Cristallo




Livia Sambrotta


DETTAGLI:

Editore: SEM

Collana: SEM Classic

Genere: Thriller

Pagine: 400

Anno edizione: 2024

Sinossi. Combinando le atmosfere più taglienti del thriller psicologico con i meccanismi di una suspense a orologeria, Livia Sambrotta svela l’oscuro rovescio celato dietro l’incanto di un territorio magico. Cristallo evoca profonde solitudini e il bisogno di riscatto dei nostri giorni. Fino all’ultima pagina il lettore non saprà chi è il carnefice e chi la vittima.

«La verità è come un frammento di cristallo, non trovi? Così lucente da abbagliarti, ma anche così aguzzo da poterti ferire fino a farti sanguinare.»

Cinque amici si preparano a festeggiare il Ferragosto con una grigliata all’aperto nel giardino dello splendido Chalet Cristallo, circondati dalle magnifiche vette delle Dolomiti. In pochi minuti tutto degenera, e delle cinque persone presenti si salverà solo Rachele, fotografa di fama internazionale. Lei e suo marito Max hanno affittato lo Chalet per trascorrervi una vacanza che doveva essere rigenerante e invece si trasforma in quello che sarà definito il “Ferragosto di sangue”, il caso mediatico dell’estate seguito da milioni di italiani. Una strage senza precedenti che sconvolge la tranquillità di Domegge, nella valle del Cadore, rinomata per le celebri Tre Cime di Lavaredo. Gli inquirenti esitano senza riuscire a trovare né il movente né il colpevole del massacro. Rachele, l’unica che potrebbe fare luce sugli omicidi, soffre di un’amnesia provocata dallo shock, mentre a condurre le indagini viene chiamato il colonnello Denis Bogo, che si scontra con un mistero all’apparenza impossibile da risolvere. Così Rachele, al tempo stesso potenziale testimone oculare e capro espiatorio su cui iniziano a convergere i sospetti, è costretta a confrontarsi con un crimine dai risvolti inimmaginabili. La “Fotografa” si troverà ad affrontare i fantasmi del passato e i segreti custoditi dalla montagna.


 Recensione di Sabrina De Bastiani

“La verità è come un frammento di cristallo, non trovi? Così lucente da abbagliarti, ma anche così aguzzo da poterti ferire fino a farti sanguinare.”

Una verità dove la bellezza e la paura si scambiano continuamente di ruolo. 

Ricordo quando da bambina mi regalarono una Polaroid. 

Non il momento o il contesto, non se fosse Natale o il compleanno. 

Ma, nell’uso,  l’effetto che aveva  su di me, più ancora dello scatto, l’attesa. 

Quei sessanta secondi durante i quali l’immagine di quella porzione di  realtà che avevo appena fotografato,  si formava sulla pellicola, i colori che emergevano per primi, le forme, i livelli che,  trascorso il tempo di impressione, avrebbero restituito la fotografia nella sua interezza.

Un formicolio interiore, la brama di vedere il risultato finale, lo stupore ogni volta.

Ogni scatto è un modo di congelare il tempo e allo stesso tempo il culmine di ogni storia. Come se il prima e il dopo fossero anch’essi lì, negli occhi di chi guarda.

“Cristallo” mi ha riportato questo ricordo, perchè le sensazioni fisiche che ho provato durante la lettura sono state esattamente queste: tensione, brama, stupore.

Sambrotta è tornata e lo ha fatto con un romanzo indescrivibile e allo stesso tempo descrivibile con una parola sola, strepitoso.

Torno alla Polaroid, e non solo perchè la protagonista, Rachele, è una fotografa, anzi, la Fotografa – I miei scatti sono il vostro specchio. Guardandole troverete chi siete veramente. E vi vedrete splendidi e orribili, come tutti noi.

Bensì perchè i piani che compongono questa storia sono molteplici ed emergono via via che scorrono le pagine, i capitoli, gli incisi.

Come l’immagine di una Polaroid, che si delinea affiorando. 

Forte di un’ambientazione meravigliosa ed evocativa quale quella del Cadore, Domegge nello specifico, le Tre Cime di Lavaredo, le montagne, i rivi d’acqua, l’Autrice ne potenzia al massimo l’efficacia, restituendo il paesaggio con amore vero e profondo per quei luoghi che così ben conosce, ma anche con profonda originalità esaltandone le sfaccettature attraverso l’uso dei colori

Seguendo il percorso, la prospettiva delle Tre Cime cambia continuamente. Il loro cuore si infiamma.

Costeggiandole sembrano dita divine che vogliono afferrare il cielo; quando invece si trovano più distanti è come se si trasformassero in tre dee che sgorgano primitive dalla terra. Anche i colori si alternano, dall’azzurro ghiaccio fino all’oro rosso.

e, capovolgendo il sentir comune che siano il buio, il nero a intimorire, nell’ instillare la tensione, il thrill ancora  per mezzo dei colori 

Le montagne sono attraversate da una scia che va dall’indaco al rosso intenso. Tutto

sembra vibrare. Tutto sembra scommettere sulla possibilità della sopravvivenza. Ma di chi?

Ma non solo, e ce ne rendiamo subito conto, la montagna è ambiente fisico. 

Diventa in queste pagine anche metafora di slavine, valanghe e dirupi interiori dei protagonisti e per converso di aspirazione a innalzarsi verso la cima,  guardare in alto.

Essere alle pendici dei pinnacoli delle montagne dà una sensazione adrenalinica.

Quegli enormi scivoli minerali sembrano sussurrare una verità implacabile. Purezza e vertigine insieme.

 (…) come scalare la parete ripida di una montagna. Mai guardare in basso.

Mai rivolgere gli occhi al passato. Entrambi gli atti avrebbero potuto disintegrarlo.

Purezza e vertigine insieme, lo Chalet Cristallo, dalle pareti trasparenti, che Rachele e il marito Max affittano per qualche giorno di vacanza ad Agosto,  dove fin da subito solo l’apparenza è quiete.

Da quando è arrivata a Domegge è come se una vibrazione selvaggia si fosse impossessata di lei. Qualcosa che Rachele non governa e che spinge sottopelle, cercando affannosamente di rivelarsi.

Senza esserne capace.

Purezza, vertigine e sangue. Quello che lorderà la stanza di questo lussuoso ritiro trasformandolo nella scena del crimine del “Ferragosto di sangue”, caso mediatico e mistero fitto al contempo.

Come se quella mattina tutti i vacanzieri si fossero svegliati all’alba e fossero partiti per le loro escursioni troppo presto per poter diventare dei testimoni. O troppo tardi. Come se un presagio di morte fosse calato su quelle montagne, avrebbe detto qualcuno.

Cinque persone per una grigliata in amicizia, per festeggiare l’estate al suo culmine. 

Perché proprio le persone per cui daresti la vita sono le stesse in grado di distruggerti?

Una sola resta in vita. 

Rachele, anche in questo caso, distortamente e paradossalmente fuori posto nel suo essere viva. 

Ogni cosa è al suo posto, tranne me.

Rachele, che è sopravvissuta, ma non ricorda nulla.

Rachele che respira,  ma è morta anche lei.

Mi state circondando.

Ognuno di voi mi si rivolge con un’aria stralunata, come se io fossi un’aliena. Cercate in me una risposta, come se possedessi segreti nascosti. Ma non è così.

Io non ricordo nulla. Il mio dolore è diventato una distesa di sabbia, immensa e senza confine.

Ha ricoperto lo scheletro di ogni cosa.

E se il presente è un gigantesco punto di domanda, non si può far altro che cercare gli inneschi, le risposte, i moventi, nel passato di ciascuna delle vittime: Max, Andrea, Lana, Adan e Rachele stessa.

Si ruba per soldi, si uccide per odio, si mente per proteggersi.

Niente di più elementare. Il crimine svela la consistenza del mondo. Indagarlo significa prima di tutto ammettere di essere vivo.

Questo pensa e agisce il colonnello Dogo, chiamato a dipanare un mistero incomprensibile nelle dinamiche e negli esiti.

C’è un prima e un dopo, in “ Cristallo”, strutturalmente nella costruzione del romanzo, ma significativamente nelle vite di ciascun protagonista, in ciò che li lega, all’insaputa l’uno degli altri.

Sambrotta erode goccia a goccia ciascuna delle armature che indossano i personaggi, ce li mostra esitare, arrabbiarsi, rivelarsi. 

Ci porta a credere di conoscerli. 

Ci mostra una volta di più, senza trucco e senza inganno verso il lettore, come non si conosca davvero nessuno fino in fondo, noi stessi compresi.

Inevitabile divorare le pagine di questo romanzo, inevitabile essere divorati da questa storia, dal suo sviluppo, dal suo epilogo. 

Magistrale l’architettura, l’approfondimento psicologico, il ritmo tensivo, la scrittura sicura, potente, moderna, empaticamente chirurgica dell’autrice, che si conferma penna di cristallino talento.

C’è un cuore nero in questa storia che, come un magnete, lo scaraventa nel suo abisso.

Ciononostante … Kif ma bet kebo, byeje weif, si ripete. Qualunque cosa lo attraversi, egli rimane in piedi.

Perché, come si dice,  dal basso verso l’alto si scalano le montagne.

Ma, ricordiamolo,  è con questa  stessa traiettoria che  si colpisce di uppercut.

“Cristallo” di Livia Sambrotta fa entrambe le cose.

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Livia Sambrotta


è un’autrice italiana. Pubblica nel 2015 il primo romanzo noir Amazing Grace, seguito due anni dopo da Tango Down, che è stato selezionato tra i finalisti al Festival Giallo al Centro Rieti e ha ricevuto la Menzione Speciale al Festival Garfagnana in Giallo. Seguono per SEM, Non salvarmi (2021) e Cristallo (2024)