Come la pioggia sul cellofan
Recensione di Francesca Mogavero
Autore: Grazia Verasani
Editore: Marsilio
Pagine: 176
Genere: Giallo
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Giorgia Cantini, investigatrice privata a capo di una piccola agenzia di periferia nella Chinatown di Bologna, è appena stata lasciata da Luca Bruni, dirigente della questura e capo della Omicidi, e sfoga la propria tristezza ubriacandosi nei bar e nei locali della città. È in questa fase non facile della sua vita che incappa in Furio Salvadei, un affascinante cantautore alla soglia dei cinquant’anni che sembra avere tutte le fortune – fama, ricchezza, talento –, ma che al momento è un musicista in piena crisi artistica ed esistenziale. Furio infatti abusa di alcol, è deluso dal mondo discografico, ed è sotto stress a causa di una donna, Adele, una fan insistente che gli dà il tormento seguendolo ovunque e pressandolo con telefonate e messaggi. Furio incarica Giorgia di pedinare la sua persecutrice e di provare a riportarla alla ragione prima che si trasformi in una stalker violenta. Il problema è che Adele dimostrerà di essere un vero e proprio enigma. Sotto le piogge persistenti dell’autunno alle porte, con la mente un po’ annebbiata dai drink delle sue sere solitarie e dalla nostalgia di Bruni, Giorgia si perderà in un’indagine che è un continuo gioco di specchi e sovrapposizioni, e in una vita filtrata da schermi, computer, telefoni, tv, dove i sentimenti diventano mere proiezioni. Quella realtà fittizia che, come un involucro di cellofan, protegge dagli urti è la stessa che separa i personaggi di Grazia Verasani dal contatto nudo con le cose: sembrano tutti alla ricerca di una vertigine che li faccia sentire più vivi, ma che, inevitabilmente, non li dispensa dal rischio di precipitare.
Recensione
Quando si divora un libro, non è che la fame passi, anzi.
Quando si completa la lettura di un romanzo che ci ha catturato – per energia, forza dei personaggi, stile, innovazione – dopo ci si sente soli, quasi abbandonati, come se fosse stato lui a lasciarci, senza pietà, mentre invece siamo noi a essere arrivati troppo in fretta alla parola fine.
E poi diventa difficile parlarne, il distacco è ancora troppo fresco e i personaggi sono sulla soglia, ci stanno dando le spalle, tesi verso nuove avventure, altre vicende di cui non possiamo sapere nulla – perché loro hanno una vita oltre le pagine stampate, lo sapete.
Ecco, questo è ciò che mi è successo con Come la pioggia sul cellofan. Io quella pellicola sintetica che ricopre sensazioni e avvolge segreti, per renderli (e rendersi) impermeabili, lucidi, intoccabili, l’ho infranta, grazie alla scrittura tagliente e luminosa di Grazia Verasani, e mi sono ritrovata in una Bologna amata e odiata, dove si beve per dimenticare, ricordare – magari in modo travisato, più roseo, per raccontarsela, insomma, e mettere il cuore in pausa, almeno per due o tre bicchieri – oricordarsi di esistere, dove solitudini si sfiorano senza farsi davvero compagnia e aspirazioni, sogni e desideri si infrangono contro muri di convenienze e convenzioni oppure s’impiccano sulla forca dei doveri e dei “è così che va il mondo”.
Giorgia Cantini, una Marlowe ancora romantica sotto il bomber e oltre il fumo delle troppe Winston, indaga su un presunto caso di stalking, ma chi perseguita chi?
Da chi deve guardarsi Furio Salvadei, cantante in caduta libera tra abusi di droghe, facile sesso e case discografiche che sanno portare alle stelle e in attimo rispedire nell’anonimato più buio senza nemmeno salutare?
Chi è veramente Adele Fossan, eterea e fragile, ma allo stesso tempo inquietante e potente come un raggio di luna?
A volte, il vero carnefice, quello più pressante, presente, letale, è dentro di noi, tra le pieghe di un male di vivere asintomatico ma già in fase terminale, sotto il tappeto di un perenne scontento che, pur avendo tutto, troppo, possiamo aver diritto di provare, in bilico su un davanzale immaginario, tra la paura di precipitare, la vertigine e la voglia di saltare giù e spiccare il volo verso la fine… o un nuovo inizio.
A cura di Francesca Mogavero
Grazia Verasani
(Bologna, 1964) ha esordito giovanissima con alcuni racconti apparsi su il manifesto. Oltre a Quo vadis, baby? – da cui nel 2005 è stato tratto l’omonimo film di Gabriele Salvatores e nel 2008 una serie tv prodotta da Sky – e agli altri libri della serie con protagonista l’investigatrice Giorgia Cantini, ha pubblicato vari romanzi tra cui From Medea (Sironi 2004), da cui nel 2012 è stato realizzato il film Maternity Blues di Fabrizio Cattani, e Tutto il freddo che ho preso (Feltrinelli 2008). I suoi libri sono tradotti in vari paesi tra cui Francia, Germania, Portogallo, Stati Uniti e Russia.
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