Recensione di Priscilla D’Angelo
Autore: Joyce Carol Oates
Traduzione: Carlo Prosperi
Editore: La Nave di Teseo
Genere: Romanzo
Pagine: 416
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Violet Rue Kerrigan ha 12 anni ed è la più giovane di una numerosa famiglia proletaria di origini irlandesi che vive a South Niagara, una piccola e tranquilla cittadina nello stato di New York. È la preferita del padre, Jerome, un uomo duro che governa la famiglia con pugno di ferro. Una sera i due fratelli maggiori, Jerome Jr. e Lionel, investono ubriachi un diciassettenne afroamericano, lo colpiscono con una mazza da baseball e lo lasciano agonizzante sul ciglio della strada. Violet sa quello che hanno fatto, ma tutti, persino il prete, le intimano di tacere. Quando Violet, involontariamente, racconterà tutto al preside e alla polizia, portando così all’incriminazione dei fratelli, verrà cacciata di casa perché colpevole di un peccato imperdonabile: ha tradito la sua famiglia. L’esilio a casa di una zia, un’adolescenza difficile tra bullismo, sensi di colpa e abusi porteranno Violet a fare i conti con la sua educazione familiare e con il suo essere donna, fino a scoprire che la violenza può attecchire ovunque e che se vorrà salvarsi, dovrà trovare in se stessa una forza che non sapeva di avere.
Recensione
“La famiglia è uno speciale destino. La famiglia in cui nasci e dalla quale non ci può essere scampo”.
Sin da piccola per Violet il sentimento verso la famiglia era un odi et amo.
La mamma Lula, dapprima felicissima di aver partorito Violet (ultima dei sette figli ormai tutti in età indipendente), si ritrova dopo qualche anno a subirne le conseguenze debilitanti fisiche e mentali.
Perché, si sa, accudire un figlio non è mica un lavoro facile, specialmente sette!
Piano piano anche il sentimento materno verso Violet sfumò, così come sfumò la forza e la volontà di portare avanti una moltitudine di pesi, anche riferiti al passato, che ancora le gravavano sulle spalle.
Il padre Jerome, dal fisico possente e dal carattere duro come l’acciaio, era orgoglioso di Violet, di Jerome Jr, di Miriam, di Lionel, di Les, di Katie e di Rick. Ogni tanto usava le maniere forti, una bella scrollata decisa che faceva ondeggiare la testa sul collo e sbatacchiare i denti, oppure lanciava quegli sguardi di profonda contrarietà, di disgusto, che facevano maggiormente accapponare la pelle. Nonostante ciò, amava i figli, soprattutto le figlie, un “amore feroce, un amore più esigente, mescolato all’insofferenza, talvolta persino allo scherno; un amore tagliente. Nei miei fratelli rivedeva sé stesso e di conseguenza ci trovava l’errore, persino vergogna, un bisogno di punizione.”.
Violet era entusiasta di obbedirgli, di ricevere attenzioni di fronte a questo amore fin troppo protettivo.
Ma sarebbe durato per sempre?
No, c’è sempre un limite a tutto.
E quel limite che portò nel profondo baratro la famiglia Kerrigan aveva un nome, Hadrien Johnson. Studente di colore 17enne, membro onorario della squadra di softball e di basket del South Niagara High School, deceduto in seguito a una caduta violenta in bicicletta.
Dalle indagini e, in seguito, dalla testimonianza di Violet (la “topa spiona”, la “fica maledetta”, minacciata così dai fratelli che erano stati sorpresi dalla piccola), Jerome Jr e Lionel furono arrestati e condannati per omicidio colposo.
Da quel fatto in poi la vita di Violet prese una brutta piega: disconosciuta dalla famiglia, fu costretta a rimboccarsi le maniche e a vivere dapprima dalla zia e poi in totale autonomia fuori città.
Col passare degli anni Violet era cresciuta fisicamente ma con ben poca percezione del suo aspetto: l’istinto le portava ad evitare gli specchi per risparmiarsi i ricordi brucianti dei suoi fratelli che la soprannominavano “topa spiona”. Si sentiva tremendamente in colpa ma anche sollevata di aver fatto giustizia ad Hadrien.
Il suo desiderio, diceva, “è vivere una vita in cui le emozioni arrivino lentamente, come le nuvole in un giorno senza vento. Vedi la nuvola che si avvicina, contempli la sua bellezza, la guardi passare, la lasci andare. Ti accontenti di sapere che una nuvola identica non arriverà più, a prescindere da quanto sarà bella, speciale.”.
Un desiderio davvero speciale per un’adolescente, la cui vita era stata continuamente sottomessa dalla forza brutale maschile (il padre, i fratelli, l’insegnante di matematica, il suo padrone di lavoro…).
Ho fatto la spia affonda le radici su tematiche come il maschilismo, il razzismo e le diseguaglianze sociali. Il concetto di famiglia viene espresso come un albero gigantesco, le cui radici, seppur marce, sono aggrovigliate sottoterra inestricabilmente.
Viene comunque lasciata aperta una possibilità di speranza e di riscatto nei confronti di chi ha fatto soffrire Violet, di chi l’ha abusata e lasciata sola.
È un racconto crudo, claustrofobico, angosciante, da cui il lettore non ha scampo fino alla fine del romanzo.
Joyce Carol Oates
Joyce Carol Oates ha ricevuto numerosi importanti riconoscimenti, tra i quali vale la pena ricordare: la National Medal of Humanities, il National Book Critics Circle Ivan Sandrof Lifetime Achievement Award, il National Book Award e il PEN/Malamud Award for Excellence in Short Fiction. Autrice enormemente prolifica, ha scritto alcune delle opere più significative del nostro tempo, tra le quali: Una brava ragazza, Blonde, I ricchi. Insegna alla Princeton University ed è membro dell’American Academy of Arts and Letters dal 1978.
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