Recensione di Loredana Cescutti
Autore: Katarzyna Bonda
Editore: Piemme
Traduzione: Laura Rescio
Serie: Hubert Meyer #1
Genere: Thriller
Pagine: 464 p., R
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Solo trasgredendo le regole, Hubert Meyer potrà giungere alla soluzione. Nina Frank è un’attrice molto popolare grazie al ruolo di suor Joanna che interpreta in una serie tv polacca. Milioni di spettatori la adorano, fin quasi a credere nell’immagine creata. Ma Nina, in realtà, ha un passato piuttosto tormentato e conduce una vita molto sregolata, caratterizzata da dipendenze di ogni tipo e numerosi amanti. Quando viene trovata morta nella sua dimora presso il fiume Bug, nel villaggio di Mielnik, Hubert Meyer – profiler della polizia – capisce di trovarsi davanti a un caso torbido, pieno di disperazione e dolore. I segreti della donna vengono a galla pian piano, grazie anche al rinvenimento del suo diario. Nel frattempo, mentre scava nell’oscura vita di Nina Frank e cerca di creare un profilo dell’assassino, Meyer sarà costretto ad analizzare anche il proprio passato, e i ricordi lo assaliranno fino a spingerlo ad affrontare segreti che ha tenuto nascosti per molto tempo, persino a sé stesso.
“Se menti una volta, poi devi farlo sempre più spesso. Ti perdi nelle tue bugie. E, mentendo a te stesso, dici di non provare neanche un senso di colpa, mentre il peso del male ti schiaccia.”
Recensione
Siate sinceri, chi di voi dopo aver visto la copertina di questo libro, dopo averne letto il titolo e la sinossi, non è rimasto, anche solo per un momento, colpito e in qualche modo ipnoticamente affascinato?
Io conosco Katarzyna Bonda attraverso l’altra serie da lei proposta, che vede per protagonista la ex poliziotta e profiler Sasza Zaluska, ricca di problemi personali, ma maledettamente in gamba in quello che era il suo lavoro una volta e che, sta cercando di riconquistarsi adesso, assieme alla sua vita. Una serie sicuramente dai ritmi più lenti e accostata sempre a un determinato periodo storico particolare, che un po’ alla volta ti permette di conoscere la Polonia, uno stato anni luce lontano dal nostro modo di vivere per mentalità e possibilità. Libri duri, a tratti veramente di difficile lettura per come tutto ti viene presentato senza risparmiarti nulla ma, comunque interessanti e avvincenti e che però, richiedono una predisposizione nel momento in cui si decide di affrontarli.
Proprio per questo motivo, per una curiosità insita in me da sempre quando si tratta di fare la conoscenza di nuovi personaggi problematici e, seguendo il richiamo del libro, ho deciso di provare questa nuova serie, che si discosta completamente per ritmo e stile dalla precedente.
Un salto nel vuoto senza paracadute, E che salto!
Una lettura che si trasforma in storia corale a due voci, da un lato quella di Meyer, il profiler, che scava, pensa, ricostruisce e ricompone una vita e dall’altra quella più fredda, scostante, a tratti emozionata, sofferente, debole, forte, delusa, amareggiata, arrabbiata, distrutta, disillusa ma ancheconsapevole di Nina, la vittima, che attraverso le pagine del suo diario, un po’ alla volta ripercorrerà i fatti salienti della sua esistenza.
“La vittima è un libro che bisogna saper leggere.”
Sogni, illusioni che vengono gradualmente spazzati via da una vita che non perdona, da un’innocenza precocemente bruciata, dall’assenza di affetti positivi, e dalla presenza al contrario di una promiscuità di rapporti negativi, interessati, malsani e deleteri, per il fisico e soprattutto per la fragilità di una giovane ragazzina spensierata, costretta a trasformarsi in donna troppo presto. Una vita segnata e spezzata alla nascita, che non è più riuscita a trovare un suo posto nel mondo. Ha semplicemente seguito la corrente per non soccombere.
Una voce che fuoriesce dal racconto in modo straziante, che nel bene (poco) e nel male (tantissimo) narra ciò che è ora, ciò che è stata e come ha fatto a diventare quella che poi, si è ritrovata su un tavolo grigio e freddo dell’obitorio, barbaramente uccisa.
“… ero distrutta dal senso di colpa. Ero consapevole di essermi meritata tutto e di non potermela prendere con nessuno. Ero rimasta così a lungo nell’illusione, la mia finzione era diventata sempre più bella, anche se ogni bugia non faceva altro che pesarmi ogni istante un po’ di più.”
Nina Frank anche da morta sarà comunque in grado di monopolizzare l’attenzione di tutti ma, non dimentichiamoci di Hubert Meyer, il profiler sottopagato mandato a Mielnik per dare una mano a risolvere il caso, mal visto da una buona parte della polizia poiché paragonato ad uno che legge i fondi del caffè, con una fede al dito che da un po’ stringe fin troppo e con le sue intuizioni che gli fanno perdere contatto con la realtà. Non fraintendetemi, non è matto, ma al suo lavoro, che poi è la sua passione e la sua vita, lui da tutto. Quando segue un caso si distanzia fisicamente e mentalmente dal resto (famiglia compresa) e nulla ha più importanza se non il compito che gli viene assegnato.
Ma l’omicidio di Nina lo costringerà a fare un’autoanalisi che rimandava da tempo, per guardarsi dentro e per capire che direzione vorrà far prendere alla sua vita.
“Il caso della morte dell’attrice era strano. Era come se, cercando l’assassino di Nika, trovasse la risposta a domande che riguardavano la sua vita.”
Quest’indagine si rivelerà difficile per più motivi a partire dalle troppe tracce manomesse, dall’ambiguità della polizia, passando per le amicizie intoccabili dell’attrice, oltre ad un disinteresse di fondo da parte di chi la conosceva e gli innumerevoli depistaggi nei confronti del profiler anche da parte dell’attrice stessa, nella quale si racchiudevano una moltitudine di ruoli diversi.
“…quell’assassinio era come una matrioska. Tiravi fuori una donna colorata e ne veniva fuori un’altra, dentro cui ce n’era un’altra ancora.”
La domanda di fondo per buona parte del libro è sicuramente stata:
“Chi era veramente Nina Frank?”.
E poi, subito dopo, un’altra faceva capolino nelle pagine a seguire:
“Quanta gente la voleva uccidere quella notte?”
La voce che vi verrà restituita dalle pagine arriverà vera e, sembrerà ridare vita ad un corpo martoriato che ormai si compone solo di silenzi gelidi e che, non riesce ad avere più un suo diritto d’espressione ma che per la prima volta nella sua vita, forse troverà un suo posto nel mondo e un po’ di vero sollievo.
Le parole di Nina forniranno i pezzi del puzzle e i pensieri di Hubert avranno il compito di ricomporre il quadro della vita di questa donna spezzata e noi, non potremo fare altro che assistere a questa sua rappresentazione ricca di dolore e annientamento.
L’autrice, a mio avviso ha proposto un lavoro di ottimo livello e personalmente, pur piacendomi anche la serie con Sasza Zaluska, in questa ho trovato una scrittura assolutamente più scorrevole, più profonda e a tratti intima nonostante i contenuti si siano dimostrati abbastanza tosti. Le parti dedicate al diario di Nina Frank ti trasmettono la stessa sgradevolezza provata da chi le ha vissute e più leggi, più finisci per inoltrarti nella sua testa, nel suo cuore. La sua sofferenza appare genuina, quasi reale e a mio modo di vedere, da maggiore importanza all’intero romanzo e ti permette di capire e di sentire perché sia diventata ciò che è.
Anche Hubert Meyer è un personaggio sicuramente ben caratterizzato, a tratti strano, ma molto intuitivo, che si lascia rapire da quelle che lui chiama intuizioni, per poi riuscire a toccare il sordido e capirlo, al fine ultimo di raggiungere il suo obiettivo, ovvero identificare il profilo esatto del killer.
Oltre ai due personaggi c’è però anche il tema da considerare, che si abbatte come una mannaia sul libro. Si parla di violenza sessuale sulle donne a tutte le età e a tutti i livelli, di violenze psicologiche e abusi in famiglia e ovviamente, di vittime.
È un libro forte?
Sicuramente sì, ma se vi accadrà la stessa magia che è capitata a me, rimarrete stregati da Nina nella sua interezza e forse, alla fine, riuscirete ad avere maggiore chiarezza sulla complessità di questo personaggio tremendamente autodistruttivo, ma allo stesso modo terribilmente ipnotico.
E poi diciamocelo, anche le stranezze di Meyer non passeranno inosservate e vi aiuteranno ad ampliare le vostre prospettive.
Quanto al finale, beh, preparatevi a rimanere letteralmente senza parole e per inciso, queste sono le cose che piacciono a me.
Leggere, farsi un film mentale di come si chiuderà quando ormai sei convinto di conoscere tutto e invece… il meglio deve ancora arrivare!
L’unica domanda stupida è quella che volevi fare e che non hai fatto.”
Pensateci.
Buona lettura!
Katarzyna Bonda
nata nel 1977, è una delle penne emergenti più note della Polonia, tanto da essere definita la «risposta polacca a Jo Nesbø». La sua ultima serie crime vede protagonista la detective profiler Sasza Załuska ed è attualmente composta da tre volumi, in Italia proposti da Piemme e che nell’ordine sono “Non esistono buone intenzioni” (2018), “Nessuna morte è perfetta” (2018), “Ognuno è carnefice” (2019). I diritti di traduzione sono stati venduti in tredici Stati. Da un suo saggio sulle donne criminali, nel 2015 è stato tratto un documentario candidato all’Oscar. Con questo primo romanzo di una nuova serie di thriller, la giallista numero uno in Polonia, ci presenta un detective profiler affascinante e dai metodi non sempre ortodossi: Hubert Meyer.