Recensione di Loredana Cescutti
Autore: Domingo Villar
Editore: Ponte Alle Grazie
Traduzione: Simone Cattaneo
Serie: Leo Caldas #1
Genere: Giallo
Pagine: 492 p., R
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Un mattino di ottobre, sulla spiaggia di Panxón, a sud di Vigo, il mare restituisce il corpo di un pescatore annegato. Non si tratta di una disgrazia: l’uomo ha le mani legate con una fascetta. Potrebbe sembrare un suicidio, anche perché il Biondo era incline alla depressione e aveva un passato da tossicodipendente. O forse dovrebbe sembrare un suicidio, come sospetta l’ispettore Caldas. Forse la causa della morte è da cercare nei misteri che ancora avvolgono un altro naufragio, vecchio di dieci anni. Forse davvero, come sostiene qualcuno nel paese, un fantasma si aggira in cerca di vendetta… Torna l’ispettore Leo Caldas, e con lui tornano i suoi comprimari: i colleghi del commissariato – a cominciare dal fido ma impetuoso aiutante aragonese Estévez -, il padre ritiratosi fra le sue vigne, l’insopportabile conduttore radiofonico Losada, i «filosofi» della taverna di Eligio. Torna, soprattutto, la Galizia di Domingo Villar, autentica coprotagonista: sole bruciante e nebbie, piogge improvvise, marinai taciturni, bar, osterie e quell’oceano che la isola e la unisce al resto del mondo. La spiaggia degli affogati è il romanzo che ha confermato il talento di un grande autore. Nella costruzione della trama come nella caratterizzazione dei personaggi e dell’ambientazione, nel mirabile uso del dialogo e nella straordinaria capacità di gestire il ritmo della narrazione, Villar è un autentico maestro del noir moderno.
Affogare: 1. Uccidere una persona o un animale in acqua o impedendogli di respirare. 2. Togliere il respiro. 3. Dare a qualcuno una quantità eccessiva di qualcosa, coprire, sommergere, caricare. 4. Spegnere o soffocare un fuoco. 5. Estinguere, sopprimere.
Recensione
Lo scorso anno, in preda a spasmodica frenesia da autori spagnoli, mi sono imbattuta per caso in questo capace e meritevole autore con il suo libro “L’ultimo traghetto” (di cui potete trovare la recensione qui nel sito) ed è stato un colpo di fulmine. Non adrenalinico, non thriller, ma di una profondità narrativa di grande levatura.
Un giallo dalle tinte noir creato perfettamente e, di cui mi ero innamorata proprio per la cura dedicata alla costruzione dei personaggi, ai loro aspetti introspettivi e psicologici e al grande dettaglio degli ambienti, che va sicuramente a regalare maggiore intensità e pienezza alla storia.
Quello era però il terzo, come ho scoperto poi ma, meraviglia delle meraviglie solo pochissimo prima dell’uscita di questo nuovo libro, ho scoperto e ne ho gioito parecchio, che la nuova pubblicazione, in realtà, non sarebbe stata altro che il primo capitolo ripubblicato, a distanza di parecchi anni e non vi dico la mia felicità.
Un Leo Caldas tutto da scoprire attraverso i tasselli che mi erano mancati lo scorso anno, un aragonese più incontrollabile che mai oltre al mare, vero e incontestabile protagonista di tutta questa storia.
“Non gli erano mai interessati i colpevoli; per Leo Caldas era fondamentale conoscere il movente, il perché.”
Un ispettore alla ricerca spasmodica della verità, che pretende di arrivare sempre fino in fondo perché ha bisogno di capire cosa ci sia a monte di ogni fatto delittuoso, cosa spinga un’altra persona a commettere un gesto così estremo, come se non vi fossero altre alternative.
“Non era i morti a rattristare Leo Caldas, ma i vivi.”
Per lui un morto non era null’altro se non un modo per raccogliere elementi necessari per arrivare in fondo alla verità mentre i vivi, ai suoi occhi erano visti solo come persone di cui diffidare e nei confronti dei quali mantenere alta la guardia. Persone prive di ideali disposte a spingersi a tutto, pur di ottenere ciò che vogliono, anche a costo di schiacciare i più deboli.
“- Lo sa che non mi piacciono i morti, ispettore – disse l’aiutante con una punta di impaccio.
E che dire del suo collega Rafa Estevez, un aragonese irruente e sanguigno giunto da poco in forza nella polizia di Vigo, che non riesce a muoversi senza lasciare traccia del suo passaggio, che sia un calcio su una porta o una sberla sulla faccia di qualche impenitente. Proprio per questa la strana coppia appare ancora più bizzarra, con un Caldas costretto costantemente a dover tenere a bada questa scheggia apparentemente impazzita, e con un Estevez che dice sempre, senza filtri, ciò che pensa di ogni cosa, anche se si tratta di un rimprovero al suo superiore.
“Anni di interrogatori gli avevano insegnato che un nulla di quel tipo non era altro che una pausa prima della confessione. Così come il reflusso del mare precede il sopraggiungere di un’onda enorme, quando le confidenze iniziavano con un nulla, Leo Caldas sapeva che era giunto il momento di prestare attenzione.”
Non bisogna dimenticare il mare, protagonista indiscusso del romanzo, che con la sua forza e la sua impetuosità andrà ad infrangersi con brutalità sui frangiflutti a protezione del porto e, sulle vite di tutti quelli che rimarranno coinvolti nell’indagine, in un prima e un dopo privo di ogni pietà.
Arrivare in fondo a questa storia, dove nessuno avrà voglia di parlare, dove ognuno in qualche modo indossa ormai da tempo il mantello della colpa, grande o piccola che sia, sarà sufficiente per innescare una reazione a catena di portata distruttiva che costringerà Leo Caldas a non risparmiarsi, a costo di sacrificare sé stesso per fermare la devastazione in atto.
Per farlo, però, dovrà rimestare nel torbido e riportare alla luce vecchi dolori, dovrà fare un salto indietro nel tempo e scoprire quando tutto è iniziato e cosa ha fatto andare poi tutto e tutti alla deriva.
Due poliziotti diversi, come il giorno e la notte, che si ritroveranno coinvolti in un caso che all’apparenza era parso un suicidio di routine, ma che mano a mano che si andrà a scavare, assumerà i contorni di una storia dai risvolti neri e che indurrà a riflettere il lettore sul concetto di pregiudizio e sulle sue conseguenze.
Mi sono immersa nuovamente con grande gioia in queste atmosfere melanconiche, seguendo il filo dei pensieri di Caldas, sempre più profondi, sempre più sfuggenti, tanto chiari in merito al suo lavoro e altrettanto labili e sfumati nel dover decidere della sua vita.
Una scrittura, quella di Villar che ci dona il privilegio di conoscere minuziosamente la sua terra d’origine, regalandoci con la sua penna delle magnifiche cartoline di Vigo, degli scatti realizzati con le sue parole che tanto si imprimono sulla pagina, e tanto ci permettono con la sua precisione di colori e odori di trasportarci lì, mentre stiamo leggendo. Il mare agitato, la pioggia scrosciante, l’odore quasi nauseante del pesce al mercato, per non parlare dei ritrovi al bar, dove si avverte questo senso di familiarità fra oste e clienti, dove tutti sono amici di tutti, dove sembra quasi che quei momenti insieme siano il vero e proprio attimo di respiro prima di reimmergersi nella vita e nelle noie quotidiane.
Se amate le storie ricche di mistero, calore e intensità questa serie non potete farvela scappare.
Non vedo l’ora di poter fare ritorno a Vigo!
Domingo Villar
lavora a Madrid come sceneggiatore cinematografico e televisivo. Grande esperto di vino, da anni è critico gastronomico per un’emittente radiofonica e alcuni periodici.
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