Billy il cane




Alberto Rollo


Editore: Ponte alle Grazie

Con tre acquerelli di Nicola Magrin

Genere: Narrativa

Pagine: 192

Anno edizione: 2024

Sinossi. Tra gli ontani, gli aceri, i castagni e le balze erbose dell’estate, Billy il Cane si muove non visto verso una meta che conosce lui solo: ha consumato il suo tempo. Si sottrae fieramente al consorzio umano, come la sua profonda ferinità gli impone. I suoi tutori lo cercano e lui, fratello della notte, inciampa con la memoria nella sua vita da cane: rivede l’infanzia disgraziata, l’ingresso nella casa del balzano terzetto dei suoi tutori che lo hanno strappato alla strada, la biblioteca del tutore dove ha ‘assaggiato’ la carta di tanti libri e per osmosi ha imparato la sua lingua. E poi le sfide, le risse, i morsi, gli amori e soprattutto la rabbia che sempre ha abitato il suo bellicoso cuore smargiasso, impaziente di avanzare nel mondo. Il piccolo cane con la lettera maiuscola se ne va, con le orecchie di velluto puntate verso il cielo, per continuare a sentire tutto, eterno come eterne sono le vite di chi ha molto vissuto.

 Recensione di Francesca Mogavero

Chi abbia avuto il privilegio, anzi, il dono, di condividere un tratto di strada – sempre troppo breve – con un animale più o meno domestico si sarà reso conto della spontanea reciprocità che sboccia giorno dopo giorno, volenti o nolenti.

Negli umani, i sensi si fanno più acuti, i movimenti più misurati, per “non svegliare il can che dorme”, non turbare il delicatissimo equilibrio di un felino suscettibile e complesso, non infrangere l’incantesimo che sta prendendo forma – la fiducia. Tutto a un tratto, i passi si adattano e le voci pure; si apprendono, a volte un po’ a fatica, l’arte della pazienza, la delicatezza dei gesti, l’importanza dello sguardo – quando sostenerlo e quando distoglierlo.

Anche la quotidianità si trasforma: la vita singola, oppure la dualitudine, la triade e così via, si fa branco e nei viaggi, nei ritmi, nell’ozio cerca soluzioni che soddisfino le esigenze di tutti… Soprattutto le sue. E non è un sacrificio, semmai un tributo alla bellezza assoluta, alla “soavità” che il nostro occhio può scorgere solo a sprazzi o appena intuire.

Dall’altra parte, l’animale osserva e impara. Si umanizza? Forse ce lo lascia credere, per accordarci una soddisfazione, più probabilmente per venirci incontro, per facilitare il rapporto.

Billy il Cane – con la maiuscola, si badi – fanfarone, attaccabrighe e poco incline alle coccole e ai nomignoli, fa un ulteriore passo verso il mondo dei bipedi (ma diciamolo sottovoce, che non ci senta!): apprende il linguaggio attraverso i libri. Fagocitando letteralmente le pagine, più spesso ascoltando.

Così, mente Billy si appresta all’ultima passeggiata, da solo per scelta, una scelta pretesa e rivendicata – “essere «terminato» dagli umani” non fa per lui per lui – è naturale che prenda forma uno scambio quasi epistolare tra cane e uomo, alter ego dello scrittore stesso. Un carteggio impalpabile, ma vero, destinato a non raggiungere i destinatari, non del tutto, non su questo piano di esistenza.

Entrambi vagolano per i medesimi ricordi, esplorano e rivivono sentimenti ed emozioni in una silenziosa e inconsapevole sintonia. Inconsapevoli, anche, del filo che li unisce, un cordone ombelicale tardivo e impossibile, eppure presente, un nodo che stringe Billy e i suoi “tutori” – il letterato così pronto a farsi cane e puntualmente snobbato, l’adorata e rispettata capobranco, la giovane dai capelli biondi e il cuore pieni di buchi – e crea una storia comune, indimenticabile e struggente.

Non padroni, non proprietari. Tutori. Adulti di riferimento a tempo determinato, mentre nel tutelato la rabbia del passato, o forse congenita, e la paura, mai del tutto ammessa, dell’abbandono non accennano a calare. Così Billy seduce cagnette, dà battaglia, affonda i denti in polpacci infantili, mangia e valuta sempre sul filo del rasoio, con una zampa già nella foresta, assieme al Buck di Jack London, e l’animo mai pacificato, se non quando…

La recensione finisce qui, perché non può mica svelare ogni cosa. Proprio come, del resto, non possiamo e non dobbiamo conoscere ogni ricordo, ogni anfratto dello spirito a quattro zampe che ci trotterella accanto.

Possiamo solo dirgli grazie e accoglierne lo scintillio indomito, sempre selvatico, anche quando la nostra limitatezza umana desidererebbe un finale diverso.

Billy il cane di Alberto Rollo è un’opera raffinata e dolcissima, un inno alla Natura e alle strade che si incontrano, sempre rispettando le decisioni, i caratteri, le unicità l’uno dell’altro.

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Alberto Rollo


nato a Milano, è scrittore, critico, traduttore e figura significativa dell’editoria italiana. Operatore culturale, grande appassionato di musica, è traduttore, fra gli altri, di Jonathan Coe, Steven Millhauser, Truman Capote, Henry James. Ha pubblicato Un’educazione milanese (2016, finalista al Premio Strega 2017), L’ultimo turno di guardia (2020, Premio internazionale L’Aquila, terna finalisti Premio Napoli) e Il miglior tempo (2021).

A cura di Francesca Mogavero

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