Era una famiglia tranquilla
Recensione di Barbara Betto
Autore: Jenny Blackhurst
Editore: Newton Compton
Pagine: 336
Genere: Thriller
Anno Pubblicazione: 2017
“Era una famiglia tranquilla” è la tipica frase che i vicini di casa pronunciano al microfono del cronista sul luogo del crimine. In questo caso, la famiglia tranquilla e apparentemente perfetta è quella di Susan e Mark, spezzata in due dalla morte del figlio Dylan per mano della stessa madre a causa di una forte depressione post parto. Durante la storia incontriamo Susan quattro anni dopo la tragedia. È uscita dall’ospedale psichiatrico in cui ha dovuto scontare la sua pena e, dopo aver cambiato nome, prova a rifarsi una vita in una cittadina in cui nessuno conosce né lei né il suo passato. A farle compagnia solo la sua compagna di cella, anche lei libera di poter ricominciare.
Susan è un personaggio particolare, riesce a farti sorridere in ogni pagina, ma, allo stesso tempo, ti porta a chiederti “Ma com’è possibile che abbia ucciso il figlio neonato?”. Diverse volte mi ha ricordato Becky della serie di I Love Shopping. Stesso modo imbranato di rapportarsi agli uomini, stessi pensieri confusi, a volte perfino stesse frivolezze. Man mano che però la storia prosegue e iniziano ad emergere le prime incongruenze sull’omicidio del piccolo Dylan, il carattere di Susan cambia, i ricordi per lei sono ancora nebbiosi e poco chiari, ma il suo tentativo di rimettere insieme i pezzi spinge anche il lettore a cercare i primi incastri per capire se quello che sta succedendo sia frutto della mente disturbata della protagonista oppure no. La foto del bambino di quattro anni che ha ricevuto, è davvero quella del figlio? Come può non essere morto? Come possono, polizia, ospedale, marito e famigliari non essersi accorti dell’errore?
Questa domanda vi terrà incollati al libro fino alla fine. Sarà infatti proprio negli ultimi capitoli che l’autrice del libro darà il meglio di sé tenendovi con il fiato sospeso, inserendo spiegazioni, colpi di scena e rivelazioni. Come tutti i libri della Newton Compton anche questo ha i suoi pregi e i suoi difetti. Si ripete, come spesso capita in altri libri pubblicati da loro, il passaggio dalla storia narrata ai flashback di personaggi che non conosciamo e che, soprattutto nella prima metà del libro, è abbastanza noioso e fastidioso per il lettore. Non sempre i personaggi che incontriamo sono credibili o ben costruiti e, pur spiegando bene le dinamiche dei fatti, vi verrà spesso voglia di storcere le labbra, soprattutto se siete appassionati del genere. Mi sento di inserirlo tra i thriller “da ombrellone” con cui passare qualche ora serena, senza grosse aspettative.