Recensione di Chiara Forlani
Autore: Gabriele Dolzadelli
Editore: Morellini Editore
Genere: thriller
Pagine: 278
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Un furto, un bottino nascosto sottoterra per quattordici anni. Un biglietto con strani riferimenti lasciato da Massimo Bonacina a suo figlio Biagio come unico lascito alla sua morte prematura. Un gruppo di amici allontanati dal tempo e provati ognuno dai propri drammi personali. Una caccia al tesoro che non ha i colori di una storia per ragazzi, ma tutti i pericoli della vita adulta. “Chi nasce a San Giuda” è un romanzo duro, intricato, che ruota attorno al contrasto eterno fra avidità e giustizia, fra amicizia e profitto personale. Sarà proprio Biagio il primo a morire. E suo cugino Jacopo, circondato dalla fidanzata Alice e dagli amici Noah e Diego, dovrà cercare di uscirne senza farsi travolgere dagli eventi. Ma quando le morti cominceranno a moltiplicarsi, ognuno di loro indicherà in un compagno il colpevole. Crollerà la fiducia, mentre uno spettro chiuso in carcere per quattordici anni si ripresenterà a riscattare ciò che è suo. Fra boss locali, debiti di gioco, cure costose e sogni di una vita migliore, le vicende di questi ragazzi sembrano confluire in una domanda: fin dove è possibile spingersi, per dieci milioni di euro? “Chi nasce a San Giuda” ne è la risposta.
Recensione
“Era accaduto tutto troppo in fretta: il treno, i loro discorsi, la rimpatriata, l’eredità, la montagna e poi la morte.”
Un gruppo di giovani si ritrova per celebrare un funerale, in seguito al quale viene ritrovato un messaggio in codice, che fa riferimento a un tesoro sepolto da qualche parte. No, non si tratta dell’Isola del tesoro di Stevenson, anche se nel romanzo l’opera viene citata. Qui siamo a San Giuda, un luogo circoscritto e isolato dal quale tutti vorrebbero scappare. Nel quale invece rimangono incastrati, tra debiti di gioco, affitti non pagati, squallore, noia e malattia.
“A pensarci bene, suo papà era sempre stato una nota di colore su quel quadro in bianco e nero che era San Giuda, un paese colmo di persone povere d’inventiva, schiave di un’identità imposta dalle generazioni. Gente che avrebbe potuto vivere tranquillamente anche se ci fosse stato il vuoto cosmico oltre le montagne, rintanata in un fazzoletto di terra da concimare con i propri sogni morti sul nascere. Perché San Giuda era la morte in persona e non solo dei sogni.”
Una misteriosa eredità spinge il gruppo di amici a iniziare una misteriosa caccia al tesoro, che ben presto si tinge del rosso acceso del sangue. I soldi fanno gola a tutti, ma innescano un effetto domino che non si arresta, facendo precipitare i giovani protagonisti in un baratro dal quale sarà impossibile risollevarsi.
Fin dove è lecito spingersi per rimanere a galla? Che senso ha la vita disperata di chi non riesce a emergere dalle secche della propria difficile esistenza? Sono queste le domande che si fa il lettore, e la risposta non è semplice né univoca.
“Non voleva rinunciare ai suoi sogni, no. Non voleva assolutamente morire a San Giuda, tra letame, fieno e vacche.”
Il desiderio e la necessita di avere una somma cospicua di denaro distruggono tutto: l’amicizia tra i protagonisti, la dignità personale, la vita stessa, in un gioco al massacro che sembra non avere fine. Nel libro si passa da una situazione di calma apparente a una disarmonia, a un affannarsi convulso dei personaggi sulla scena della narrazione, spinti dalla concupiscenza, dai consigli sbagliati e dalla disperazione.
“Diego si sentì sporco. Come quando una luce abbagliante illumina all’improvviso un ladro sorpreso in giardino. Viz stava illuminando i suoi desideri più nascosti, che aveva cercato di soffocare, come una palla schiacciata sott’acqua, pronta a tornare su con una forza dieci volte maggiore. Si vergognava di sé.”
La coscienza sfuma, gli innocenti si trasformano in colpevoli, le vittime in assassini, fino al tragico finale.
Un romanzo cinematografico, crudo e denso di adrenalina. “Chi nasce a San Giuda muore a San Giuda” si dice in paese. È un luogo dal quale non ci si può allontanare.
“Anche lui aveva sofferto. Un cognato, un nipote e infine un figlio. Ma lui rimaneva lì, imperterrito, come un albero secolare che non può fare altro che nutrirsi della solita terra e prendere il solito sole.
Gabriele Dolzadelli ci propone un romanzo scritto in modo asciutto, puntellato da dialoghi realistici. La lingua usata per scriverlo è asciutta, spietata come la sua storia. Ci spinge a proseguire nella lettura per arrivare all’ultima pagina e scoprire il colpo di scena che completa l’incubo. I personaggi sono sfaccettati, hanno un vissuto difficile alle spalle anche se sono giovani.Consiglio questo libro a chi ama le narrazioni piene di adrenalina e non ha paura di misurarsi con la crudeltà umana.
A cura di Chiara Forlani
Gabriele Dolzadelli
Gabriele Dolzadelli è uno scrittore valchiavennasco, classe 1988. Nel 2014 esordisce tramite il selfpublishing con il romanzo “La terra di nessuno”, primo volume della saga “Jolly Roger”. Ne seguono altri quattro: “Le chiavi dello scrigno” (2015), “I fratelli della costa” (2016), “La torre del ribelle” (2017) e “Il piano di Archer” (2018). Nel 2019 pubblica “Backup”, romanzo di fantascienza, e nel 2020 passa all’editoria tradizionale con “L’uomo senza epilogo” (Augh Edizioni), finalista al Premio Internazionale Città di Como. È fondatore e co-organizzatore del festival letterario valtellinese Libri in Valle.
Acquista su Amazon.it: