La giostra dei pellicani
di Ernesto Berretti
Watson 2022
Giallo storico, pag. 231
Sinossi. Sicilia Burgio, 1946 il capostazione Angelo Nucella assiste per caso all’uccisione della cognata Masina, colpita nell’agguato al candidato sindaco delle prime elezioni dopo la guerra. L’allontanamento è l’unica via per proteggere la famiglia. Aspromonte, 1958 Michele Cittarà è un capobastone e vuole uccidere il sindacalista “Stalin”. Per questo, sotto ricatto, costringe all’azione Pino detto ‘u Zzoppu, il maggiore dei figli di Angelo Nucella. Le cose non vanno come previsto e nell’azione il suo complice Milòrdu uccide due carabinieri esponendo la ‘ndrina a controlli e arresti. Duccio, il più piccolo dei fratelli Nucella, diventerà il capro espiatorio della strage. Il giornalista Biagio Munzone è un uomo concreto e disposto a tutto per scoprire la verità, ma Cittarà non può permettere che i giornali arrivino a conclusioni avverse. Per questo Munzone lascia la Calabria. Anni dopo il giornalista riceve una missiva firmata da Un pellicano. L’assassino del sindacalista è ancora libero, in carcere c’è solo un uomo innocente. La verità deve uscire fuori ed è per questo che nel 1998 Munzone si rimette a lavoro per salvare la vita di Duccio e redimere il nome della famiglia Nucella.
Recensione di Cinzia Passaro
La giostra dei pellicani non è la solita storia di ‘ndrangheta, non è neanche un giallo di quelli classici, è un romanzo popolare a tinte noir, è una saga familiare dove la Storia fa da sfondo. Ho trovato difficile imprigionarlo in un unico genere perchè sono diversi i generi che si mescolano nella trama.
Una storia che parte nel 1946, Angelo Nuccella fa il capostazione in un piccolo paese della Sicilia, Burgio, alla vigilia delle prime elezioni del dopoguerra assiste all’agguato mortale in cui muore la cognata Masina, per pura casualità, e il candidato sindaco. La mafia spesso non perdona i testimoni e non si può nemmeno parlare con le guardie
“Che tanto, se stai con quelli, gli altri t’ammazzano; se stai con gli altri quelli t’arrestano! Per questo è meglio diventare e restare invisibile!”
Con queste convinzioni la famiglia Nuccella si trasferisce a Settecardi in Calabria sull’Aspromonte.
Nel 1958 un evento per certi versi simili trascinerà la famiglia verso il baratro, il figlio più grande Pino ucciderà un sindacalista scomodo per conto del capobastone della ’ndrina Michele Cittarà, lo fa perché ricattato. Per una serie di situazioni a pagare con il carcere sarà il figlio più piccolo Duccio, che accetterà una condanna di fine pena mai, innocente vedrà svanire i suoi sogni e le sue speranze, anche lui lo fa perché ricattato.
Entrambi i fratelli vanno avanti con la forza della disperazione, certo a pagare di più è Duccio ma se è in gioco la salvezza dei propri cari, non ci pensano a ribellarsi, come i pellicani che pur di salvare i propri pulcini, li nutrono del loro sangue squarciandosi il petto,
“Quivi si cava il pellican dal petto il sangue, e rende la vita a’ suoi figli”.
La bravura dell’autore è il descriverci una realtà che non conosciamo, quella degli innocenti che pagano per colpe non commesse, di brava gente costretta a subire senza poter denunciare perché è facile tacciare di omertà chi si trincera dietro il silenzio ma non ci si chiede mai perché il silenzio è una scelta obbligata.
In questo romanzo è fatta ad arte la caratterizzazione dei personaggi; lo si nota nella scelta dei nomi fantasiosi e indicativi degli associati, sembra di toccare la cattiveria del capobastone, che svanisce davanti alla moglie intransigente davanti a un pavimento immacolato, si avverte la paura dei sottoposti pur essendo efferati omicida, la voglia di giustizia del giornalista Biagio Munzone che si scontra con i compromessi dei superiori, la scelta di don Nicola di guardare altrove, moderno don Abbondio, la sete di vivere una vita normale da parte dei Nuccella “perché invece per noi la normalità è una fuliggine che s’impasta alla muffa”, il dolore delle donne, Gianna e Francesca, la rassegnazione di Duccio che pensa solo a salvarsi la vita, una vita ormai che non è più tale.
Come non ammirare i dialoghi, bellissimi dialoghi in calabrese della zona di Cinquefrondi, i dialoghi siciliani della famiglia Nuccella e i modi di dire che viene spontaneo acquisire.
Descrizioni impeccabili delle vite dei vari protagonisti ammantati di realismo come la spettacolare pesca del pesce spada, scoprirne le tecniche antiche in uso ancora oggi o la crudeltà della vita in carcere, la leggerezza con cui si compie il male. Sono personaggi che ti entrano nella testa e che a distanza di giorni continuano a tenerti compagnia. C’è tanto altro ancora, un romanzo che si legge piacevolmente, con un ottimo intreccio della trama e la sensazione che ci possa essere un seguito.
Non bastano più le parole per descriverlo, bisogna leggerlo.
“Pacifico, bisogna leggerlo “.
Ne sono rimasta così entusiasta da consigliare fortemente la lettura. Complimenti sinceri all’autore.
Ernesto Berretti
nasce a Catania, vive e lavora a Civitavecchia e ama le storie vere. Nel tempo libero ha allenato canottieri. Nel 2018 ha esordito per Oltre Edizioni con Non ne sapevo niente. Con il collettivo degli Autori Solidali scrive racconti per sostenere chi ha bisogno; con l’associazione Book Faces promuove la lettura e iniziative culturali.