Recensione di Sara Zanferrari
Autore: Diego Marani
Editore: La Nave di Teseo
Genere: narrativa
Pagine: 208
Pubblicazione: 11 febbraio 2021
Sinossi. L’educazione sentimentale di un giovane uomo che, per sfuggire all’asfissiante supervisione paterna, decide di frequentare l’università di Trieste. La gioventù, in quella città celeste al crocevia di diverse culture, diviene la stagione dell’immortalità, delle nuove scoperte, delle amicizie inossidabili. E di amori smisurati e sofferti. La Trieste descritta minuziosamente tra le pagine di questo romanzo è un luogo dall’identità composita e dal confine sempre incerto, come i protagonisti di queste pagine, giovani studenti entusiasti con il futuro tutto da inventare. La città celeste è il diario di un lungo apprendistato esistenziale e insieme, nel suo rivelare ambiguità e dolori sparsi, un documento pronto ad attestare l’imprevedibilità assoluta della cosiddetta “commedia umana”.
Recensione
Non so se sia il miracolo delle città di mare e confine, o se si tratti del sangue di ambedue che mi scorre nelle vene, la ragione per la quale nel mio immaginario Trieste e Venezia si stagliano giganti come città eterne e magnifiche.
Città diversissime, ma entrambe affacciate sull’acqua, una dall’alto delle sue montagne, l’altra dentro fino all’osso, affascinanti, misteriose, colme di luci e di ombre, centri di culture e commerci e spettatrici di lingue e nazionalità diverse.
“Venezia è anche un sogno, di quelli che puoi comperare / Però non ti puoi risvegliare con l’acqua alla gola / E un dolore a livello del mare”, cantava Guccini.
Questo “dolore al livello del mare” mi sembra lo stesso, quantunque dalle origini profondamentediverse. Un dolore che è soprattutto una nostalgia, il sentirsi “esuli” in una città che ti ha visto giovane scoprire il mondo, una città che hai cercato di fare tua, bevendo ogni via, angolo, riva, molo, ciononostante costretto a sentirti sempre straniero, senza saperne bene il perché.
Diego Marani racconta la propria esperienza, di una giovinezza vissuta intensamente:arrivato da Ferrara a Trieste, dalla nebbia alla luce e al celeste, che non è solo un colore, ma il tendere verso un’essenza quasi divina. Arrivato per studiare alla Scuola per interpreti, un po’ per fuggire da un’eredità paterna incombente, un po’ per aver individuato nella conoscenza delle lingue parlate la cifra del conoscere, del riconoscere l’altro e dell’accoglierlo, vive assieme a dei coinquilini del tutto particolari in una casa altrettanto particolare. Un appartamento in via San Nicolò, ammuffito, a pezzi, malsano, diventa quasi una tana per questi giovani “animali” che si affacciano alla vita indipendente per la prima volta, ciascuno apportando la propria personalità: chi sa cucinare, chi scrive, chi gioca al calcio, chi ha la fissa della lingua ungherese, chi possiede l’autoe la mette a disposizione di tutti. Una sorta di “comune” dove tutti sono partecipi e solidali, fra lo studio, qualche lavoretto, qualche viaggio, amori, feste e avventure tipiche della loro età.
Nessuna come Trieste, crocevia di culture, terra di confine e confine ella stessa, dove il confine non è una linea per terra, bensì un luogo ampio e un modo d’essere, poteva rappresentare in modo migliore quel senso di libertà di cui da giovani si è alla ricerca, e tuttavia spesso non si riesce del tutto a catturare:
“Più mi ci addentravo, più Trieste invece di svelarsi ai miei occhi si complicava, si ingarbugliava.Attorno a me altro accadeva, che non capivo e che mi rendeva ancor più un forestiero. A Trieste scoprii che la frontiera è un luogo, non un passaggio, che può estendersi per chilometri e chilometri e conficcarsi fin nella carne viva di un paese. La frontiera è anche un modo di essere, unvolersi sentire provvisori e respingere l’ingiunzione di un’appartenenza o anche la condanna a un esilio senza patria..”
Un percorso di iniziazione per il giovane protagonista, che dipinge pagina dopo pagina una città diversa da come l’aveva studiata e immaginata (attraverso Umberto Saba, Italo Svevo, Francesco Giuseppe), diversa come pare presentarsi al mondo, una città dal “tormento […] Perché un tormento c’era, un latente malessere che incombeva sospeso sul paesaggio pur luminoso, e che la identificava. Altrove mare e cielo così compenetrati nel nitore dell’aria cristallina avrebbero suscitato spensieratezza. Non li, fra quei palazzi niente italiani, che parevano ostaggi di cui si attendesse la sorte, a ridosso di quel confine invisibile dalla città ma sempre incombente”.
Una città dove italiani e sloveni convivono, ma la convivenza è in realtà frattura, città bilingue, dove però il bilinguismo è più un sottotraccia, dove l’italiano appare fragile e quasi provvisorio, che non sembra trarre reale vantaggio dalla potenza identitaria datagli da un’italianità scritta nella storia, nonostante lo sloveno debba essere pronunciato a bassa voce, due culture che non si mescolano e non vogliono mescolarsi.
Trieste è una donna (o forse due donne, per il nostro protagonista, le due sorelle slovacche Vesna e Jasna, di cui si innamora perdutamente e non dimenticherà mai), una città indimenticabile, una città da sogno, teatro di tragedie e di grande bellezza, una città per cui commuoversi e struggersi, proprio come una donna:
“Non pensavo che si potesse piangere per una città. Ma allora non sapevo che le città sono donne e che anche di loro ci si può innamorare e non dimenticarle mai”.
Marani ci consegna il suo ritratto personale di questa “donna” affascinante, che non si lascia mai del tutto scoprire e capire, e forse proprio per questo tanto amata e impossibile da scordare. Un ritratto nitido e indimenticabile, ricco di luce e colori, di odori, suoni, storia, cultura, ma soprattutto lingua. Una città immortale, dove tutto è possibile.
A cura di Sara Zanferrari
Diego Marani
Diego Marani è nato a Ferrara nel 1959. Lavora presso il Servizio europeo di azione esterna della UE, dove si occupa di diplomazia culturale. Inventore della lingua–gioco Europanto, di cui ha tenuto rubriche su diversi giornali europei, ha pubblicato Nuova grammatica finlandese, (2000, Premio Grinzane Cavour, tradotto in quindici lingue), L’ultimo dei vostiachi (2002, Premio Campiello – Premio Stresa), A Trieste con Svevo (2003), L’interprete (2004), Il compagno di scuola (2005, Premio Cavallini), Come ho imparato le lingue (2005), Enciclopedia tresigallese (2006), La bicicletta incantata, pubblicato in cofanetto con il film di Elisabetta Sgarbi Tresigallo. Dove il marmo è zucchero (2007), L’amico delle donne (2008), Il cane di Dio (2012) e Lavorare manca (2014). Il 16 giugno 2020 il Ministro Franceschini ha nominato Diego Marani come presidente del Centro per il libro e la lettura (CEPELL). Nel luglio 2020 Marani è stato nominato direttore “di chiara fama” dell’Istituto italiano di cultura di Parigi.
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