Recensione di Marianna Di Felice
Autore: Yrsa Sigurðardóttir
Editore: Mondadori
Traduzione: Stefano Massaron
Genere: Thriller
Pagine: 321
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Dodici anni dopo l’omicidio di una bambina nel parco giochi di una scuola media di Reykjavík, viene dissotterrata una capsula del tempo, una scatola che contiene lettere scritte dieci anni prima da un gruppo di alunni, ai quali era stato chiesto di immaginare come sarebbe stata l’Islanda nel 2016. Ma tra i messaggi ce n’è uno anonimo che riporta le iniziali di sei persone, sei future vittime di omicidio. Il caso viene assegnato al detective Huldar, che assieme alla collega psicologa Freyja cerca di ricostruire il profilo dell’autore di quelle minacce. Proprio quando l’inchiesta sembra confermare che l’elenco è solo frutto della fervida e innocua immaginazione di un ragazzo, la polizia trova due mani mozzate senza che ci sia la traccia del corpo a cui appartengono. Le indagini conducono all’identificazione della vittima, ma non prima che altre persone, le cui iniziali coincidono con quelle del misterioso messaggio, vengano assassinate. A questo punto, per il detective Huldar e la collega il tempo diventa un fattore determinante: ogni giorno che passa una nuova vittima potrebbe venire associata alle sue iniziali…
“Le seguenti persone moriranno: K, S, BT, JJ, AV e I. Nessuno sentirà la loro mancanza, io meno di tutti. Non vedo l’ora”
Recensione
Esistono capsule o bottiglie che contengono confidenze, sogni, messaggi, ma ne esistono di oscureche fanno venire i brividi perché contengono minacce o avvertimenti.
Doveva essere un gioco che stimolava la fantasia degli scolari sul futuro dell’Islanda, ma se uno studente predice la morte di sei persone e il messaggio viene ritrovato dopo dieci anni nella capsula del tempo, c’è qualcosa che non va e non si tratta di un gioco, come si pensava all’inizio.
Qualcuno aveva annunciato sei dipartite, il 2016 procedeva apparentemente senza morti sospette anche se le iniziali di alcuni nomi o cognomi sono piuttosto comuni nella terra del ghiaccio.
La polizia non sa se prendere sul serio un messaggio del genere perché scritto da qualcuno che a quell’età è in lotta col mondo e forse è in piena crisi giovanile, quindi non si può pretendere di avviare un’indagine sulla base di funeree invenzioni adolescenziali…fino a quando non si fa un macabro ritrovamento allora a quel punto è priorità assoluta trovare l’ideatore del messaggio e capire perché lo ha scritto. Sembra una ricerca facile, ma non lo è per niente perché se non si capisce l’origine si può incorrere in false piste.
Huldar, un capo dipartimento declassato, lo intuisce e quando capisce la gravità inizia la sua lotta contro il tempo. La Sigurdardottir non delude mai, la sua scrittura incolla gli occhi del lettore alle pagine del thriller e quando il ritmo incalza, si rimane totalmente ipnotizzati dalla trama. Attraverso una scrittura tranquilla senza effetti speciali si sbroglia una macchinazione frutto di un atroce dolore che lascia l’amaro in bocca al lettore perché il caso descritto potrebbe far parte della realtà. Un caso che riguarda la morte di una bambina innocente.
Un sistema che nasconde confessioni, ma perché?
Un caso sepolto sotto cumuli di terra grazie a quelli che ne fecero parte, gli stessi che continuano a versare terra sopra fino a formare una montagna, fin troppo visibile, che verrà scoperta. I sospetti iniziano quando i silenzi diventano troppo pressanti.
Huldar infatti si chiede il perché di tanto riserbo, ma non poteva mai sospettare il macabro e sordido mucchio di menzogne che sarebbe riuscito a tirar fuori e che avrebbe investito tutti come se avessero scoperchiato il vaso di Pandora!
Immaginava ci fosse qualcosa sotto, è normale, ma non credeva potesse esserci la malvagità assoluta e un dolore profondo e infinito che porta alla lucida pazzia.
Huldar è un uomo con i suoi alti e bassi, nell’ultimo periodo un po’ troppo bassi, non è preparato a tanta atrocità che potrebbe far scattare in lui una reazione poco consona per il lavoro che fa, ma è un comportamento normale in risposta agli anni in cui l’omicidio di una bambina aveva lasciato domande che erano state soffocate in un oblio impregnato di terrore.
Di questo libro si può parlare solo in questo modo senza svelare più di tanto perché la trama è così lineare, anche se assolutamente accattivante, che se si svelano certi punti luce che partono dalla causa iniziale si potrebbe giungere ad una conclusione troppo in fretta, perdendo così tutta la suspense e le cause che hanno portato al messaggio nella capsula.
La scrittrice rende le immagini decisamente vivide, sembra di vedere intorno al lettore i personaggi che si affaccendano per trovare l’assassino e scoprire la verità. Sembra di esser circondati dalla lucidità e freddezza del ghiaccio, dalla polvere di neve che il vento alza e da una sottile inquietudine che porta alla soluzione del caso.
La bianca terra del ghiaccio si colora di rosso, i lettori saranno pronti a farsi sconvolgere dagli eventi?
Buona lettura!
Yrsa Sigurðardóttir
Yrsa Sigurðardóttir (Reykjavík, 24 agosto 1963) ha iniziato a scrivere nel 1998 ed è considerata una delle migliori autrici contemporanee di thriller. Prima di dedicarsi alla scrittura lavorava come ingegnere civile. Il cacciatore di orfani (Mondadori 2018) ha vinto l’Icelandic Crime Book of the Year Award. Tra gli altri suoi libri editi in Italia: Mi ricordo di te (2012), Cenere (2014), Guardami (2015), tutti editi da Il Saggiatore. Nel 2019 esce per Mondadori Il tempo della vendetta.