica malinconia.”

Oppure:

Guglielmo bighellonava per casa in mutande e cercava di ridar vita ai due stenti nasturzi dello striminzito balconcino.”

Vale lo stesso discorso per l’uso eccessivo degli avverbi e per una tendenza all’aggettivazione, spesso ampollosi come in questi casi: fantasmagoricamente, silenzio ronzante, lambiccata scusa, volontaria uggia.

Preferibile anche la forma positiva rispetto a quella negativa che invece è preponderante. Sempre meglio sentirsi dire cosa è piuttosto che cosa non è. Costruzioni come Non disagevole convivenza” suonerebbero meglio nella forma più diretta e semplice, quella positiva, che sarebbe stata “convivenza agevole”. Con le ultime analisi tecniche non voglio togliere nulla al romanzo che rimane un’opera di valore, anche morale, e spinge il lettore a riflessioni introspettive.

Le Ricorrenze è soprattutto un romanzo sull’importanza delle relazioni, sulla potenza dei sentimenti e sulle cosenelle quali vale davvero la pena investire il proprio tempo, quel tempo raccontato da Taviani in 20 giorni, ma forse è più importante soprattutto il tempo che manca in queste pagine, tutti gli altri giorni vissuti da Guglielmo.

Chissà, magari il tempo ritrovato a cui Marcel Proust si riferiva nel soggiorno di casa Guermantes era proprio il tempo che manca nel romanzo di Taviani: quei giorni tutti uguali che ci aiutano a distinguere i giorni diversi, utili come i dolori che, se non esistessero, renderebbero meno dolci le gioie. Franco Borgi Taviani dà lo stesso valore alle parole non dette.

E da “La Recherche” ha preso la circolarità dell’opera: quello scrigno dei fratelli Grimm conosciuto durante l’infanzia, diventa per Guglielmo anche lo scrigno della vecchiaia. Eterno.

Chi può sapere se il vivere non sia morire e se il morire non sia vivere?

Euripide docet.


 

Franco Borgi Taviani


Scrittore, regista, sceneggiatore, documentarista. Ha pubblicato per Marsilio Il Tesoro, per Gremese Porte Segrete. Al suo attivo più di cinquanta titoli fra documentari, film per il cinema e per la TV. Tra i numerosi premi vinti per il cinema, scrittura, documentari: Premio Solinas, Nastro d’Argento, Osella d’Oro, Leone D’Argento a Cannes per la pubblicità. Insegna Filmmaking e recitazione in Italia, ha tenuto corsi di Filmmaking anche in numerose Università del Brasile e nelle Barbados.

 

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