Sinossi. In una mattina di luglio, mentre il sole asciuga il territorio del lago d’Orta flagellato da due giorni di tempesta, dalle acque del porticciolo di Tortirogno affiora il corpo di un giovane sconosciuto. Leo Santeri, postino che “da grande” avrebbe voluto fare il detective, di ritorno da un giro di consegne vede la scena e si mischia alla folla di curiosi sul molo. Qualche giorno più tardi il giovane viene identificato come Marcello Toppi, figlio ventenne di un piccolo impresario edile locale. La presenza sul corpo di numerose contusioni e una ferita di arma da taglio scatenano la curiosità di Leo Santeri, che in nome dell’amicizia che lo lega al padre del giovane incomincia a indagare. Mentre esplora un’ansa del lago ritrova alcune vecchie figurine di calciatori che il capitano Razza, comandante della stazione locale dei carabinieri, gli sequestra apparentemente senza motivo. Leo Santeri scava nel mondo del collezionismo e nella cronaca del passato, in un caleidoscopio di personaggi e avvenimenti, mentre qualcuno nell’ombra invia messaggi minacciosi e uccide. Leo Santeri scoprirà tra le pieghe di una vecchia fotografia sgranata una storia caduta nell’oblio, quella dell’estate lontana di un gruppo di ragazzi appassionati di figurine divenuta tragedia, e un angolo di lago dove tutto tace.
Il corpo galleggiava a testa in giù, incastonato in una tela fluttuante multicolore, fatta di immondizia, residui di legno e fogliame…”
LA BANDA DELLE FIGURINE
di Mario Barale
Fratelli Frilli 2023
Noir, pag.208
Recensione di Loredana Cescutti
Voi non avete idea a che tipo di pressioni sia stata sottoposta affinché leggessi questo libro celermente, e tutta questa urgenza non è stata provocata né dall’autore, né dell’editore Carlo Frilli che ringrazio per la coppia omaggio e nemmeno da Thrillernord.
A rendermi la “vita un inferno”, se così vogliamo, è stato mio figlio, dodici anni, estremamente curioso e vorace lettore, amante in primis dei libri che parlano di matematica e logica, ma che non disdegna gialli e romanzi tematici di qualsiasi genere, a seconda dell’umore e, quando ha visto il titolo, ancora in fase di spacchettamento mesi fa, non mi ha dato più pace.
“Era bello conservare la memoria negli oggetti che l’avevano attraversata negli anni.”
Indi per cui, rullo di tamburi, il suo momento è arrivato.
Per forza.
Scherzo, l’avrei letto comunque ma sicuramente in questo modo è passato dalla corsia preferenziale.
Leonardo Santeri è decisamente un personaggio particolare, piemontese d’importazione terrona (come si definisce lui!) classe 1960, con strumenti messia a disposizione da lui medesimo per il “secondo lavoro”, privo di onorario, che conduce con abnegazione e impegno, sprezzante del pericolo che incorre nell’immischiarsi dove non gli compete e senza il timore di far arrabbiare il capitano dei carabinieri Razza, con il quale i rapporti non sono certo idilliaci.
“… che cosa temi…
Il passato. Ci sono cose che vanno lasciate dove sono. È come l’acqua del mare. Se cammini smuovendo la sabbia sul fondo l’acqua si sporcherà in fretta.”
Dicevamo, strumenti alquanto interessanti e che passano sicuramente inosservati nel paesino di Orta: una Vespa e la vecchia Fiat 127 rustica beige ricordo del padre e uno stile serio e organizzato come nel suo lavoro ufficiale di postino: una cartella sul desktop a nome Leo San Investigazioni (col tocco orientale nel nome scelto, in omaggio al detective Sidney Wang).
“Avrebbe voluto sapere, ma avrebbe voluto sbagliarsi, per una volta.”
La morte di un giovane, per giunta violenta, da subito porterà scalpore e sgomento in quel piccolo centro dove tutti si conoscono e nessuno vede il male vicino a sé.
E proprio per questo, il postino/investigatore decide che forse, un’occhiata più da vicino al luogo e un’analisi più approfondita dei fatti potrebbe essere doverosa, anche nei confronti del padre, che lui conosce e rispetta.
“Sono convinto che qualcosa rimanga, proprio nell’aria, nei luoghi che sono stati teatro di tragedie.”
Una trama che si sviluppa velocemente in poco più di duecento pagine, ma che senza fretta inizia a delinearsi all’orizzonte, scavando in un passato che avrebbe voluto restarsene nascosto ma che, per un atto privo di empatia e ricco invece di tanto egoismo, si trasformerà nell’occasione per scoperchiare un vaso di pandora, ben più grande di quello che mai si sarebbe potuto immaginare.
“… l’esperienza gli aveva insegnato che le chiavi per risolvere i misteri insondabili si nascondono spesso in banalità sconcertanti, piccoli dettagli all’apparenza insignificanti per chi li aveva vissuti quotidianamente in prima persona.”
Le figurine di uno storico campionato diventeranno loro malgrado testimoni di un passato scomodo e doloroso e anche, il filo conduttore che guiderà il postino e di conseguenza le forze dell’ordine a sbrogliare la matassa, non prima però di aver causato ancora panico e morte.
“Qualcosa non funzionava in quella storia, era tutto troppo perfetto.”
Ho apprezzato molto lo stile ironico, a volte, ma anche consapevole e dove il dolore risulta presente, tangibile, come non fosse possibile estirparlo per la paura che ricordare fosse peggio che poter dare realmente pace e giustizia, finalmente.
La moglie del postino, Lucia, è un personaggio sicuramente molto ben riuscito e anche se non molto presente, è stata capace di trasferire fuori dalle pagine le paure e le ansie di una donna che riesce a rimanere accanto al suo uomo, riconoscendo i momenti in cui è meglio restarsene in silenzio aspettando e rispettando i tempi dell’altro, ma pronta poi a consolare e accogliere e all’occorrenza, anche a raccogliere i cocci di una bruttissima esperienza.
Perché Leo, è sì un postino curioso, ma è pur sempre una persona che di fronte all’inaccettabile rischierà di rimanere a sua volta segnato.
Perché non è un carabiniere o un poliziotto.
Perché davanti a certi drammi non è in grado di passarci oltre, semplicemente.
Perché è umano.
“… tu hai bisogno di risposte, non di parole. Io ho acceso il cervello nel momento stesso in cui ho visto il corpo galleggiare, e non sapevo nemmeno di chi si trattasse. Sono fatto male.
O, sei una gran persona.
No, sono un grande ficcanaso, e di naso da ficcare ne ho parecchio.”
“Ammazzato? Vede che ho ragione? Vedere lei è trovare delitti.”
Un’atmosfera cupa e ironica a tratti, che permette una lettura scorrevole anche quando inizia a palesarsi il senso di tutto, quel qualcosa che non vorremmo mai sentire ma, che è necessario ascoltare in anticipo per difenderci e per difendere, chi è più debole.
“Io ora me ne vado, l’arresto è affar suo. Il cittadino “Leo confessore” ha catturato un Reo confesso”.
Arrivederci postino!
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Mario Barale
nasce a Moncalieri nel 1966. Manifesta fin dalla tenera età l’avversione per la carta bianca, che riempie con immagini e parole, utilizzando qualsiasi cosa gli capiti a tiro, dai pastelli colorati alle frasi in dialetto piemontese dei suoi temi alle elementari. Terminati gli studi artistici, tiene una personale nel 1986 e inizia a lavorare come freelance nel settore grafico e pubblicitario, fino a cambiare pelle, entrando prima nella grande distribuzione e poi nel settore tecnico automobilistico, senza mai smettere di imprimere da qualche parte il proprio pensiero e raccogliere idee. Il sogno nel cassetto di scrivere e illustrare un libro tutto suo dorme un sonno inquieto fino al 2010, quando la nascita di Miriam scombussola gli equilibri, portando a galla la voglia di lasciare una traccia, magari invertendo le cose e raccontando con le parole quelle sensazioni materializzate fin lì solo in punta di matita. Con la complicità di un tablet da due soldi, gli intervalli mensa del suo lavoro da impiegato e molte ore rubate a sonno e vita coniugale il sogno diventa realtà, con la pubblicazione di una serie di tre thriller, seguiti da due racconti in antologie di concorsi letterari e un romanzo, sempre in bilico tra realtà e ombre di altri mondi. Immagini e parole si prendono finalmente per mano. Il sogno continua.