Viaggio nella letteratura con la psicologia. Il volto dell’assassino




Recensione di Ilaria Bagnati


Autore: Amy McLellan

Traduzione: Maria Elisabetta De Medio

Editore: Corbaccio

Genere: Thriller

Pagine: 360

Anno di pubblicazione: 2020

 

 

 

 

Sinossi. In seguito a un drammatico incidente, Sarah ha cominciato a soffrire di un disturbo neurologico molto particolare: ha perso in parte la memoria, ma soprattutto non riesce più a riconoscere i volti delle persone. Da allora vive con la sorella vedova e con il nipote. Fino a quando, una sera, qualcuno si introduce a casa loro e, mentre Sarah guarda la televisione, la sorella viene pugnalata a morte. Sarah accorre sentendo delle grida provenire dalla cucina, e vede un uomo accanirsi sul corpo della sorella. Ma lei sa che il ricordo di quel viso si perderà per sempre nella nebbia della sua mente e che arrivare a capire cosa è successo sarà un’impresa praticamente impossibile. Eppure deve provarci…

 

 

 

Recensione

In questo nuovo appuntamento con la rubrica ho deciso di parlarvi di prosopagnosia. Sono partita dal libro Il volto dell’assassino che ho già recensito per Thrillernord. La protagonista, Sarah, dopo un incidente automobilistico inizia ad avere vuoti di memoria e a non riconoscere i volti delle persone, soffre di prosopagnosia.

Cos’è la prosopagnosia?

È l’incapacità di riconoscere le facce delle persone e, nei casi più gravi, di distinguere la propria immagine in fotografia. Detta anche cecità per i volti, colpisce il 2% della popolazione e può manifestarsi alla nascita o sopravvenire in seguito a un danno cerebrale (trauma, ictus, malattie degenerative).  Come accade a Sarah, nei casi più gravi la persona non riesce a riconoscere neanche la propria immagine allo specchio.

Cosa può esserci di peggio di così? Sono un’estranea a me stessa e tutti mi sono estranei.

Tale patologia fu studiata approfonditamente già nel XVIII secolo, il termine prosopagnosia invece deriva dal greco prosopon (faccia) e a-gnosisi (senza conoscenza) e fu coniato nel 1947 dal neurologo tedesco Joachim Bodamer il quale riportò alcuni casi tra cui quello di un giovane uomo di 24 anni che, a causa di una ferita da arma da fuoco alla testa, aveva perso la capacità di riconoscere i volti. Tuttavia egli era capace di riconoscere le persone utilizzando altre modalità sensoriali quali udito e tatto o indizi extra-facciali come andatura e taglio di capelli.

I soggetti con prosopagnosia infatti non sono in grado di riconoscere più i volti delle persone care, perdendo talvolta anche la sensazione di familiarità per i visi conosciuti, ma individuano le persone note dalla voce o da qualche accessorio caratteristico, per esempio i capelli. In alcuni casi la difficoltà è limitata al riconoscimento di persone viste meno frequentemente in contesti inaspettati.

La sorella di Sarah, per farsi riconoscere fuori casa, è costretta a mettere maglioncini dai colori sgargianti e dai gusti improbabili.

Si possono distinguere due forme di prosopagnosia, una congenita e un’altra acquisita. Possiamo parlare di prosopagnosia acquisita, acquired prosopagnosia (AP), quando una lesione cerebrale danneggia l’abilità di riconoscere i volti noti. Tale deficit cognitivo può avere varie origini tra cui stroke sia di tipo ischemico che emorragico coinvolgente bilateralmente le aree occipito-temporali; tra le possibili diagnosi eziologiche si annoverano anche traumi cranio-encefalici, lobectomie finalizzate all’asportazione di focolai epilettogeni, disturbi degenerativi, avvelenamento da monossido di carbonio.

L’altra forma di prosopagnosia si manifesta senza apparenti cause ed è nota come forma congenita o ereditaria. Tale tipologia di deficit nel riconoscimento dei volti noti, in inglese developmental prosopagnosia (DP), può essere descritta come un disturbo del neurosviluppo, conseguente dal fallimento nello sviluppo dei meccanismi cognitivi necessari per il riconoscimento dell’identità dei volti. I soggetti con developmental prosopagnosia manifestano da sempre grandi difficoltà nel riconoscimento di volti noti, nonostante non presentino lesioni cerebrali note o rilevabili, abbiano normali abilità visive e intellettive.

Sugli individui interessati, l’incapacità di riconoscimento dei volti, indotta dalla prosopagnosia, ha diverse conseguenze, tra cui:

  • Fobia sociale (o disturbo d’ansia sociale);
  • Difficoltà nell’instaurare solide relazioni interpersonali con parenti o amici;
  • Difficoltà nell’instaurare nuovi rapporti interpersonali;
  • Problemi di relazione in ambito scolastico/lavorativo;
  • Momenti di depressione, dovuti alle difficoltà di relazione sociale.

Nelle sue forme più gravi, la prosopagnosia può compromettere: la capacità di riconoscimento delle espressioni facciali, la capacità di stimare anche solo in modo approssimativo l’età di una persona, la capacità di stabilire il sesso di un individuo, la capacità di riconoscere sé stessi in una foto, la capacità di distinguere oggetti o animali e la capacità di riconoscere un luogo familiare.

Una curiosità? Brad Pitt in un’intervista ha affermato di soffrire di prosopagnosia.

Riconosce i lineamenti di un volto ma non riesce a dargli un nome.

Tornando al libro, l’autrice è stata molto brava a descrivere il deficit neurologico, a far capire al lettore quanto può essere debilitante soffrirne. Pensate poi quanto può essere frustrante aver visto l’assassino di tua sorella e non ricordarne il volto!

 

A cura di Ilaria Bagnati

ilariaticonsigliaunlibro.blogspot.com

 

Amy McLellan


Amy McLellan è una giornalista free lance, che per lavoro ha viaggiato in tutto il mondo: dal sole di mezzanotte del circolo polare artico al caldo rovente del deserto dell’Oman, dal ventoso mare del Nord agli affollati bazaar di Teheran. Attualmente vive con marito e figli nello Shropshire, scrivendo per varie testate e coltivando la sua passione per la lettura. Quando non scrive e non legge, le piace correre le maratone ed esplorare le splendide colline vicino a casa.

 

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