I figli di Odino




Recensione di Clementina Di Branco


Autore: Harald Gilbers

Traduttore: Giovanni Giri

Editore: Emons

Genere: Thriller

Pagine: 376

Anno di pubblicazione: 2017

Nel romanzo“I figli di Odino” ritroviamo Richard Oppenheimer, ex commissario della polizia criminale, ora con una nuova identità, quella di Hermann Meier. Richard-Hermann vive o meglio sopravvive come può in una Berlino fin du monde, assediata dalle bombe, con i Russi alle porte e i nazisti in fuga.

Nonostante la propaganda, le sorti del Reich appaiono ormai segnate e chiunque abbia le possibilità prova a scappare e a cancellare i legami con il partito nazionalsocialista. Tra i gerarchi nazisti in fuga c’è Heirich Hauser, autore dei crudeli esperimenti ad Auschwitz. Quando il corpo di Heinrich viene trovato senza vita in un appartamento della capitale, le accuse si concentrano sulla sua ex moglie Hilde von Strachwitz. Se per Hilde la condanna a morte presso il Tribunale del popolo è cosa certa, per Richard inizia una corsa contro il tempo nel tentativo di salvare l’amica. Non sarà facile per l’ex commissario scoprire la verità sulla morte di Hauser a partire da un unico indizio, un simbolo trovato sul luogo del delitto, ossia tre triangoli che evocano un mondo ancor più primitivo della Germania ormai quasi sconfitta.

È un teatro familiare quello della seconda guerra mondiale. Tuttavia nel romanzo non vediamo lager né prigionieri, pur intuendone la lontana esistenza come i nostri protagonisti. Viviamo invece la paura di chi in città è rimasto e si nasconde, primo fra tutti Richard, consapevole che può bastare qualunque esitazione per essere smascherato. Siamo testimoni della sua grande solitudine e della fatica della sopravvivenza che accomuna tutti, tedeschi ed ebrei, gente comune e militari che nella notte si ritrovano nei rifugi per poi scorgere al mattino nuove macerie.

Su questo scenario si costruisce la vicenda di cui i figli di Odino, una loggia massonica, tirano le fila. Richard entrerà in contatto anche con questo mondo scoprendo come la follia può spingere alla deformazione della realtà.

Se il mondo della guerra è brutale, violento e totalmente incontrollato, appartenente al caos, la violenza programmata e razionale del lager lascia ammutoliti. Proprio negli appunti di Hauser si nascondono i risultati di tanto orrore perpetrato nelle fucine tedesche.

Si tratta di un romanzo corposo, 376 pagine, la cui azione si dipana in un arco di tempo molto breve, dal 18 gennaio al 12 marzo 1945, e in questo caso le date sono sicuramente importanti. Assistiamo al crollo dell’impero i cui ideali e proclami di fedeltà assomigliano sempre più ai capricci di un bambino che non accetta la realtà. Ogni tentativo di riaffermare i valori del nazionalsocialismo risultano ridicoli e vani di fronte alla paura della morte e ancora di più al pensiero dei futuri processi.

Harald Gilbers


Harald Gilbens è nato a Monaco di Baviera nel 1969, Ha studiato letteratura inglese e storia contemporanea e prima di dedicarsi alla regia, ha lavorato come giornalista. Autore di successo, i suoi gialli sono stati tradotti in molte lingue,

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