Intervista a Alessandro Bastasi




A tu per tu con l’autore


Alessandro Bastasi, cosa ti ha spinto a scrivere?

Quando avevo vent’anni, un’era geologica fa, inondavo di dattiloscritti le case degli amici con racconti, appunti, riflessioni (era il Sessantotto, sembrava iniziata la scalata al cielo e scrivere era uno dei modi di partecipare). Poi è arrivato il teatro, recitavo a Venezia con il mitico Gino Cavalieri. Con l’esperienza di quel periodo, una volta giunto a Milano, ho scritto di teatro in varie riviste e quotidiani. È stato però dopo una permanenza in Russia dal 1990 al 1993 che ho iniziato a scrivere romanzi, il primo dei quali, “La fossa comune”, è un thriller politico ambientato a Mosca nel momento di passaggio dall’URSS comunista alla Russia di Eltzin: un evento d’importanza storica del quale sono stato spettatore in prima fila e che mi ha quasi “costretto” a raccontarlo

Come ti organizzi per scrivere? Ha già tutto il racconto in testa, lavori con una scaletta? Scrivi di getto?

In generale il racconto, almeno nelle linee generali, è presente nella mia testa e sui miei appunti molto prima di iniziare a scrivere, in mezzo di solito c’è un grosso lavoro di documentazione. Poi però faccio fatica a seguire una scaletta rigida, diciamo che scrivo più di getto, seguendo le linee guida del soggetto ma lasciandomi andare ai suggerimenti dei personaggi e delle situazioni.

Il tuo personaggio, il commissario Ferrazza, cosa ci puoi dire di lui?

Ferrazza tutto sommato è un uomo semplice, dedito con onestà e dedizione alla sua professione, senza vizi, con poche frequentazioni, poco disponibile a compromessi. Un uomo come tanti, peraltro abbastanza naive, soprattutto nei rapporti umani. Ha una donna di cui è innamorato, Laura, una relazione che spesso però scricchiola, non riuscendo lui – almeno all’inizio – a rapportarsi fino in fondo con una donna forte e volitiva come lei. Per Ferrazza ho scelto un percorso che, romanzo dopo romanzo, dovrebbe vederlo crescere in un’evoluzione non tanto o non solo in termini di capacità investigativa, quanto piuttosto in termini di maturità (anche sociale e politica) e di consapevolezze a tutto campo.

Hai un ricordo particolare di Marco Frilli?

Purtroppo non ho mai conosciuto de visu Marco Frilli, ma ho ben presente la sua voce. Forte, robusta, calda, molto convincente, anche quando esprimeva le sue critiche, sempre interessanti e motivate. Un ricordo? Be’, ricordo bene le motivazioni con le quali a suo tempo ha respinto il mio “La scelta di Lazzaro” (poi pubblicato con altri), pur inondandolo di lodi, e le parole con le quali, un paio d’anni dopo, ha invece accolto il romanzo che ha segnato l’inizio della mia avventura con Frilli, “Era la Milano da bere”: “Ma quanto cazzo di tempo ci hai messo a scriverlo e a mandarmelo?”

Cosa leggi e cosa consiglieresti alle nostre lettrici/ ai nostri lettori?

Leggo di tutto, da Tex e Diabolik all’Orlando Furioso commentato da Italo Calvino. Tanto noir, ovviamente, a partire da Scerbanenco fino a Massimo Carlotto, da Chandler a Ellroy. Ultimamente ho riletto un classico, “Furore”, di John Steinbeck, nella sua versione integrale. Ecco, questa è una lettura che consiglio vivamente, è un romanzo estremamente attuale che racconta le peripezie quasi bibliche di una famiglia costretta dalla crisi a migrare dall’Oklahoma fino in California, attratti dal miraggio di una vita migliore. Ricorda qualcosa?

Grazie a Alessandro Bastasi per la disponibilità.

Grazie a te!

A cura di Manuela Baldi

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