La malarazza




Sinossi. In una Sicilia rurale, segnata dalla fame e dalle ingiustizie del dopoguerra, un gruppo di ragazzi organizza l’assalto a una corriera piena di merci e frumento: vogliono combattere il mercato nero e realizzare una società più equa. Le cose però non vanno per il verso giusto e nel caos dell’incursione uno di loro muore. Per gli altri è l’inizio della latitanza. È così che Alfredo Mancuso, agli occhi di tutti e suo malgrado, diventa un brigante. Alfredo era un contadino che sognava un mondo migliore sui libri e durante le riunioni coi compagni, e che raccontava le sue utopie alla piccola Nunziatina, figlia del maresciallo del paese, durante il riposo dal lavoro in campagna. Saranno due gli incontri a segnare la sua nuova vita: quello con Giuseppe Dottori, sedicente comunista, che dà concretezza ai suoi sogni; e quello con Felicetta, che per amore e vendetta abbandona la famiglia e lo segue. 

 LA MALARAZZA

di Linda Barbarino

Il saggiatore 2023

narrativa, pag.264

 Recensione di Claudia Cocuzza

Credo che il complimento più bello che si possa rivolgere a uno scrittore sia quello di avere una voce riconoscibile, quel modo di narrare una storia che è suo e suo soltanto.

Linda Barbarino ha una voce che la rende immediatamente distinguibile nel mare magnum della narrativa contemporanea.

È una voce che sa di casa, di macchia mediterranea, di sole e di polvere, di lacrime, di sangue e sudore.

La Barbarino cunta un cuntu come solo lei potrebbe fare.

Ho parlato di “casa”, perciò sapete già cosa intendo.

Siamo in Sicilia, nel secondo dopoguerra.

Qui Alfredo Mancuso, un contadino litterato, uno che sa scrivere e addirittura legge per passione, sogna di fare la rivoluzione.

Alfredo è un idealista, uno che si crede comunista perché cosa può esserci di meglio che essere l’opposto dei fascisti? Alfredo sogna la giustizia, l’eguaglianza sociale. Sogna pane su tutte le tavole, senza che si debba sgobbare come bestie, ma si scontra con il male, con l’opportunismo vestito da sovversivismo: incontra Peppino Dottori e allora dovrà restringere i propri orizzonti: non più salvare il mondo, ma salvare la pelle, propria e poi di Felicetta e della “creatura”.

La malarazza è un racconto corale, dove le vicende sono in parte vissute e osservate mentre si svolgono, in parte ricostruite a posteriori.

Sia il narrato che il dialogo sono intrisi di termini dialettali, non evidenziati da un carattere diverso, così che il risultato finale si configura come un riuscito esperimento linguistico, un po’ come quello realizzato dal maestro Camilleri.

La capacità di adattare l’eloquio alla classe sociale risulta funzionale alla caratterizzazione dei personaggi: i dialoghi tra popolani sono molto più ricchi di termini vernacolari rispetto quelli tra appartenenti alla borghesia, che parlano prevalentemente in italiano con l’introduzione di poche parole in dialetto, rendendo le scene realistiche e non uniformi.

Altra osservazione stilistica riguarda l’assenza della numerazione dei capitoli: la mia impressione è proprio quella del racconto inteso come storia che viene tramandata oralmente, come di un nonno che racconti ai nipotini di qualcosa che ha vissuto da ragazzo o che lui stesso ha sentito raccontare.

Rimanendo nell’ambito della tradizione letteraria siciliana, mi è parso di cogliere reminiscenze da un lato di natura pirandelliana, dall’altro verghiana. 

Alfredo e i suoi compari si credono comunisti ma vengono accusati di essere briganti e come tali sono costretti alla latitanza, mentre Dottori è un brigante che si atteggia a comunista per fare proseliti: è un gioco di maschere, di apparenze, di realtà e finzione che si mescolano di continuo, come da poetica pirandelliana.

D’altro canto la descrizione dei protagonisti, dei personaggi, la coralità stessa della narrazione e il rimando costante a una società ruvida e rurale, ancorata al possesso, sia in senso materiale che fisico, mentale, è un’ analogia che non si può non cogliere al Verismo siciliano, di Capuana ma soprattutto di Verga.

L’epilogo lascia il lettore alle prese con un dilemma di natura morale che forse mai troverà soluzione: il Bene e il Male si fronteggiano o collaborano?

Lo sai perché Lucifero esiste? Te lo dico io: accussì Dominedio fa la sua figura, per questo esiste. U Diavulu senza u Signuri non è niente. Fanno gli accordi Dio e Satana, lo sai?

La malarazza è intriso di passione e dà voce a una Sicilia destinata al giogo e alla sconfitta. 

O forse no.

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Linda Barbarino


(Enna, 1966) insegna italiano, latino e greco in un liceo classico della sua città. Con il Saggiatore ha pubblicato il suo romanzo d’esordio, La Dragunera (2020), finalista al Premio Calvino.