Recensione di François Morlupi
Autore: Dario Bevilacqua
Editore: Castelvecchi Editore
Genere: Noir
Pagine: 154
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Dopo alcuni anni da ricercatore precario all’università, Mario Valizze è finalmente riuscito a trovare un “posto d’oro”: contratto a tempo indeterminato da funzionario pubblico all’Agenzia delle dogane. Il giorno in cui deve prendere servizio, in una Modena torrida e asfissiante, viene ritrovata una mano con una parte di avambraccio, reciso di netto. La vittima è Agnes Gruber, giovane donna tedesca stabilitasi in Italia da molti anni e assistente di laboratorio presso il centro analisi dell’Agenzia. L’inchiesta è condotta dal commissario Molotti, napoletano, trasferito in Emilia per ragioni disciplinari. Comincia così un’indagine serrata e ricca di colpi di scena, che vede Molotti impegnato a risolvere il caso insieme a Valizze, un inaspettato braccio destro. Intanto il lettore scoprirà a poco a poco il passato, le vicissitudini e le emozioni dei due protagonisti, che saranno l’occasione per una riflessione sull’attualità italiana, sul mondo del lavoro, sulle pubbliche amministrazioni, sull’università e sulla vivibilità delle città.
Recensione
Il coraggio del gatto, è stato, fin dalle primissime righe, una lieta sorpresa. Forse perché questo romanzo di 150 pagine racchiude, malgrado non sia effettivamente molto lungo, le caratteristiche che, di norma, amo in un poliziesco.
Il romanzo d’esordio di Dario Bevilacqua non è infatti un mero giallo. E’ un noir, dove l’inchiesta è una scusa per poter raccontare altro ed affrontare tematiche tra le più disparate. Non lascia ai lettori unicamente una scia di sangue, ma molteplici spunti di riflessione.
L’intera vicenda si svolge nella magnifica Modena, una delle città più importanti dell’Emilia Romagna. Risulta subito evidente che nella descrizione della patria delle macchine da corsa, vi sia un rapporto, di amore odio. La città è dipinta in tutta la sua completezza: dal cibo (interessantissime per il sottoscritto le disgressioni sulle pietanze locali), alle vie principali con monumenti annessi, dalla mentalità di provincia che spesso è un limite fino ad arrivare alle qualità dei cittadini. Ovviamente molte delle descrizioni non sono, a mio avviso, inventate. Bevilacqua mette in risalto e racconta pregi e difetti di una città che ha vissuto quotidianemente per parecchi mesi e ciò la rende veritiera, viva e soprattutto credibile. Non ci sono supereroi, né bianchi o neri, bensì persone “grigie” che nel loro quotidiano, affrontano i soprusi di una società ingiusta e spesso indifferente e cattiva nei loro confronti.
In questo caso, la figura del protagonista, Valizze, un giovane precario che pur di ottenere un contratto a tempo indeterminato, rinuncia a qualsiasi tipo di sogni di carriera accademica e universitaria è emblematica; è lo specchio della famosa generazione da “1000 euro” che si ritrova catapultata senza preavviso né preparazione in una crisi sociale, economica e morale e tenta, in tutti i modi, di non annegare, raccogliendo i cocci sparsi qua e là. Il lettore non potrà non immedesimarsi in questo giovane che tra mille difficoltà, affronta ossequiosamente la propria esistenza e si destreggia per sbarcare il lunario.
L’incontro, fortuito ma anche decisivo, con il commissario Molotti, lo aiuterà probabilmente a capire meglio alcune dinamiche della città e anche della vita in generale.
Il commissario Molotti difatti, è un uomo di mezza età, di esperienza, dai modi burberi ma sagaci. Questo piccolo scontro generazionale porterà però dei frutti ad entrambi. Subiranno una evoluzione nel loro personale percorso di crescita in quanto uomini.
I loro battibecchi, così come i loro botta e risposta, servono ad allegerire una tensione crescente in tutto l’arco del libro. Perché se è vero che spesso l’autore, tramite il giovane protagonista, ne ha per tutti e di tutti i colori, affrontando tematiche serie come il mondo universitario zeppo di baroni, raccomandazioni e giochi di potere alla Game of Thrones, non va dimenticata una parte essenziale del libro, ovvero l’indagine su questo efferato crimine. L’autore mescola sapientemente toni noir ad ironia pungente.
Il ritmo è incalzante, scorrevole e la scrittura semplice ma efficace. La scelta di brevi capitoli, risulta azzeccata e vincente. Il lettore non potrà fare a meno di divorarli.
In finale un libro che risulta notevole come romanzo d’esordio e che lascia presagire un ottimo futuro per un autore che possiede tutti i crismi per farci passare ancora piacevoli serate.
INTERVISTA
Quali sono i tuoi scrittori gialli preferiti. Dacci cinque titoli che secondo te non dovrebbero mancare in nessuna collezione.
Non è una domanda semplice: da lettore vorace e curioso ho amato molti autori e da quasi tutti ho ricevuto qualcosa che mi ha arricchito, quindi non è facile stilare una classifica. Tra i miei autori preferiti, limitandoci al genere giallo, ci sono sicuramente Agata Christie, Edgar Allan Poe, Andrea Camilleri, Fred Vargas, Maurizio De Giovanni, Carlo Lucarelli, Giorgio Scerbanenco. Ma ho apprezzato molto anche Stieg Larsen, Joe Nesbø, Giancarlo De Cataldo e Antonio Manzini.
Se devo nominare cinque titoli, ti direi un classico – che ci deve sempre stare – e quattro contemporanei, aggiungendo che sono stati questi ultimi a influenzarmi di più, perché in qualche modo hanno reinventato il giallo, aggiungendo all’intreccio e alla soluzione dell’enigma riflessioni e analisi sociali o intimiste, che spesso sono profonde, articolate ed emozionanti tanto quanto la trama “gialla”.
Ecco i titoli, quindi:
1. Assassinio sull’Orient express, di Agata Christie;
2. Traditori di tutti, di Giorgio Scerbanenco;
3. L’ottava vibrazione, di Carlo Lucarelli;
4. Il ladro di merendine, di Andrea Camilleri;
5. Il posto di ognuno, di Maurizio De Giovanni.
Quanto c’è di vissuto e veritiero nella descrizione di Modena e dei personaggi da te creati/raccontati? (il locale Hopper per esempio)
Intanto mi fa piacere che tu abbia riconosciuto la citazione, anche se non era difficile in effetti.
Allora, quel locale è una delle poche cose non vere. Anche se mi è capitato di andare in un ristorante proprio fuori Modena che era piuttosto brutto esteticamente, molto standard diciamo, ma ottimo nel menù. Quindi simile a quello descritto nel romanzo e simile anche al dipinto di Hopper, ma non così simile come l’ho descritto io. Però quasi tutto poi è vero: sono vere le vie e le piazze, è vera la storica trattoria in centro dove va a mangiare Molotti, è vera la sede dell’Agenzia, anche se nella realtà c’è il Laboratorio periferico dell’Ispettorato per il controllo dei prodotti alimentari, dove ho lavorato per un anno, dal 2008 al 2009. C’è, quindi, tanto vissuto nel romanzo, anche nei personaggi. Però, come per il locale del quadro di Hopper, mi sono divertito a giocare con verità e finzione: quindi un vezzo o un difetto di qualche mio ex collega è stato ingigantito, spostato su altri, reso funzionale alla trama, qualche luogo è stato imbruttito o abbellito, il caldo afoso è reale, ma forse non comincia così presto. Lo stesso vale per i protagonisti, che ovviamente hanno tanto di me, ma anche qualcosa di inventato: per questo io non sono totalmente Valizze e nemmeno totalmente Molotti, però c’è qualcosa di me in entrambi. Diciamo che, come primo romanzo, avevo bisogno di andare sul sicuro, di giocare in casa, così ho ripreso luoghi, emozioni, sensazioni e caratteri che hanno avuto una loro esistenza reale e che forse ce l’hanno ancora.
Il duo protagonista del romanzo sarà presente nei prossimi libri?
Dai per scontato che ci saranno altri libri: questo mi fa piacere! Sì, in effetti, sto già lavorando a un sequel, sperando di riuscire a portarlo a termine. Naturalmente i due protagonisti saranno gli stessi, ma cambierà la location. Con un paio di pretesti narrativi porto entrambi a Roma, la mia citta natia e nella quale risiedo. Mi piacerebbe molto riuscire a fare una serie itinerante, cambiando appunto il luogo del delitto e delle indagini in ogni romanzo. Questo perché i luoghi e il rapporto che si instaura tra questi ultimi e le persone sono importanti, condizionano le nostre vite, le nostre percezioni, i nostri approcci. La scelta di Modena, come scrivo nella breve nota dei ringraziamenti nasce dal fatto che l’ho sempre vista come la location perfetta per un noir o per un giallo, quindi ho deciso di ambientarlo lì. Ma anche Roma lo è, come tante altre città italiane. Tornando al nuovo libro, devo dire che mi sto molto divertendo a continuare le avventure dei due protagonisti: questa volta poi sono più libero e mi sento più sicuro della prima pubblicazione, quindi cercherò di arricchire i loro caratteri, di rivelare di più delle loro vite, anche passate. Spero solo di trovare il tempo per scriverlo come si merita e che “Il coraggio del gatto” possa fare un po’ da traino per… fidelizzare un po’ di lettori.
Dario Bevilacqua
È nato a Roma nel 1977, dove vive. Studioso di diritto amministrativo, è un funzionario del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. Questo è il suo primo romanzo.
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