Recensione di Laura Bambini
Autore: Ian Manook
Editore: Fazi
Traduzione: Maurizio Ferrara
Genere: narrativa
Pagine: 520
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. Ian Manook, autore della trilogia di Yeruldelgger, racconta la storia della sua famiglia scampata al genocidio armeno in un’indimenticabile saga carica di umanità e dal grande afflato epico, sulla quale soffia, furioso, il vento della Storia. 1915, non lontano da Erzerum, nell’Armenia turca: Araxie ha dieci anni quando, sotto ai suoi occhi, tre predoni curdi uccidono la madre e feriscono la sorellina Haïganouch, che perde la vista. Salvate dai miliziani armeni, le due piccole vengono ospitate dai loro parenti, ma per breve tempo: comincia infatti la deportazione degli armeni che, a Erzerum come altrove, sono costretti a rinunciare ai loro beni e ad abbandonare la loro terra. Deportate nel deserto di Deir ez-Zor e condannate a una morte atroce, le bambine riescono a salvarsi grazie a una vecchia insegnante che le prende sotto la sua ala. Quando poi un medico le compra come schiave per la figlia, le priva della libertà ma permette loro di sfuggire a una fine ineluttabile. Ma la Storia le getta ancora una volta nel caos: separate e spinte verso due capi del mondo opposti, Araxie e Haïganouch sopravvivranno alle guerre e ai tradimenti di un secolo crudele? Troveranno finalmente la pace? Muovendo dal racconto dell’infanzia della nonna, Manook tratteggia la tragica e appassionante odissea di due sorelle in fuga: uno struggente ritratto dei bambini della diaspora armena al quale fa da contorno una galleria di personaggi desiderosi di sottrarsi alla follia degli uomini.
Recensione
«Ma è un sasso!», si stupisce la piccola cieca.
«Ingannerà la fame.»
Pochi periodi sono trascurati come il genocidio degli Armeni. L’atrocità che lo caratterizza è talmente assurda che, a rileggerla ora, ci chiediamo come sia possibile e, soprattutto, perché se ne parli così poco, a differenza delle guerre mondiali. Gli anni sono quelli, eppure pochi menzionano gli Armeni.
Ian Manook ci porta dentro il Cammino della Morte, attraverso un narratore esterno che ci permette di seguire giorno per giorno (ma direi quasi ora per ora) l’intero genocidio:
dall’inizio, quando ancora non era ufficiale e dei mercenari trucidavano gli armeni divertendosi a “sfregiare” le armene – la scena iniziale è una pugnalata allo stomaco, per poi passare alle truffe e ai raggiri con cui la popolazione è stata costretta alla deportazione, ai soprusi e alla morte inesorabile di chiunque ci sia trovato in mezzo, turchi compresi.
Protagoniste della vicenda sono Araxie e Haïganouch, due sorelle che assistono alla morte della mamma per mano dei soldati turchi; la prima si salva per miracolo, l’altra rimane cieca; affidate a uno zio, pochi giorni dopo intraprendono il lungo cammino attraverso il deserto senza né cibo né acqua e vedono cadere come mosche il resto della famiglia e le loro concittadine.
Il racconto del Cammino della Morte è talmente dettagliato da essere davanti agli occhi del lettore, motivo per cui ho faticato molto ad andare avanti e sono stata costretta a scegliere dei momenti “tranquilli” della giornata per proseguire. È un romanzo che smuove, parecchio, non adatto ai deboli di cuore.
Un buon quarto del testo è dedicato al Cammino, in esso si presentano tutti i personaggi principali che faranno da cornice alle vicende delle due sorelle, che scampano alla morte grazie all’aiuto di un’anziana maestra che le prende sotto la sua ala e le vende come schiave alla figlia di un medico.
Destino poco consolatorio, ma almeno non periranno sotto i colpi dei soldati o d’inedia.
Poco dopo, le due vengono separate per una serie di motivi e le loro vite proseguono in parallelo e quasi agli antipodi nell’arco di trent’anni.
Da quel momento il romanzo subisce una svolta e diventa una grande storia familiare che attraversa due generazioni e ci mostra con dovizia di particolari la mediocrità dell’uomo medio, la banalità della guerra e il modo in cui le notizie europee giungevano filtrate.
Araxie è il personaggio più sfaccettato e interessante, insieme alla spalla Assina che mostra l’altra faccia della medaglia: il punto di vista dei vincitori, i turchi. La ragazza è la figlia di un medico che prende a cuore la causa armena, rimettendoci ben più che il lavoro, in nome della salvezza di una popolazione innocente.
Poi ci sono i soldati, ognuno con la propria storia, le proprie debolezze e i propri difetti, le cui vite, una volta imbracciate le armi, non si districheranno più le une dalle altre. – Menzione d’onore ad Agop che ogni due parole era un “lo ammazzo, ammazziamolo” che a un certo punto ti chiedi se c’è o ci fa ma gli vuoi bene lo stesso, e la cosa ancora più bella è che, nella maggior parte dei casi, aveva pure ragione.
Un romanzo completo, complesso, denso di emozioni in cui i personaggi si muovono in una coltre di atrocità e violenza rimanendo sempre umani e per questo veri.
Da leggere assolutamente.
A cura di Laura Bambini
Ian Manook
Giornalista, editore e romanziere, vive a Parigi. Ha esordito con Yeruldelgger. Morte nella steppa, primo capitolo di una trilogia con lo stesso protagonista al quale sono seguiti Yeruldelgger. Tempi selvaggi e Yeruldelgger. La morte nomade. Pluripremiato e adorato dai lettori e dalla critica, Yeruldelgger è un vero e proprio fenomeno. Fazi Editore ha pubblicato anche i romanzi Mato Grosso, Heimaey e Askja.
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