Intervista a A.Manzini, C. Carosio e P. Fornaro, Bottega del suono




Intervista a Antonio Manzini

A cura di Sabrina De Bastiani

 

 

 

 

 

Antonio, il pubblico televisivo italiano si sta gustando in questi giorni i due nuovi episodi che compongono la quarta stagione della fiction che ha per protagonista il Vice Questore Rocco Schiavone.  Prossimamente anche i telespettatori francesi, tedeschi, austriaci, inglesi, irlandesi, americani, canadesi, svizzeri, polacchi, cechi, bulgari, ex yugoslavi, albanesi, rumeni, olandesi, belgi, lussemburghesi, sud coreani e cinesi avranno modo di farlo. Ho elencato tutti i Paesi, infatti, nei quali, ad oggi, è stata venduta la fiction, di fatto la serie Rai più venduta all’estero.

Un risultato eccezionale dovuto alla caratura delle tue storie e delle tue sceneggiature, che anche il regista Spada non cessa di elogiare, al cast meraviglioso e a tutte le anime del progetto.

 

 

La prima scena dell’episodio Rien ne va plus, vede Rocco (sublime Marco Giallini) seduto su una spiaggia di fronte ad un uomo al quale racconta le motivazioni che lo hanno portato ad un esillio volontario lontano da Aosta e da Roma.  La scena si chiude con l’uomo che in inglese confessa di non comprendere la lingua del vice questore, eppure si ha l’impressione che abbia compreso ugualmente.

 

Questo lungo preambolo per ragionare con te su questo. Rocco Schiavone è un personaggio fortemente connotato  in base alla realtà geosociale che lo circonda e che vive, e allo stesso tempo è in grado di arrivare alle sensibilità più variegate. Quale pensi sia il viatico, il canale comunicativo forte  che permetterà a Rocco, in termini di fiction, di perforare la crosta terrestre e arrivare al cuore di spettatori cosi lontani in termini di spazio mondo?

Quello che parla a tutte le latitudini credo sia l’umanità di un personaggio, l’universalità dei suoi drammi, delle sue contraddizioni, debolezze e virtù al di fuori di lingue, religione e colore della pelle, altrimenti noi, in Italia, come faremmo a fruire e a goderci fim Coreani? Giapponesi? Indiani? Nigeriani? E ancora, com’è possibile che le tragedie greche siano passate indenni per duemilacinquecento anni. Che Shakespeare, Moliere e Goldoni riempiano ancoria teatri con le loro commedie, con le loro tragedie? Ecco per me dov’è il complimento più grande, valicare i confini, significa che abbiamo tutti fatto un grande lavoro e abbiamo parlato dell’essere umano, della vita, del dolore e dell’amore con uno sguardo ampio, disteso e, mi auguro appunto, universale.

 

 

Trovo che l’importanza dei doppiatori sia elemento fondamentale nella restituzione qualitativa di un prodotto cinematografico o televisivo in una lingua differente.  La timbrica, il colore della voce, le inflessioni, sono più che mai importanti nel caso di questa fiction. Tu come attore e in quanto molto vicino al mondo della recitazione, cosa ne pensi?

Io non guardo mai i film doppiati. Non me ne vogliano i doppiatori, ma trovo che, soprattutto negli ultimi tempi il lavoro di doppiaggio, per mancanza di fondi, sia peggiorato in maniera esponenziale. Addirittura spesso non si guardano neanche i “campi”, sono tutte voci in primo piano, senza profondità e anche la recitazione puzza da “buona la prima”. Preferisco ascoltare gli attori in presa diretta, qualsiasi lingua parlino, spesso una sfumatura o un tono regala più emozioni del significato della parola stessa. Non c’è niente da fare, il doppiaggio appiattisce l’espressività dell’attore. Soprattutto di quegli attori che fanno della voce un’estensione del loro corpo, e ci lavorano mesi per rendere il loro modio di parlare il più possibile aderente al personaggio.

 

Sempre restando in tema di “ linguaggio”, la musica è decisamente quello universale. Quanta importanza ha secondo te il commento musicale, che è stato anche premiato per la Migliore Musica Fiction TV, nel sottolineare determinati passaggi della serie? Che rapporto hai con la bellissima colonna sonora firmata da Corrado Carosio e Pierangelo Fornaro di Bottega del Suono? Ti capita o ti è capitato di scrivere ascoltando le musiche della fiction?

Corrado e Pierangelo sono due grandi musicisti e non finirò mai di ringraziarli per l’apporto sostanziale che hanno dato con la loro arte a questo progetto. Scrivo ascoltando musica, non quella della fiction. Quella è stata pensata per quelle immagini, quei momenti, querelle atmosfere. Il l,ibro è un altro paio di maniche. 

 

La quarta stagione in onda si compone come detto di due episodi, tratti rispettivamente dai tuoi romanzi Rien ne va plus e Ah l’amore l’amore.  La loro realizzazione ha impattato con lo scorso lockdown, ed è stata gravata da ritardi e slittamenti. Mi domandavo una cosa, sulla scia del secondo episodio che vede Rocco costretto in ospedale a seguito di un intervento chirurgico. Nemmeno in queste condizioni deficitarie lui riesce a stare “fermo”, né mentalmente né fisicamente (e la fine del romanzo lo attesta in piena gloria).  Ti è capitato di pensare come avrebbe reagito il tuo personaggio ad un lockdown così impervio ed incerto come lo abbiamo vissuto noi? Hai avuto la tentazione di raccontarlo facendone la base completa di un romanzo?

Durante la prima chiusura, quella di un anno fa per intenderci, ho scritto un racconto di Rocco proprio nei primi giorni della pandemia regalandolo ai lettori per dare 15 minuti di distrazione da quell’incubo che oggi, a distanza di un anno, si ripresenta. Non credo di volerne fare un romanzo, ho la fortuna di essere indietro di qualche anno con l’ambientazione, quindi per ora posso evitarmelo.

 

Nel corso delle stagioni della fiction, c’è qualche personaggio che, vedendolo interpretato sullo schermo,  ti  fatto sorgere  il desiderio di creare uno spin-off?

Tutti. 

 

Che scenario emotivo, circostante ed emotivamente circostante consegnerai alle prossime pagine che dedicherai a Schiavone?

Rocco dovrà fra poco affrontare un’altra prova che la vita, bastarda, gli metterà davanti. A maggio ti saprò dire di più. 

Antonio Manzini


Antonio, grata!

Un abbraccio, 

Sabrina

 

 



Intervista

a

Corrado Carosio e Pierangelo Fornaro,

Bottega del Suono


A cura di Sabrina De Bastiani 

 

Corrado Carosio e Pierangelo Fornaro

 

Pierangelo, Corrado ci raccontate come è nato il vostro sodalizio che ha dato origine a questa meravigliosa realtà che è Bottega del Suono?

Io e Corrado ci siamo conosciuti in Conservatorio qualche vita fa, quando eravamo giovincelli, intorno ai vent’anni, ecco. Studiavamo lì, io mi stavo diplomando in chitarra, Corrado si era già diplomato in pianoforte e studiava composizione. Al di là di questo in realtà praticamente non ci siamo messi a fare musica da camera, invece abbiamo preso a suonare canzoni originali con un gruppo pop rock. Lì ci siamo conosciuti davvero ed è nato un grande feeling. Dopodiché abbiamo continuato a studiare in Conservatorio e, terminato il percorso di studi, abbiamo fatto tantissime esperienze musicali oltre a quelle accademiche classiche. Alla fine del percorso con i Trademark,  il gruppo pop rock che menzionavamo prima, l’amicizia ed il feeling artistico è continuato in questa avventura  che è Bottega del Suono, con la voglia di fare musica per le immagini. La vicinanza geografica di Alessandria a Genova, Milano e Torino, inizialmente ci ha orientato verso le Agenzie di pubblicità. E la prima parte della nostra esperienza musicale, infatti  è stata proprio nel comporre musica per gli spot, ma sempre  con il sogno sempre di fare musica per il cinema e per le serie tv. Dopo tante esperienze che ci hanno arricchito nella pratica, perché uno spot prevede che si raccontino tanti stili musicali in poco tempo a disposizione, ci sono capitate un po’ di chances per alcune serie tv, principalmente Non uccidere, e dopo Non uccidere c’è stata una provinatura in Rai per Rocco Schiavone, e  abbiamo vinto. Fra l’altro l’incarico lo abbiamo ricevuto a fine Luglio e la consegna delle musiche doveva essere per gli  inizi di Settembre.

 

È ora in onda su Rai 2 la quarta stagione della fiction dedicata al Vice Questore Rocco Schiavone, e voi siete gli autori della Colonna Sonora, peraltro prestigiosamente premiata e apprezzatissima. Ora un conto è partire da una canzone già nota ed abbinarla per suggestione ad un testo scritto, e scritto, magari, avendo proprio in mente quella particolare musica. Ma, nel caso di trovarsi a comporre musiche originali, come si traduce in musica l’atmosfera di una scena scritta su carta o elaborata in immagini? Quali sono state le vostre suggestioni, cosa le ha in particolare fatte scaturire?

L’ossatura base della Colonna Sonora di rocco nella prima stagione è stata fatta con Michele Soavi che ne era il regista e che ci ha dato qualche suggerimento, qualche suggestione musicale. Poi noi, come sempre accade  nel nostro lavoro, mediamo.  Anche perché, nello specifico, le suggestioni di Michele erano molto disparate fra loro. Inizialmente,  infatti, ci  eravamo anche un po’ preoccupati. Quando avevamo incontrato Soavi ad Aosta, a fine Luglio, stava finendo di girare, era proprio agli ultimi giorni di set.  Ci parlava di sonorità alla Pink Floyd, di corni di montagna e di  Lezioni di piano di Nyman … Ecco,  tornando a casa in auto, io e Corrado siamo stati in silenzio un quarto d’ora … In effetti poi abbiamo accolto e rimodulato queste suggestioni: il linguaggio rock unito ai corni di montagna si tiene ed è molto epico, riveste questa cifra da cavaliere solitario, che è una caratteristica forte di Rocco.

 

Come si procede operativamente a costruire il commento sonoro di una fiction? A partire dal main theme? 

Ci sono molte sonorità che agiscono nella Colonna Sonora, l’elettronica, la musica orchestrale con archi legni e ottoni, il pianoforte e la chitarra blues che è molto rilevante. Ci sono tutti questi livelli differenti che alla fine vengono uniti dall’elemento tematico che ritorna e passa nella varie sezioni. Noi cerchiamo di muoverci facendo economia del materiale sonoro composto, anche perché è l’unica cosa che può rendere organica una Colonna Sonora che parta da aspetti e suggestioni totalmente distanti. Quindi un modo per uniformare, per ottenere un certo grado di omogeneità è quello di far circolare le note, le melodie gli spunti melodici anche riarrangiati, riarmonizzati, allargati, stretti, affinchè siano riconoscibili

 

Siete partiti dai romanzi scritti o direttamente dalle scene?

Le musiche le abbiamo scritte o leggendo la sceneggiatura o vedendo le scene già girate e premontate, secondo una logica di accostamento musica/immagini.

La musica si faceva più emotiva quando doveva sottolineare, ad esempio,  i momenti di Rocco nel ricordo di sua  moglie Marina, mentre diventava più tensiva nelle fasi di indagine.

 

 

Pierangelo Fornaro e Corrado Carosio

 

Quale aspetto della storia di Rocco Schiavone in ogni caso ha colpito di più la vostra sensibilità di musicisti?

Con Simone Spada, il regista della terza e di questa quarta Stagione, che ringraziamo, siamo andati a fare un lavoro di descrizione dei personaggi che in particolare nella Stagione ora in onda venivano ad avere un ruolo maggiore, ad esempio creando per Casella, l’agente di Rocco, che a 60 anni viene a trovarsi in una situazione di profondo innamoramento, un tema amoroso, o ancora lavorando su Antonio e le sue vicende, che scopriremo nella puntata di stasera.

E’ stato quindi fatto in questo caso un lavoro importante nell’unificare la Colonna Sonora già scritta per le Stagioni precedenti, con  queste nuove esigenze.

 

Che tipo di musica comporreste per accompagnare l’attualità così impervia di questi mesi?

Se dovesse rappresentare l’importanza della musica per la politica italiana ci vorrebbe una partitura di almeno 5 minuti di sole battute di silenzio…sarebbe la composizione più adatta per descriverla.

Corrado Carosio e Pierangelo Fornaro

Con passione, gratitudine, stima,

Sabrina De Bastiani