Intervista a Antonio Iovane




A tu per tu con l’autore


 

Per prima cosa, grazie per la disponibilità. Sono molto emozionata per questa intervista.

Domanda scontata ma inevitabile. L’idea di un libro su Luigi Tenco come è nata? Cosa ti ha spinto a parlare di lui?

Mi ha spinto il fatto che non ci siano romanzi su una storia che più romanzesca non si potrebbe immaginare. C’è tutto, c’è il senso del fallimento, ci sono tante domande esistenziali – una per tutte: quanto siamo disposti a comprometterci per raggiungere i nostri obiettivi? – e ci sono protagonisti di immenso carisma. Per scrivere questo libro dovevo solo trovare uno stile che rispecchiasse il senso di oppressione che attraversa Luigi Tenco e il clima angoscioso del giorno dopo. Credo che, per questo, servisse una lingua fluida, ossessiva, rapida, quasi un flusso di coscienza.

Durante la lettura di Uomo solo spesso mi chiedevo, sarà stato difficile entrare nei pensieri di Luigi Tenco, i suoi ultimi pensieri… che sensazioni hai provato a mettere nero su bianco tutte quelle emozioni così forti?

Un romanzo così avrei potuto scriverlo solo col metodo Stanislavskij: immergendomi totalmente nello stato d’animo di Tenco e cercando di provare lo stesso disagio e la stessa rabbia. Occorre lasciarsi attraversare dall’angoscia e da tutte le sensazioni che percorrono chi sceglie di vivere un’avventura che non gli appartiene, come è Sanremo per Tenco.

Quanto credi siano cambiate le dinamiche e i retroscena del Festival di Sanremo?

È il mondo che è diverso, Sanremo non può che adeguarsi. Di certo non è cambiata la chiave polemica che è però il cuore dello spettacolo (al Festival del ’67 fu la contrapposizione tra giovani e matusa). Ma il ritmo, la visibilità, la centralità di Sanremo sono cambiati: nel ’67, dopo una certa ora, si interrompeva la diretta televisiva e si passava solo a quella radiofonica. Oggi quando c’è Sanremo si ferma l’Italia, è una specie di carnevale.

Il festival di Sanremo andò avanti. Un cantante in gara muore tragicamente la notte della prima serata e nulla viene interrotto. Nulla verrà detto. Cosa pensi delle non reazioni di tutti? Della freddezza dei commenti e delle scelte prese frettolosamente subito dopo?

Al Festival di Sanremo si mette in discussione la propria carriera: a questo ho pensato, mentre mi documentavo per scrivere il romanzo. Lo fa Tenco, col finale tragico che conosciamo, ma emerge anche dalle reazioni “spietate” di molti colleghi cantanti che, a causa di questa morte, vedono compromesso il loro successo sanremese. Tenco viene accusato di essere stato un vigliacco, di non avere avuto il coraggio di affrontare la vita. Sono reazioni ingenerose, ma che tradiscono quanto sia crudele il mondo dello spettacolo di cui noi, per primi, vediamo solo i sorrisi, la festa, i fiori. E invece, se scavi, scopri un mondo di lacrime.

Luigi Tenco ai giorni nostri. Il finale sarebbe stato lo stesso? È una cosa che mi sono chiesta spesso. Come pensi sarebbe andata?

Immagino che tutto sarebbe passato attraverso quel moltiplicatore di indignazione che è il mondo dei social. Il festival di Sanremo, se si fosse deciso di continuare la rassegna, sarebbe stato sommerso dalle proteste virtuali e la decisione di andare avanti, per gli organizzatori, sarebbe diventata improduttiva e impopolare. Credo che avrebbero fermato tutto: alla fine è sempre il calcolo a dettare la linea.

A nome di ThrillerNord grazie per il tuo tempo.

È stato un piacere leggerti e spero lo faranno in tanti.

 

 

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