Casapelledoca




 A cura di Sara Magnoli


 

Titolo: Casapelledoca

Autore: Beatrice Masini

Illustratore: Lorenzo Conti

Genere: letteratura per ragazzi

Pagine: 80

Editore: Pelledoca

Collana: OcchiAperti

Costo: 18 euro

 

 

“Casapelledoca”, dopo la prima edizione per Emp nel 2001, è stato pubblicato nello scorso ottobre da Pelledoca Editore, casa editrice specializzata in storie gialle, del mistero e da brividi per ragazzi.

Scritto da Beatrice Masini, che nel mondo dell’editoria è un nome di rilievo non solo come scrittrice, ma anche come editor e traduttrice (sua anche la traduzione della saga di Harry Potter), con un passato da giornalista, il libro è illustrato da Lorenzo Conti, collaboratore di giornali e riviste e vincitore del Premio Tapirulan per l’illustrazione.

Al centro del racconto, un ragazzino, Riccardo, e le sue paure per i rumori del silenzio nella nuova casa di campagna dove si è trasferito, lasciando la città, con la sua famiglia. L’abitazione isolata e immersa nel verde non gli piace, gli fa paura, complici anche misteriose presenze lì attorno, orme di animali selvatici, black out improvvisi la notte di Natale e allagamenti delle stanze che non sembrano causati da guasti dell’impianto. Almeno apparentemente. Stranezze minacciose che gli fanno davvero venire la pelle d’oca e che sembrano preoccupare anche gli adulti.

Adatto nel triennio della scuola primaria e nel primo biennio della scuola secondaria di primo grado.

 

 

 


A SCUOLA

L’uso del tema del mistero in “Casapelledoca” offre uno strumento eccezionale di introspezione che può aiutare nell’accompagnare i giovani lettori a confrontarsi con le proprie paure.

Il linguaggio è molto vicino a quello dei ragazzi dell’età di Riccardo, che nella storia ha dieci anni, e anche per questo crea empatia anche con un lettore adulto che nello stile e nell’espressione, ricca di riflessioni come una ragazzino di quell’età può fare, si ritrova con le sue paure di bambino.

Le illustrazioni contribuiscono a creare quasi una sorta di lettura parallela della storia, in cui le immagini conducono su un piano espressivo parallelo ma allo stesso tempo indipendente, permettendo un approfondimento dell’espressione attraverso forme diverse: la parola e l’immagine, appunto.

 


Due parole con l’autrice

Giornalista con la direzione di Indro Montanelli, oggi figura di spicco nella letteratura italiana per adulti e per ragazzi, Beatrice Masini è l’autrice di “Casapelledoca”.

Traduttrice anche della serie di Harry Potter pubblicata da Salani, direttore editoriale di Bompiani, nel 2010 il suo romanzo “Bambini nel bosco” (Fanucci) è stata la prima opera per ragazzi a essere finalista al Premio Strega, mentre il suo primo romanzo rivolto a un pubblico adulto, “Tentativi di botanica degli affetti” (Bompiani) è stato tra i cinque finalisti selezionati dalla Giuria dei Letterati nel 2013 alla cinquantunesima edizione del Campiello. Tra gli altri riconoscimenti, nel 2004 il Premio Pippi con “Signore e Signorine – Corale Greca” (Einaudi), il Premio Elsa Morante Ragazzi con “La spada e il cuore – Donne della Bibbia” (Einaudi) e il SuperPremio Andersen 2018 libro dell’anno e Premio Speciale della Giuria con “Il Buon Viaggio”, illustrato da Gianni De Conno, edito da Carthusia. Ha ricevuto anche il Premio Andersen miglior autore.

 

 

Beatrice Masini, che ruolo ha per lei il mistero, la paura in un libro per ragazzi?

La paura è uno dei grandi sentimenti. Da piccoli abbiamo paura di cose che sono semplici, ma non per noi: ognuno ha il suo fagottino di paure e credo che dentro una storia per ragazzi ci debba essere. In questo libro tutto insinua la paura, a partire dal titolo. A me piace moltissimo leggere gialli, thriller, e un mio desiderio era quello di misurarmi un po’ con la scrittura di genere, anche se qui resta sulla soglia: più che i fatti che accadono, è una paura psicologica,interiore, il protagonista spiega quanto accade a modo suo e c’è questa tensione fra ciò che è e ciò che potrebbe esserci. Ci si misura con le proprie paure. E poi credo che provare paura attraverso la carta consenta un’emozione controllata: sai che puoi scivolare fuori quando vuoi. E dà conto delle luci e delle ombre che ci portiamo dentro.

 

 

Si tratta di una nuova edizione del romanzo, anche questa illustrata: c’è stato uno scambio con l’illustratore durante la lavorazione del libro?

No, l’illustratore ha seguito una sua pista, un suo modo di interpretare la storia. E ritengo che sia un bene che gli illustratori lavorino da soli, senza troppe influenze da parte dello scrittore, perché  vedono altre cose. Se l’illustratore riesce a far propria la storia, ne sottolinea un altro aspetto: il suo è un altro piano di lettura. E non è didascalico.

 

 

Al protagonista lei fa leggere Harry Potter: un grande amore per un’opera che ha tradotto?

La prima edizione di “Casapelledoca” è del 2001 e in quegli anni avevo iniziato a tradurre Harry Potter, in quel momento ero davvero molto presa. Mi piaceva, ero convinta che fosse una lettura verso cui indirizzare i ragazzi. E comunque tutti i miei protagonisti sono lettori e spesso cito libri, che sono un po’ anche un’esca, che possono incuriosire chi legge.

 

 

 

Traduttrice con molte sue opere a loro volta tradotte all’estero, quando scrive una storia pensa a come potrebbe essere tradotta?

No, quando scrivo non ci penso, perché altrimenti vorrebbe dire influenzare la struttura della storia, pensarla in un modo internazionale e snaturare la scorrevolezza della scrittura. Così come non penso mai neanche a un tipo di lettore. Trovo che i libri trovino i loro lettori e sono spesso imprevedibili. Faccio lo stesso ragionamento anche quando pubblico i libri degli altri. Pensando che non c’è né limite né misura.

 

 

 

Come il suo passato da giornalista influisce sul suo essere scrittrice?

Trovo che aver fatto quel passaggio per parecchi anni mi abbia aiutato nella velocità di scrittura. Pur poi rivedendo il testo, non ho mai il panico da foglio bianco, scrivo finché la storia non si dipana. Questo non significa scrivere in poco tempo, ma voglio dire che quando scrivo, scrivo. Un’altra cosa è la curiosità come attitudine generale. Secondo me il motore della scrittura, soprattutto per ragazzi, è la curiosità, l’andare in giro sempre desti per cogliere nelle immagini, in ciò che senti. Un’attitudine di apertura indifferenziata e lo sguardo vigile: perché le storie non scendono dal cielo appese a una fune, ma sono ciò che osserviamo e poi testimoniamo.

Sara Magnoli