di Maurizio De Giovanni
Collana, Stile libero big
Einaudi, 2022
Thriller, pagine 280
Sinossi. Cinque anni possono cambiare un mondo. Una vita, tante vite. Il grande ritorno del commissario Ricciardi. È il 1939, sono trascorsi cinque anni da quando l’esistenza di Ricciardi è stata improvvisamente sconvolta. E ora il vento d’odio che soffia sull’Europa rischia di spazzare via l’idea stessa di civiltà. Sull’orlo dell’abisso, l’unico punto fermo è il delitto. Fra i cespugli di un boschetto vengono ritrovati i cadaveri di due giovani, stavano facendo l’amore e qualcuno li ha brutalmente uccisi. Le ragioni dell’omicidio appaiono subito oscure; dietro il crimine si affaccia il fantasma della politica. Con l’aiuto del fidato Maione – in ansia per una questione di famiglia – Ricciardi dovrà a un tempo risolvere il caso e proteggere un caro amico che per amore della libertà rischia grosso. Intanto la figlia Marta cresce: ormai, per il commissario, è giunto il momento di scoprire se ha ereditato la sua dannazione, quella di vedere e sentire i morti.
«Il solo pensiero di una fine di Ricciardi ha messo in agitazione i fan»
(Severino Colombo, Corriere della Sera).
Caminito
A cura di Sabrina De Bastiani
Recensione Sabrina De Bastiani
Aprile, come sempre, sembrava sincero.
E, come sempre, non lo era del tutto.
Cinque anni.
Sono pochi? Sono tanti?
Potremmo ragionare sul tempo scandito dall’orologio, dal calendario e sul tempo soggettivamente percepito, ma una prima risposta ce la mette di fronte agli occhi Maurizio de Giovanni, che, con “Caminito. Un aprile del commissario Ricciardi”, ci trasporta nella Napoli del 1939, esattamente cinque anni dopo il precedente “Il pianto dell’alba. Ultima ombra per il commissario Ricciardi”.
… una città un tempo vera fino all’eccesso e che ora gli appariva come la scenografia di una brutta commedia …
La Storia maiuscola, quella che segue la cronologia, ci dice che cinque anni sono sufficienti a far cambiare volto a una città intera, o meglio a cucirgliene addosso uno nuovo
(…) Ricciardi riflettè che la parola chiave e forse più interpretativa degli ultimi anni era appunto quell’aggettivo. Nuovo. Tutto era “nuovo”, o almeno doveva sembrarlo. Si abbatteva il “vecchio” e si erigeva il “nuovo” con arrogante immediatezza, dalla sera alla mattina.
La storia del Commissario Luigi Alfredo Ricciardi ci dice che basta un maledetto istante a far deragliare una vita e non ne bastano certo cinque, di anni, a recuperarla, non del tutto almeno.
E dunque, come ritroviamo Ricciardi, in queste pagine che, nel ciclo della serie, rappresentano senza dubbio una tappa fondamentale e un punto di svolta imprescindibile, e che l’Autore ci consegna con profonda emozione, come lo è quella con la quale le accogliamo?
Rivide il proprio arrivo in città, da studente. Rivide le indagini connesse al mare. Rivide Livia, e una notte di tempesta con le onde che urlavano e gli occhi che supplicavano un amore che lui non poteva darle. E rivide Enrica, la sua Enrica disperata,che non capiva ciò che non poteva capire ma che intravedeva, dietro un’inspiegabile cortina, ciò che lui sentiva per lei. E gli chiedeva: A cosa serve allora, tutto questo mare?
Lo ritroviamo così, solo senza esserlo più, uguale a se stesso senza esserlo più, mentre tutto attorno è cambiato o sta cambiando, le coordinate di una vita da riscrivere, una bimba da crescere, e lui, un padre che sta crescendo con lei. Tutto ciò che era timore dell’incognito, del futuro, di essere lui stesso fonte di dolore per la persona amata, tutte le remore che così a lungo lo avevano tenuto lontano da Enrica, oggi non trovano più posto né ragion d’essere, restano confinate nello spazio della mente e delle ipotesi e la vita non concede loro altro che questo angolo.
Perchè Marta, sua figlia, c’è
Era Marta che era speciale.
Non una bambina di quasi cinque anni, ma una piccola, meravigliosa vecchietta che affiancava alla capacità di emozionarsi tipica dell’età una sensibilità particolare. Capiva subito se darle un delicato bacio sulla guancia, oppure se lasciarla sola con i suoi pensieri. Si preoccupava per il papà, e ne parlava con lei come fosse un’ adulta; e con lei commentava le stranezze dell’eccentrica Nelide, sollecita e devota ma rigidamente legata alle proprie incomprensibili tradizioni. Marta era adesso una figlia e un’amica. Avrebbe fatto di lei una nobile, giovane donna del suo tempo, ma ne avrebbe pure coltivato lo spirito speciale. La polvere di stelle smise di cadere dal grammofono. Come ogni pomeriggio, Bianca ringraziò la vita per aver compensato la sua solitudine.
Marta c’è e lo reclama a vivere, unico cittadino del mondo di mezzo
Suicidi, vittime di incidenti o di pestaggi, gente che aveva resistito a rapine. Il popolo dei morti in mezzo a quello dei vivi: gli uni indifferenti agli altri, e lui, unico cittadino del mondo di mezzo, testimone di tutti.
Testimone di tutti.
Del fedele Maione, alle prese con la possibile disgregazione di quello che è oggi il suo nucleo famigliare, faticosamente e pazientemente ricostruito sulle macerie di una ferita insanabile.
Della Contessa Bianca Borgati di Roccaspina, rifiorita d’amore nel prendersi cura con attenzione materna della piccola Marta.
Di Nelide che, instancabile, non perde di vista nemmeno per un secondo lui e la bambina.
Del dottor Modo, questa volta nel momento forse più difficile della loro amicizia.
Testimone di tutti.
Dei due giovani barbaramente assassinati nel pieno dell’amarsi.
(…) il Fatto. Molto più facile trovare prima la soluzione, e poi spiegarsi quello che il morto continuava a ripetere a uso esclusivo di Ricciardi. Tuttavia, quella volta le parole e i sentimenti delle due vittime sembravano destinati a loro stesse; nell’atto d’amore che stava compiendo, la coppia pareva rivolta al proprio interno.
Un delitto straziante, che potrebbe nascondere trame politiche, laddove trovarsi dalla parte sbagliata della barricata significhi andare incontro al rischio concreto della propria vita, e che mette Ricciardi di fronte a un bivio drammatico.
Quello tra la responsabilità della giustizia e la responsabilità di se stesso verso una figlia che ha già perso troppo, una perdita non finisce, disse fra sè. Una perdita dura per sempre, perdendo la madre.
Questi i due piatti della bilancia.
Su quale si appoggerà il suo maledetto, meraviglioso cuore, lo scopriremo, coinvolti e trepidanti nel corso dei capitoli, fino all’epilogo, magistrale, potente, scardinante.
Cosa si può dire ancora di questo ritorno del commissario Ricciardi, che non sia un pallido riflesso di quanto si troverà nella perfetta compiutezza delle pagine? Tanto, sicuramente. E tanto del talento narrativo e stilistico di de Giovanni, maestro nel raccontare le pieghe, gli eventi, i moti. Maestro nel delineare l’evoluzione di un personaggio, e dei comprimari tutti, restituendoceli vivi, differenti, mutevoli e mutati dalla vita e dalle circostanze, eppure sempre mirabilmente fedeli a se stessi.
E così facendo, commuove, avvince, travolge, afferra alla gola, stringe il cuore e lo riempie di colori, odori, pensieri, voci, musica.
Musica.
Canto.
Un nome non è stato fatto, fin qui, volutamente.
Quello di Livia Lucani.
Eppure la sua (non?) presenza, marchia a fuoco e indelebilmente “Caminito”, più che mai.
Non è stato fatto, il suo nome, fino a qui, perché la sua (non?) presenza va scoperta e poi riletta, assaporata, assorbita, come ogni singola nota di quel sublime e lancinante tango al quale sapientemente allude il titolo.
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Maurizio de Giovanni
Nato nel 1958 a Napoli, è autore della fortunata serie di romanzi con protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta, su cui è incentrato un ciclo di romanzi, tutti pubblicati da Einaudi, che comprende finora: Il senso del dolore (2007), La condanna del sangue (2008), Il posto di ognuno (2009), Il giorno dei morti (2010), Per mano mia (Einaudi, 2011), Vipera (2012, Premio Viareggio, Premio Camaiore), Anime di vetro (2015) Serenata senza nome (2016), Rondini d’inverno (2017) e Il purgatorio dell’angelo (2018). Insieme a Sergio Brancato ha pubblicato due graphic novel sulle inagini del commissario Ricciardi: Il senso del dolore. Le stagioni del commissario Ricciardi (Sergio Bonelli 2017) e La condanna del sangue. Le stagioni del commissario Ricciardi (Sergio Bonelli 2018). È anche autore di: Storie azzurre (Cento Autori, 2010), una raccolta di quattro racconti lunghi dedicati al Napoli, la sua squadra del cuore; Il metodo del Coccodrillo (Mondadori, 2012, Einaudi 2016; Premio Scerbanenco). Con I bastardi di Pizzofalcone (Einaudi 2013) ha inaugurato un nuovo ciclo contemporaneo, sempre pubblicato da Einaudi, continuato con Buio per i Bastardi di Pizzofalcone (2013), Gelo per i bastardi di Pizzofalcone (2014), Cuccioli per i bastardi di Pizzofalcone (2015), Pane per i bastardi di Pizzofalcone (2016), Souvenir per i bastardi di Pizzofalcone (2017) che vede protagonista la squadra investigativa di un commissariato partenopeo. Il suo racconto Un giorno di Settembre a Natale è incluso nella raccolta Regalo di Natale edita da Sellerio nel 2013. È uscita nel 2014 un’altra raccolta di racconti gialli dal titolo Giochi criminali dove il suo testo Febbre appare accanto a quelli di De Cataldo, De Silva e Lucarelli. Inoltre, il suo racconto Un telegramma da settembre è incluso nell’antologia Sellerio La scuola in giallo, del 2014. Nel 2015 pubblica Il resto della settimana (Rizzoli)e Skira Una domenica con il commissario Ricciardi (Skira). Nel 2017 partecipa con un suo contributo alla raccolta di saggi Attenti al Sud, edito da Piemme, e con Rizzoli pubblica I Guardiani. Del 2018 sono Sara al tramonto (Rizzoli) e Sbirre (Rizzoli), scritto in collaborazione con Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo. Nel 2019 pubblica per Sellerio Dodici rose a Settembre. Tra le altre pubblicazioni si ricordano: Una lettera per Sara (Rizzoli, 2020), Troppo freddo per settembre (Einaudi, 2020), Fiori per i Bastardi di Pizzofalcone (Einaudi, 2020), Gli occhi di Sara (Rizzoli, 2021), Una Sirena a Settembre (Einaudi, 2021) e L’equazione del cuore (Mondadori, 2022).