A PROPOSITO DI MIA FIGLIA
Autore: Kim Hye-Jin
Traduzione: Lia Iovenitti
Editore: Mondadori
Genere: narrativa straniera
Pagine: 115
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. In una torrida estate, nel cuore di Seoul, una madre vede ritornare a casa la figlia trentenne: da anni ormai il loro rapporto si riduce a una cena settimanale dove, dietro ciotole fumanti di udon, si nasconde un’infinità di cose non dette. La madre, vedova e infermiera, conduce una vita modesta, accompagnata dal terrore della vecchiaia, di cui Jen, una donna malata di Alzheimer presso la casa di riposo dove lavora, è simbolo e vittima al tempo stesso. La figlia, invece, si presenta in casa con la sua compagna e una carriera universitaria bruscamente interrotta a causa del suo coinvolgimento nella difesa di due colleghe omosessuali discriminate all’interno del campus. Sua madre è completamente impreparata ad accoglierle, schiacciata tra l’immagine di famiglia tradizionale a cui ha dedicato l’intera esistenza e gli ideali per cui lotta la figlia, in nome di un cambiamento necessario ma per lei impossibile da accettare. Un muro di incomprensione, rabbia e freddezza le circonda, entrambe vittime di pregiudizi di una società che teme chi è diverso, chi lotta per migliorare le cose. Dopo Han Kang e Cho Nam-joo, la nuova scoperta letteraria della Corea del Sud, Kim Hye-jin, scandaglia con immensa sensibilità le inquietudini di una generazione che si oppone ostinatamente all’autodeterminazione dei figli, mostrando lo scontro tra due visioni del mondo in apparenza inconciliabili. Una storia che insegna la forza dell’empatia, la complessa accettazione della diversità, la possibilità di un’altra idea di famiglia. Un romanzo che si confronta con le nostre paure più universali offrendo come antidoto la forza dell’amore in tutte le sue forme e sfumature.
Recensione di Laura Salvadori
Questo libricino (sono poco più di 100 pagine) non dice niente di nuovo, niente che già non sapessimo. Lo scontro tra due generazioni, la tradizione da in lato e le nuove visioni del mondo dall’altro. Chiusura contro inclusione. Famiglia tradizionale contro nuove frontiere dell’amore e dello stare insieme.
Eppure la narrazione, condotta in prima persona dall’anziana madre, è un lampo che scuote le coscienze. Uno schiocco sonorissimo che rompe il silenzio e produce un’eco lunghissima e vibrante.
Difficile per me prendere posizione. Sia la madre che la figlia hanno visioni che ho accolto a piene mani. Il loro dolore, la difficoltà di capire il modo di vivere dell’altra, il suo punto di vista, sono rese dall’autrice in modo magistrale.
La dissonanza che vivono entrambe, a causa della convivenza forzata, è vivida, reale e del tutto comprensibile. Il valore aggiunto di questo romanzo è proprio la capacità che ha di rendere plausibile anche il punto di vista dell’anziana madre, una donna per la quale non esiste altro modo di vivere se non quello del matrimonio e dei figli, di un lavoro sicuro, una posizione solida e della certezza di poter far parte del meccanismo della vita.
Sia figlia invece è uscita clamorosamente dal seminato. Senza nascondersi, anzi mettendosi in prima linea e provocando nella madre sentimenti che assomigliano in tutto e per tutto alla vergogna.
La madre pensa di non meritarsi questa gogna sociale; la figlia vorrebbe che sua madre capisse i suoi desideri profondi, la appoggiasse e per amor suo provasse a sfidare gli stereotipi che invece la imprigionano e rischiano di allontanarla per sempre dalla figlia.
Il romanzo è condotto con un linguaggio molto semplice, quello della madre, una persona modesta, che a fatica riesce a sopravvivere e che è costretta a lavorare nonostante l’età avanzata. Una donna intrappolata nella solitudine, che desidera in cuor suo una vita più piena e che ha la chiarezza di vedere la propria vita che si incammina verso il declino e l’isolamento, proprio come Jen, un’anziana donna affetta dal Alzhaimer che accudisce e che raffigura il fallimento della propria vita, ormai incasellata in un tunnel di sconforto e incomprensione. Eppure, nonostante queste consapevolezze, la donna non sa come accettare il modo di vivere della figlia, che vorrebbe cancellare a plasmare in modo da non procurargli dolore. La sessualità della figlia viene da lei vissuta come un tradimento. Un destino che non si è meritata, visti i sacrifici che ha fatto per tirarla su come si deve.
Una montagna invalicabile, un fiume profondo e impetuoso sembra dividere madre e figlia per sempre, come se l’amore fallisse miseramente davanti alla necessità di incasellarsi.
Eppure una falla si dovrà aprire in quegli argini, perché l’amore, in fondo, deve essere più forte della vergogna.
Questo romanzo è una lettura profonda e complessa, che ci mette alla prova e ci interroga sulla solidità delle nostre convinzioni. Ed è anche un banco di prova per l’amore, quello che dovrebbe superare tutte le barriere e ogni difficoltà. E’ davvero così?
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Kim Hye-jin
Kim Hye-jin è nata a Daegu, in Corea del Sud, nel 1983. Autrice di tre romanzi e due raccolte di racconti, con A proposito di mia figlia ha vinto il premio Shin Dong-yup, uno dei riconoscimenti letterari più prestigiosi del paese.