Intervista a Marcella Strazzuso




A tu per tu con l’autore


Ciao Marcella, ti ringrazio, anche a nome di ThrillerNord per aver accettato di rispondere a qualche domanda su “La ragazza fragile”.

La ragazza fragile” è un romanzo totalmente siciliano, anzi catanese ma allo stesso tempo si smarca dalla narrativa di genere molto localistica ancorata alla città in cui è ambientata per diventare un noir di interesse universale. E’ una lettura corretta?

La ragazza fragile è un romanzo totalmente catanese, come giustamente osservi. La città si accampa con prepotenza al suo interno, più protagonista degli stessi protagonisti. Le vie, le piazze, i monumenti, l’aria intrisa di salsedine, i colori, i profumi pervadono ogni pagina. Ma al di là del “colore locale” tanto caro ai veristi, allo stesso tempo Catania diviene metafora di una condizione universale. Le sue contraddizioni e le sue ferite: il degrado delle periferie, la criminalità, la sfiducia nei confronti delle istituzioni, l’incapacità di sopperire alle necessità degli abitanti la accomunano, anche se in modalità e misure differenti, a tutte le città del terzo millennio, piene di luci e di ombre, nelle quali la vita diventa spesso difficile.

Nel tuo romanzo si indaga su di un assassinio ma sotto inchiesta è soprattutto la società che non esce certo innocente, anche dopo la risoluzione del caso. Oltre che la ragazza è “fragile” anche la società in cui viviamo?

“Fragilità” è la parole chiave di questo romanzo. Proprio per questo ho chiesto che per il libro venisse realizzata una copertina che consentisse di recepire questo concetto anche visivamente: una ragazza sola con sullo sfondo i palazzoni di Librino, il quartiere alla periferia di Catania dove la vicenda è ambientata. Certamente la società in cui oggi ci troviamo ha perso la sua compattezza, e i legami tra le persone si sono affievoliti. Viviamo in una realtà liquida, per dirla con Bauman, anzi disgregata, dove sono venuti a mancare i punti di riferimento. Spesso ci si rinchiude in una dimensione privata, schiacciati sempre di più da interessi e preoccupazioni personali. E purtroppo questo disorientamento interessa tutti gli ambienti, dalla famiglia alla scuola, e i tutti i ceti sociali.

Tra i tanti personaggi del tuo libro spiccano le personalità femminili, apportatrici di una forza psicologica migliore di quella maschile ma non sufficiente a rendere il mondo più vivibile. Anche Maria Rosaria Baimonte, l’ispettore della Polizia così intraprendente ha le sue fragilità manifeste. Sei così pessimista sulla società attuale?

Non sono pessimista. Credo che la denuncia anche attraverso la scrittura sia un modo per far prendere coscienza della trasformazione, forse anche dell’involuzione, che la nostra società sta subendo e dei pericoli ai quali va incontro, in modo da intervenire con dei correttivi. Certo il compito maggiore spetta ai mezzi di informazione, alle istituzioni, alla politica, ma ognuno, con gli strumenti che ha a disposizione, deve fare la sua parte. Forse le donne hanno maturato, per ragioni storiche, una capacità di affrontare le difficoltà con una forza interiore che difficilmente si lascia scalfire. Nel romanzo di questa energia indomita ci sono diverse testimonianze: da Margaret Harlington, che a novant’anni gestisce ancora un’imponente azienda agricola, a Elisa Carlesi, avvocata che offre con generosità il suo supporto professionale alla madre della vittima, all’ispettrice Baiamonte che ogni giorno, al di là delle sconfitte, persegue con coraggio la sua lotta contro il male. Mi auguro che l’apporto delle donne possa contribuire a salvare il mondo.

Hai ambientato il tuo noir in parte in un liceo ed essendo un’insegnante conosci bene l’argomento ma la socialità nella scuola è così sconfortante dove non ci si preoccupa dei problemi e della fragilità degli studenti? “Com’è possibile che non ci siamo accorti di niente? Dice una ragazza al professore e lui risponde “E di cosa dovevamo accorgerci?”

Accanto alla famiglia la scuola è l’ambiente dove i ragazzi trascorrono la maggior parte del loro tempo ed è quindi importante affiancarli nel loro percorso di crescita fornendo loro i mezzi necessari ad affrontare con consapevolezza il mondo nel quale si troveranno a operare da adulti. Purtroppo non sempre riesce ad assolvere questo compito e a stare al passo con i tempi. Si è verificato uno scollamento tra alunni e insegnanti e vediamo questi ultimi annaspare dietro alle pretese burocratiche e aziendalistiche di una istituzione che si innova solo formalmente. Mi auguro che si trovino dei correttivi e si attui al più presto una riforma.

Se la scuola ha abdicato al suo ruolo di formazione dei ragazzi, ciò non assolve i genitori che non sono in grado di educare i figli e spesso hanno atteggiamenti ancora più infantili, perché la famiglia è diventata “liquida”. Vedi qualche motivo di speranza o credi che il futuro non porterà nessun miglioramento rispetto a quello prospettato nel tuo noir?

I giovani sono la nostra scommessa sul futuro, non possiamo abbandonarli anche se aver cura di loro sembra un’impresa a volte impossibile. Questo succede perché nell’ultimo periodo i mutamenti nella società sono stati repentini e mentre i ragazzi riescono a stare al passo con i tempi, gli adulti faticano. Nel romanzo vediamo i genitori, che hanno lottato contro l’autorità dei padri, mancare di autorevolezza. Spesso si comportano da amici e spianano le difficoltà dei figli ostacolandone la crescita, altre volte sono concentrati sulla propria carriera e diventano distratti dimenticando i propri doveri. Credo però che l’umanità sia in grado di risolvere le sfide che la contemporaneità impone. Bisogna essere ottimisti e puntare sulle risorse che si hanno a disposizione, in primo luogo l’intelligenza e la buona volontà.

Recentemente Loriano Macchiavelli ha denunciato il fatto che il genere noir ha perso la capacità di infastidire il potere. Secondo te, qual è la funzione del noir attualmente?

Se lo dice Machiavelli, che è un maestro del noir e che nei suoi libri ha documentato le contraddizioni della società dagli anni Settanta ai giorni nostri, si impone la necessità di riflettere su questa impotenza del genere e sulla sua evoluzione. I nostri sono tempi difficili: guerre, disastri ambientali ed epidemie hanno fiaccato le nostre speranze e ci hanno resi più cupi. La scrittura ha una forza meno dirompente rispetto ad altre forme di denuncia, come manifestazioni, appelli, petizioni, ma allo stesso tempo agisce con una forza più pervasiva e duratura di altri mezzi, sulle coscienze.

Sono tanti gli scrittori siciliani che hanno utilizzato gli stilemi del noir per raccontare la loro terra? Qual è la formula magica che consente ai giallisti della tua isola di essere così bravi nel creare trame molto intriganti?

I giallisti siciliani sono numerosi, da Savatteri a Seminerio, da Piazzese alla Cassar Scalia, per citarne alcuni tra i più noti, e hanno contribuito alla crescita del genere con un apporto originale. Credo che ciò avvenga perché Camilleri ha tracciato un solco innovativo e di successo nel quale, per chi condivide le sue origini, è facile inserirsi con naturalezza. Grazie all’ambientazione isolana, al geniale pastiche linguistico e alla perfezione del tessuto narrativo Camilleri si è fatto amare da tutta l’Italia. Inoltre la Sicilia, per via dei paesaggi, della storia, del patrimonio artistico e culturale ma anche dei suoi misteri, è particolarmente attrattiva per uno scrittore che voglia cimentarsi nel noir. Senza dimenticare che l’insularità ne accentua il potenziale metaforico.

Quali sono gli autori di noir/thriller che ti piacciono maggiormente?

Sono un’appassionata di gialli che leggo con voracità. Spazio dagli scrittori inglesi come la Christie e Conan Doyle, dei quali apprezzo l’ironia che cerco di riprodurre nei miei romanzi, ai francesi – mi piace molto Fred Vargas – ai nordici come Nesbø, Larsson e Läckberg. Ho letto anche thriller turchi, indiani e cinesi. Degli italiani amo molto De Giovanni per l’equilibrio della narrazione, Manzini per la suggestività del paesaggio montano, Carofiglio per l’impeccabilità della scrittura. La mia ispettrice preferita è però Petra Delicado di Alicia Giménez Bartlet, nella quale intravedo, come mi è stato suggerito da un lettore, una certa affinità con la mia Maria Rosaria Baiamonte.

Ti ringrazio facendo i complimenti per il tuo noir veramente interessante.

Salvatore Argiolas

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